L'imprenditore-coraggio| che ha detto 'no' al racket - Live Sicilia

L’imprenditore-coraggio| che ha detto ‘no’ al racket

Per otto anni ha pagato la protezione dei boss a Tommaso Lo Presti. In sua assenza, riscuoteva lo zio, Gaetano Lo Presti (nella foto) morto suicida nel 2008. Poi, Francesco Sanfratello si è rivolto ad Addiopizzo. E' stata la fine di un incubo. Oggi ci racconta la sua esperienza di legalità.

PALERMO, l'intervista
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Otto anni di soprusi. Otto anni con un socio indesiderato. L’uomo del racket si presentava puntuale all’appuntamento. Pretendeva e otteneva il pagamento del pizzo. Poi, il coraggio della ribellione e la fine di un incubo. “Abbiamo deciso di dire basta per i nostri figli, per farli crescere in una Sicilia diversa.- ci dice al telefono Francesco Sanfratello -. Sembra una banalità, ma è la cosa più vera”.

Al Palazzo di giustizia di Palermo poche ore prima della nostra telefonata era andato in scena non il gesto eroico ma la voglia di normalità di un imprenditore. Dal 2000 al 2008 Sanfratello è stato costretto a versare alla mafia il 2 per cento dei lavori che si aggiudicava l’impresa edile della sua famiglia. Oltre 70 mila euro sono finiti nelle tasche di Tommaso Lo Presti che controllava la zona di Palermo Centro. “C’era rabbia in noi – aggiunge -. Dovevamo sottostare ad un sistema”. E poi? “Poi abbiamo trovato sostegno in Addiopizzo che ci ha aiutato a vedere la luce alla fine del tunnel. Abbiamo capito che potevamo liberarci di una palla al piede”.

“Nel 2000 ci siamo aggiudicati un appalto per tre miliardi di lire – ha ricostruito davanti alla quarta sezione del Tribunale nel processo in cui è imputato uno dei taglieggiatori, Domenico Lo Iacono -. Ci furono diversi furti e danneggiamenti, poi venne Mimmo Lo Iacono, un tipo che avevo visto spesso aggirarsi nella zona del Capo. Mi disse che mi poteva presentare una persona che avrebbe risolto i problemi e poi venne con Tommaso Lo Presti”.

Il cliché è quello tipico di Cosa nostra. Gli uomini del pizzo si facevano vivi durante le festività. “Versavo cinque milioni – ha spiegato – che poi diventarono 5 mila euro. In tutto circa 40 mila euro”. L’incubo non finì neppure quando Lo Presti fu arrestato. Lo Iacono gli disse di portare i soldi in un bar di via Venezia, il cui titolare era il cognato di Lo Presti. I mafiosi si passano il testimone del racket. Era già avvenuto nel 2002 quando Sanfratello si aggiudicò altri due appalti: “L’accordo era per 20 mila e 10 mila euro. Per un altro cantiere alla Vucciria dovevo versare altri 20 mila euro. In assenza di Tommaso Lo Presti, c’era lo zio Gaetano Lo Presti”. Quest’ultimo morì suicida in carcere nel dicembre del 2008 e della pratica Sanfratello si interessò un fornitore: “Francesco Francofonti, ma a quel punto avevamo deciso di mettere fine a questa vicenda e ci siamo rivolti ad Addiopizzo”. Nessuna esitazione nel riconoscere in foto i suoi estorsori.

E adesso, dopo la denuncia, Sanfratello ha paura? “Ho fatto il mio percorso e legalità non vedo perché dovrei avere paura”, ci dice sereno.


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