Ta ra tatta ra tatta ta ra tatta tattaaaa!!! | (La sigla di Novantesimo faceva così) - Live Sicilia

Ta ra tatta ra tatta ta ra tatta tattaaaa!!! | (La sigla di Novantesimo faceva così)

Amarcord
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Finita la partita, tornavo a casa. Prendevo l’autobus dipinto di verde. Due tonalità separate su tutta la lunghezza della fiancata da un perfilino giallo e rosso. Ma non erano quelli i veri colori della mia città. Per ritrovarli dovevo solo guardare la tabella con lo scudetto rosanero e la scritta “STADIO” appoggiata sul finestrino dietro la schiena del bigliettaio. E a primavera, quando il tempo era bello, mi piaceva farmela a piedi percorrendo via Libertà dalla Statua a Piazza Croci. Spesso di corsa, anche se il jogging non l’avevano ancora inventato. Perché dovevo sbrigarmi. Non potevo perdere l’appuntamento con i miei amici della domenica pomeriggio.

Accendevo la TV sul primo canale, detto il Nazionale, ed ascoltavo la musichetta che da sempre designa il punto di transizione delle mie domeniche: il confine tra un programma e un consuntivo. E poi quegli omini che correvano come tanti Ridolini ad occupare il loro posto all’Olimpico in un’eterna partita interna della Lazio. E quell’orologio nell’angolo in alto a sinistra che correva sempre più svelto fino a fermarsi, più grande e al centro dello schermo, sul numero 90. All’inizio i conduttori erano due. Garbati e sorridenti, oggi si rivoltano nella tomba assistendo alla deriva rissosa e volgare che ha assunto certo giornalismo sportivo in Italia. La precoce scomparsa di Maurizio Barendson consegnò le chiavi di casa a Paolo Valenti, il capo di quella famiglia. Allora non c’erano i pullman-regia e il commento era affidato ai giornalisti delle varie sedi locali della RAI. Ed ecco Luigi Necco da Napoli, sempre circondato dagli antesignani del “disturbatore” professionista Paolini. Erano sempre in festa quei tifosi del Napoli,“a prescindere” (avrebbe detto un loro illustre concittadino) dal risultato della loro squadra. Ed ancora, Cesare Castellotti da Torino, l’uomo senza collo.

E Ferruccio Gard da Verona, così triste e dimesso che a sentirlo parlare pensavi a un suicidio imminente. E Franco Strippoli da Bari, l’uomo dal riporto più indecoroso della storia della calvizie. Eccettuato, naturalmente, quello del primo Schifani. E Marcello “Sgiannini” da Firenze. E ovviamente lui: il grande ToninoCarinodaAscoli. Timido, impacciato, balbettante, sempre sovrastato da cuffie gigantesche che lo facevano apparire ancor più piccolo e indifeso. I miei amici della domenica pomeriggio. Il primo segno di una domenica che se ne andava. L’eterno ricordo di una domenica che fu.

Oggi 90° minuto è diverso. La pay-TV gli ha tolto quella “forza” che proveniva dall’essere la prima fonte di immagini delle partite domenicali, tanto che si sente dire che sarà cancellato dal palinsesto. La formula è cambiata più volte in questi anni di SKY-fo. I servizi iniziano con la grafica degli schieramenti e, a differenza che nel passato, il commento audio è una telecronaca più che una narrazione “in differita”. A legare i filmati, i commenti di Volpi e Boniek, un polacco che si esprime in italiano meglio della maggioranza dei suoi colleghi opinionisti autoctoni. Per informazioni, citofonare Sor Giggi Di Biagggio. E poi, l’erede di Zio Paolo: il conduttore Franco Lauro. Colui che, nel calcio delle risse e degli slavi maneggioni, inizia sempre la trasmissione con un pensiero alle persone sole, agli anziani, ai malati, ai carcerati. A coloro che, pur non potendo permettersi la pay-TV, mantengono il diritto di dimenticare per un’oretta i loro guai. Mi “innamorai” di Lauro una domenica pomeriggio durante una guardia. Quando vidi un vecchietto seduto accanto al paziente per cui ero stato chiamato che, incurante dell’emergenza, piangeva in silenzio dopo aver raccolto quel messaggio d’amore lanciato nell’etere dentro una bottiglia a forma di televisore.

Io, che per fortuna me lo posso permettere, pago SKY-fo. Anche se spesso quelli mi trattano come se i miei euro rosanero valessero molto meno di quelli di altri colori. Soprattutto di quelli con le strisce nere. Quando il Palermo gioca fuori, evito accuratamente di guardare le sintesi delle altre partite. E nel mio stadio, mi volto sempre dall’altra parte per non vedere i gol che scorrono sullo schermo gigante della Curva Nord. Perché io al mio appuntamento con gli amici di “90° minuto” non rinuncio. Perché per me, allora come oggi, la domenica senza “90° minuto” non è domenica.

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