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Lombardo: cosa dicono i pentiti

Il faccia a faccia
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Il faccia a faccia con i primi tre mafiosi pentiti è stato fissato dal giudice Michele Fichera per il prossimo 6 marzo, quando l’aula del tribunale monocratico sarà allestita con schermi per ascoltare in videoconferenza boss collaboratori del calibro di Maurizio Di Gati, Ercole Jacona detto “Ercolino” e Maurizio La Rosa. E’ questa l’ultima svolta del processo per corruzione elettorale che vede imputati il governatore siciliano Raffaele Lombardo e il fratello Angelo, deputato dell’Mpa eletto grazie all’accordo con il Pdl. Secondo l’accusa sostenuta dai pm Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro, i fratelli Lombardo avrebbero “determinato elementi del Clan Santapaola e Cappello” al sostegno dell’Mpa per le politiche del 2008, avvenute lo stesso giorno delle elezioni regionali. In questo processo, nato come stralcio dal troncone principale Iblis, non viene contestata ai fratelli Lombardo l’aggravante di aver favorito la mafia.

L’accusa di mafia però è ancora in piedi. Esiste un secondo troncone processuale in cui viene ipotizzato il concorso esterno in associazione mafiosa. Il prossimo 1 marzo è stata fissata l’udienza dal Gip Luigi Barone che non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata sempre da Patanè e Zuccaro: al centro di questo filone si ipotizza il sostegno di Cosa Nostra ai fratelli Lombardo a partire, a vario titolo, dal 1999. I due procuratori Zuccaro e Patanè hanno sottolineato come la scelta di citare direttamente a giudizio Raffaele Lombardo soltanto per corruzione elettorale sia scaturita dalla volontà di evitare la prescrizione dei fatti che avrebbero contribuito all’elezione alla Camera del fratello Angelo. Elezione in cui -come ha sottolineato lo stesso governatore siciliano sicuro dell’assoluzione- non erano necessarie le preferenze.

E così il mese di marzo si annuncia determinante per il destino processuale dei Lombardo visto che giorno 1 il Gip Barone potrebbe disporre l’archiviazione oppure nuove indagini e anche l’imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa. Cinque giorni dopo, il 6 marzo, sfileranno in aula i mafiosi pentiti che già in precedenza sono stati interrogati dai pubblici ministeri originariamente titolari del processo Iblis. Di loro Livesicilia si è occupata mesi addietro. Ecco cosa hanno già detto.

Maurizio Di Gati (nella foto) interrogato dai Pm dell’operazione Iblis a Monza il 18 febbraio 2011 ha esordito ripercorrendo l’affiliazione a Cosa Nostra sino a quando, dopo diversi omicidi, nel 1997 divenne uomo d’onore con il rito della “pungiuta”. Nel 2006 è iniziata la sua collaborazione con la giustizia. Di Gati parla del 2001 quando, da rappresentante provinciale di Cosa Nostra per Agrigento, si interessò alle elezioni politiche nazionali e regionali. “In sostanza -afferma Di Gati- Cosa Nostra palermitana diede le direttive di fare convergere i voti su Cimino e Cuffaro e sul partito di Forza Italia, oltre che su Lo Giudice Vincenzo, politico di Canicattì. Io feci transitare l’ordine attraverso i capi mandamento e costoro attraverso i responsabili dei singoli paesi…in alcune realtà più povere si era soliti pagare gli elettori con delle somme di denaro che corrispondevano circa a 100 euro ad elettore”.
Poi Di Gati racconta una nuova fase dei rapporti tra mafia e politica, quella relativa ad “un anno e mezzo dopo l’arresto di Lo Giudice Vincenzo” avvenuto nel marzo 2004: siamo tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006. Spiega Di Gati: “Angelo Di Bella -all’epoca uomo d’onore e responsabile del mandamento e della famiglia di Canicatti- mi disse che da allora in poi dovevamo appoggiare il Movimento per l’Autonomia di Lombardo e che in questo partito era transitato il figlio di Lo Giudice Calogero. Lo stesso Di Bella mi spiegò che le indicazioni provenivano da Falsone il quale, a sua volta, sicuramente le aveva ricevute da Cosa nostra palermitana. Io venni a conoscenza che nello stesso modo si dovevano comportare anche le province di Palermo e Trapani. L’unico a Palermo che poteva dare indicazioni in tal senso era Bernardo Provenzano”.

“Ercole Jacona” detto “Ercolino”, già uomo d’onore di Caltanissetta, dopo il pentimento ha detto ai magistrati di Iblis che le cosche avevano “l’appoggio di Raffaele Lombardo per gli appalti”. La fonte di quest’informazione sarebbe stata Maurizio La Rosa, arrestato per associazione mafiosa dopo le regionali del 2008. Interrogato dai pm, La Rosa ha parlato di alcune imprese catanesi e su politica e mafia non ha esitato: “Lombardo è un amico… sta vicino agli amici di Catania”. Secondo La Rosa, Raffaele Lombardo avrebbe partecipato ad “una riunione col boss Salvatore Seminara”.

