La storia degli alberi caduti | Piccolo manuale per la politica - Live Sicilia

La storia degli alberi caduti | Piccolo manuale per la politica

La politica non deve proclamare il cambiamento, ma deve ritrovare il suo pane: cioè sapere indicare un sogno, non solo un rimedio brutale per la contingenza o una ricetta per la riduzione del danno.

La politica non deve proclamare il cambiamento, né raccontarsi che un nuovo futuro è possibile, senza inseguirlo. Non deve cercare un leader diversamente affascinante, con lo spazzolino o il sorriso più bianco, meno calvo di Bersani, meno vecchio di Berlusconi. Deve ritrovare il suo pane: cioè sapere indicare un sogno, non solo un rimedio brutale per la contingenza o una ricetta per la riduzione del danno.

Ci vuole una parabola minima per spiegarsi meglio. Ricorderete la storia dell’albero e della bicicletta. E’ accaduto a Palermo. Un tale segò un platano per rubare una bici che era incatenata al tronco. E gli sembrò naturale. E’ forse utile, per contrappasso, ribadire un concetto: la politica è credibile quando agisce prima che un tale seghi un albero, prima che un ramo cada in testa a qualcuno. Se interviene a catastrofe già avvenuta, per indirizzare il malcapitato verso un pronto soccorso, che può essere di destra o di sinistra, a che vale votare e appassionarsi? Se il dato del crollo è immodificabile, se tutta l’intelligenza delle nostre guide si sperimenta nella cura incerta del dolore, nella terapia palliativa, nel salasso che privilegi e certifichi la signoria del precetto economico, con pochissimo spazio per altro, finisce proprio la funzione politica: che non è soltanto la provvidenza minima da fornire per il bene comune, ma si concretizza in un indirizzo complessivo tra etica, bisogno e speranza.

Nel mondo delle banche e degli spread, il politico è un intruso o un pericolo pubblico. Assume la seconda veste quando tenta di ritagliarsi un posto migliore nella scialuppa di salvataggio, a danno della collettività. In ogni caso è una creatura pallida e lunare, di cui si può fare a meno, che dice parole marginali, agitando ricette antiche, incapaci di tenere il passo dei nuovi scenari. Così viene immancabilmente travolto dal crollo dell’albero, è la vittima iniziale, sotto le macerie del legno e del fogliame.

Chi scrive pensa che la politica debba, invece, ritrovare pane e companatico, fissando un prezzo più alto della semplice e precaria sopravvivenza del popolo che le è affidato. Altrimenti intorno a noi avremo presto un deserto, un tremendo silenzio, nella stagione dell’assenza degli alberi.

 


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