Cassate siciliane per tutti gli affiliati. Il pasticciere pagava il pizzo sotto forma di dolciumi. I capoccia del clan di Pagliarelli si presentavano in negozio per Pasqua e si facevano rilasciare buoni per settecentocinquanta euro di merce che venivano poi distribuiti agli affiliati. Un cadeau per le festività.
E’ uno dei retroscena dell’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo che stamani ha portato all’emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare. Due sono state seguite in carcere nei confronti di Antonino Bertolino e Giovanni Adamo, già detenuti. Si spalancano le porte del carcere per Domenico Marchese, Davide Schillaci e Carmelo Bongiorno. Si tratta della seconda trance del blitz Hybris che nel luglio scorso ha decapitato il clan di Pagliarelli.
Il titolare della pasticceria sin dal 2007 ha pagato il pizzo in due rate, a Pasqua e Natale. Poi arrivò il divieto di vendere la rosticceria per non fare concorrenza ad un altro commerciante della zona protetto dai boss. Infine la richiesta dei buoni per le cassate. Chiamato dai carabinieri guidati dal generale Teo Luzi, dal colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola ha deciso di ammettere di essere vittima del racket. Aveva capito di essersi infilato in un vicolo cieco. Il provvedimento di fermo chiesto e ottenuto dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesco Grassi aprono un ulteriore squarcio sulla riffa di Cosa nostra. Il clan impone ai commercianti l’acquisto dei biglietti per le estrazioni che fruttano novemila euro a settimana. Il gip Aiello Cristalizza ora un principio che rischia di essere un terremoto per tutti i commercianti obbligati a comprare i tagliandi. La riffa è una forma di estorsione a tutti gli effetti.