Il momento centrale è quello delle elezioni regionali. Da una parte c’erano Anna Finocchiaro e il Partito Democratico, dall’altra Raffaele Lombardo e un variegato gruppo di sostenitori. In questo caso mafiosi, secondo gli atti del procedimento Iblis, che vede il presidente della Regione Raffaele Lombardo indagato per concorso in associazione mafiosa. Amico dei boss Lorenzo e Domenico Vaccaro, “Ercolino” divenne uomo d’onore nel 1994 in un casolare di contrada Roccella di Caltanissetta. Ai pm parla dei rapporti mafia-politica-imprenditoria a Caltanissetta e provincia rievocando l’incontro con Maurizio La Rosa, lo stesso che, prima dell’arresto per associazione mafiosa, era considerato “responsabile di Gela”. Era il momento dell’ascesa di Salvatore Seminara “che in quel periodo comandava mezza Sicilia”, spiega Ercolino ai magistrati. Con il “benestare” del boss Ciccio La Rocca, Seminara “voleva riunire tutte le famiglie della provincia di Caltanissetta”. “Maurizio La Rosa mi contattò per chiedermi aiuto per sostenere le elezioni di Cirignotta a Gela, in tale occasione mi disse che avevamo l’appoggio del presidente Raffaele Lombardo nella zona di Caltanissetta e provincia per gli appalti. La Rosa mi disse anche di aver saputo da Seminara che il presidente Lombardo era ‘manovrato’ da Ciccio La Rocca, nel senso che questi era in grado di ottenere appoggi per l’aggiudicazione di appalti che poi venivano eseguiti da imprese vicine a noi”. Gran parte dell’interrogatorio, depositato agli atti dell’operazione Iblis è omissato, ma nel frattempo i pm sono andati proprio alla fonte del pentito “Ercolino”: Maurizio La Rosa. Che ha parlato delle questioni politiche.

A Caltanissetta Maurizio La Rosa lavorava come attacchino, ma discuteva anche di possibili arrotondamenti “di fine mese”, per esempio rapine presso le bische clandestine del ragusano. Nel suo bagaglio portava anche alcune conoscenze maturate durante la custodia cautelare del 2005 e 2006. “Con me – spiega all’ex procuratore catanese Vincenzo D’Agata – c’era il pastore gelese Giovanni Di Noto, e il figlio di Salvatore Seminara”, col quale nel tempo è nata un’amicizia. Parlando delle elezioni in corso, l’amico dei familiari di Messina Denaro come tanti altri – secondo le ipotesi dell’operazione Iblis – finisce per parlare di Raffaele Lombardo. “Seminara le parlò di questa cosa di Lombardo?”, chiede il pm D’Agata. Risponde La Rosa: “Sì, le elezioni, sì, va bene… insomma ci saranno… Insomma, vince sicuramente Lombardo”. Ancora D’Agata: “Questo discorso fra lei, Seminara, su Lombardo, come si è articolato?…”. “Seminara – aggiunge il pm Antonino Fanara – le raccontò qualcosa di specifico?”. Il mafioso entra nei particolari. “Seminara mi raccontò più di specifico… mi raccontò che c’era stato un incontro con alcuni soggetti di Catania, dove partecipò Lombardo! Dove tutte le famiglie mafiose, cioè famiglie mafiose… Lo stesso Seminara mi disse che partecipò a una riunione con alcuni amici suoi di Catania, dove in quella riunione c’era anche Lombardo. Questo successe prima… nel corso dell’anno 2008, prima delle elezioni”. Incontrandolo mentre appendeva manifesti, Salvatore Seminara gli avrebbe riferito: “Se ci hai qualche amico eh… per noi è preferito… questo Lombardo”. E ancora Seminara, secondo il racconto di La Rosa ai pm, avrebbe aggiunto: “Lombardo è un amico…, sta vicino a degli amici di Catania…, ci hanno chiesto la preferenza…, se… familiari, amici… Per noi è preferito questo qua”.

Rispetto alle accuse dei pentiti i fratelli Lombardo si sono detti sempre estranei, in particolare l’avvocato. Guido Ziccone, penalista, luminare dell’Università di Catania, ex senatore del Pdl e avvocato di Raffaele Lombardo ha detto a Livesicilia che agli atti del procedimento per corruzione elettorale “non esiste l’ombra di un coinvolgimento mafioso”. “Pertanto -ha concluso Ziccone- oltre a sottolineare la totale fiducia nell’azione della magistratura, siamo sicuri della totale estraneità del mio assistito rispetto alle ipotesi dei pubblici ministeri”.


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