Napolitano ricorda Rizzotto: | "La mafia un giorno finirà" - Live Sicilia

Napolitano ricorda Rizzotto: | “La mafia un giorno finirà”

A Corleone il presidente della Repubblica depone una corona di fiori davanti al busto bronzeo di Placido Rizzotto. Ai giornalisti dice: "Non abbiamo mai pensato che la mafia fosse finita, ma pensiamo che finirà". Ma scatta la polemica. Nencini (Psi) critica l'arcivescovo che nella funzione religiosa non ha usato la parola mafia: "E' stata la mafia ad uccidere Placido Rizzotto. Non dicendolo, lo uccideremo due volte".

Funerali di Stato per il sindacalista
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All’indomani della commemorazione di Giovanni Falcone, un altro giorno del ricordo oggi, a pochi chilometri da Palermo: stavolta istituzioni e cittadini si sono uniti nel nome di Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil ucciso dalla mafia 64 anni fa. I funerali di Stato si sono svolti questa mattina nella chiesa madre di Corleone. I resti del sindacalista che venne sequestrato e ucciso dalla mafia, sono stati ritrovati il 7 settembre 2009 nelle foibe di Rocca Busambra, a Corleone e una volta conclusi gli esami del dna che ne hanno accertato l’identità, sono stati racchiusi in un’urna di posta sul sacrato della Chiesa madre del paese. La cerimonia di questa mattina, durante la quale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato accolto tra gli applausi, è stata concelebrata dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Salvatore Di Cristina, e da don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera. Grande l’attesa che ha anticipato la messa, seguita all’esterno della chiesa grazie a due maxi schermi montati a piazza Garibaldi e piazza Falcone e Borsellino.

Al suo arrivo a Corleone, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha anzitutto reso omaggio al busto di Rizzotto, su cui ha deposto una corona di fiori soffermandosi in silenzio. Un polemica però è emersa nel corso del funerale. Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi ha sottolineato la necessità di ribadire il concetto della mafia nella storia del sindacalista: “E’ stata la mafia ad uccidere Placido Rizzotto.Non dicendolo, lo uccideremo due volte”. Nencini ha commentato le parole dell’arcivescoco di Monreale, dicendo che “Monsignor Di Cristina, durante le esequie, non ha mai citato la parola “mafia”. Perché? Rizzotto morì per la libertà e giustizia, per difendere i più deboli. Restituiamogli l’onore e la dignità. Oltre a Napolitano – che ha consegnato la medaglia d’oro al valore civile alla sorella di Rizzotto, Giuseppa – erano presenti la leader della Cgil Susanna Camusso, il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, il ministro della Difesa Gianpaolo Di Paola, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il prefetto di Palermo Umberto Postiglione, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e la vice presidente della Camera, Rosy Bindi.

Nessuno ha mai pensato che la mafia fosse finita, ma pensiamo che finirà – ha detto Napolitano, che ha aggiunto: “La presenza dello Stato è sempre necessaria e i sacrifici hanno dato i loro frutti: c’è molto di nuovo in Sicilia, c’é molto di nuovo nelle coscienze della gente siciliana e in particolare dei giovani siciliani. E’ un elemento di forza per tutto il Paese”. Un concetto che il presidente della Repubblica ha poi ribadito a Portella delle Ginestre, dove si è recato subito dopo per ricordare le vittime della strage del 1947. Ad attenderlo, cittadini ed esponenti della Cgil, oltre ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime. Arrivato sul luogo in cui morirono undici persone e ne rimasero ferite ventisette, il presidente ha deposto una corona di fiori su una delle pietre della collina che ricorda quel tragico giorno in cui, sulla folla partì una forte raffica di mitra. “Adesso ho 82 anni – racconta Giuseppe Nardi, sopravvissuto alla strage – ma ricordo quel momento come fosse ieri. Avevamo tutti 16-17 anni, eravamo piccoli, ma con tanti ideali. Ed era questo che non andava bene a chi ci ha attaccato e ucciso: che ragionavamo con la nostra testa. All’improvviso abbiamo sentito degli spari, non capivamo nemmeno da dove arrivavano, perché tra le colline rimbombava tutto. So soltanto che ho trovato a terra due miei carissimi amici, morti ammazzati. Sono però contento – conclude Nardi – di vedere le nuove generazioni non arrendersi”. Così come si definisce soddisfatto il presidente Napolitano, che ha terminato l’incontro sottolineando che “l’entusiasmo dei ragazzi che hanno partecipato alla commemorazione di Falcone è la metafora della speranza, della voglia di cambiamento non solo di questa terra, ma di tutta l’Italia, attualmente afflitta da gravi problemi. Solo restando uniti – ha concluso – potremo pensare di farcela”.


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