Cosa chiede Palermo - Live Sicilia

Cosa chiede Palermo

Cosa chiede Palermo? Cosa vuole davvero? Quali sono le domande con cui il nuovo sindaco dovrà fare i conti per poi trovare una risposta? Ecco le idee che arrivano dalla città degli ultimi.
Palermo 2012. Lo speciale
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3 min di lettura

Si può ancora sperare in questa città? Raccolgo con piacere l’invito a riflettere su un tema che mi sta a cuore, che riguarda la vita di tanta gente a me cara e di tantissima che non conosco direttamente e per la quale nutro una preoccupazione e un pensiero affettuoso. Raccolgo quest’invito volentieri perché mi da l’occasione di mettere in ordine idee e pensieri sparsi che si sono alternati confusamente nella mia mente.

Ho vissuto gli anni della disperazione e delle lacrime e ho provato il profondo sconforto di chi perde la speranza. Al seguito delle bare di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Pino Puglisi ho vissuto, insieme a tanti, il dramma della sconfitta di una città, il senso di resa di un’ intera comunità: mai dimentico la voce vinta di Antonino Caponnetto che dice “è finita” dopo la strage di via D’Amelio.

Eppure così non fu, … grazie a Dio così non fu, come sempre accade, al male non è stata destinata l’ultima parola e tutti siamo stati testimoni e artefici di un senso di rinascita collettiva. Palermo non morì sotto le bombe dei corleonesi e dei Graviano. Lo confesso, a venti anni da quei tragici fatti ho accarezzato l’idea – forse romantica – che la sorella di Paolo Borsellino, senza voler togliere nulla agli altri aspiranti sindaco, sublimasse una sorta di rivincita della speranza collettiva sul male assoluto, diventando il primo cittadino di questa città.

Una grande speranza. Comunque, la ricetta non cambia: è di questo che ha bisogno Palermo, non più distrutta dalle bombe ma precipitata in un oblio di sfiducia e rassegnazione. Io so di avere una grande fortuna, vivo il privilegio di vedere ed incontrare tutte le settimane un centinaio di uomini e donne relegati ad una sopravvivenza ai margini estremi della città (scusate se il termine privilegio può apparire inappropriato, ma spesso si tratta di splendide storie di amicizia che mi hanno insegnato tanto sul vero senso della vita). Mi colpisce sempre che tanti di questi miei amici particolari vivono costantemente un senso di speranza nel futuro: “…speramu ca cu novu sinnacu i cosi vannu megghiu!!!”.  Non dicono Ferrandelli, Costa, Aricò o Orlando, dicono u “novu sinnaco” chiunque esso sia. Chiunque esso sia, basta che si riparli di fiducia e di speranza.

So bene che non è un solo uomo che può fare questo, di certo – però – un solo uomo (u novu sinnacu) può indirizzare un comune senso di responsabilità verso le necessità più urgenti, che secondo me hanno un nome ben preciso e si chiamano: poveri, anziani soli, stranieri, bambini e adolescenti dei quartieri popolari. Sono le loro storie che lo chiedono …e penso a “Champagne” che grazie all’amicizia fedele dei volontari della Comunità di Sant’Egidio ha abbandonato i marciapiedi di piazza Camporeale (ho letto molto sull’indecenza di piazza Camporeale sporcata dai barboni) per provare a riscattare una vita presso una comunità di recupero per alcolisti.

La città che conosco mi chiede che un giorno piazza Camporeale sia realmente ripulita perché i suoi barboni disgraziati avranno visto trasformata la loro speranza di riscatto in un luogo, in una casa vera dove ricominciare a vivere e non perché sgombrati nel nome di un presunto bisogno di ordine e di decoro che tanti invocano …e che mi sa di una forma di pulizia che mi terrorizza.

Poi ben vengano, anzi sogniamole in grande: aree pedonali, tram, metropolitane, parchi e spiagge cittadine. La città che io conosco mi chiede prima – con urgenza – di ricucire il tessuto umano lacerato dall’egoismo e dall’individualismo, mi chiede …. ci chiede di rimettere al centro la fiducia e di parlare ad alta voce di solidarietà e di speranza.

*Comunità di Sant’Egidio


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