“L’Italia è un Paese strano. Dove il comandante Schettino, per aver fatto strage di 14 persone, è agli arresti domiciliari, e dove Lusi, il tesoriere della Margherita, ha rubato 14 milioni di soldi pubblici, quindi nostri, ed è a piede libero. Francesco Di Fatta ha confessato, a tre giorni dalla rapina, ammettendo le sue responsabilità e indicando il suo complice, ben 10 mesi prima di essere raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare, ed è da 10 mesi in carcere”. L’accorata arringa dell’avvocato Luciano Maria Sarpi, però, non ha colto nel segno e il collegio presieduto dal giudice Mario Fontana ha condannato Francesco Di Fatta, classe ’85, a sei anni di reclusione. Il pm ne aveva chiesti cinque.
Di Fatta è stato condannato per tre rapine – effettuate dal 25 agosto al 17 settembre 2010 – a cui ha partecipato svolgendo il ruolo del “palo”, a due supermercati e un ufficio postale, quest’ultimo colpo ha fruttato 400 euro. “Quando ancora le indagini erano a niente”, per usare le parole dell’avvocato, Di Fatta si è presentato di fronte alle forze dell’ordine confessando tutto e rivelando il suo complice, Salvatore Perez. Ciò nonostante, il gip, prima,e il tribunale, poi, hanno rigettato due richieste di patteggiamento avanzate da accusa e difesa che prevedevano la pena di 3 anni e 6 mesi e 3 anni e 8 mesi.
“Un caso giudiziario unico”, dice Sarpi che spiega come il giovane, che ha appena la quinta elementare, sarebbe stato spinto a fare quei colpi per bisogno economico. Non era armato e, grazie anche alla confessione, era da escludere la sua pericolosità sociale. Ma a sfavore di Di Fatta ha giocato la recidiva specifica: nonostante la giovane età, è già stato autore di altre rapine. Da qui la condanna, esemplare.
Che il comandante schettino meriti l’ergastolo non vi sono dubbi. Che i criminali tedeschi che hanno creato i lager dove sono morte milioni di milioni di persone siano stati giustamente condannati a morte altrettanto. Anche se si ha solo la 5a elementare si capisce che fare il palo e favorire una rapina è una brutta azione e soprattutto può mettere a rischio l’incolumità di altri cittadini. Per questo non condivido il tono espresso da Cottone in questo articolo: un giudice deve giudicare e comminare la giusta pena che deve essere espiata fino in fondo soprattutto se si è recidivi. Non esiste l’italia degli altri: esiste l’italia che dipingiamo ogni giorno con il nostro comportamento. L’Italia cui aspira la brava gente prevede un giusto processo ed una giusta pena. Quando uscirà dal carcere questa persona , purtroppo figlia di una brutta società costruita da delinquenti a tutti i livelli,potrà ancora scegliere tra tornare a fare il palo per 400 euro e rischiare l’arresto, oppure, redimersi ed allontanarsi da quel giro. Quando condanneranno Schettino potremo commentare adeguatamente ma almeno in questo caso la giustizia ha fatto il suo corso.