Oggi sono di matrimonio - Live Sicilia

Oggi sono di matrimonio

Cerimonia e banchetto in compagnia di un gruppo di "tasci"

L’amico tascio ce l’hanno tutti, a volte una persona può anche frequentare un’intera comitiva di tasci. Ma se nella vita non sei stato abbastanza fortunato da conoscerne uno personalmente, puoi sempre puntare sull’occasione rivelatrice per eccellenza: i matrimoni. Ad un matrimonio si vede di tutto e di più, e se come dice mia nonna, i veri signori si riconoscono a tavola, durante un pasto che va avanti per quattro ore basta averci l’occhio. Ma attenzione, non parliamo qui dei matrimoni dei tasci, parliamo del tascio o del gruppo di tasci che immancabilmente si palesa tra gli invitati.

Già partendo dalla cerimonia uno un’idea se la fa. Il tascio sta fuori dalla chiesa indossando occhiali scuri che lasciano scoperto solo il mento ed approfitta della mattinata di vacanza per prendersi il sole. Siccome però ha più gel nei capelli lui che il cantante degli Alphaville durante tutti gli anni ’80, lo vedrete grondare di sudore, ma va bene perché già è di un invidiabile color cacao meravigliao.

Quando non è colto dalla felice idea di andarsi a bere una birra al chioschetto di fronte, lui se la ride in compagnia lasciando che le sue stupidissime battute facciano da intercalare alla storia del martirio di San Sebastiano che tu stai, e non senza fatica, cercando di ascoltare.

La tascia invece non mancherebbe mai al fatidico momento del “si”, per questo si è accaparrata un posto in seconda fila arrivando due ore prima del prete e ora cerca di attaccare bottone con i parenti stretti della sposa (si, durante il Vangelo, storia vera.)

Una volta superata la noiosissima esperienza ecclesiastica ci si fionda tutti al ricevimento. Chiaramente il concetto di attesa è uno sconosciuto per i tasci che anzi, furbi come volpi, si lanciano sul buffet di aperitivo mentre tutti gli altri pirla aspettano gli sposi. Chiamali fessi. Reclamano urlando altro Bellini dando del tu al cameriere, che è un inferiore, e mentre si succhiano le teste dei gamberoni si godono la sfilata aggratis che le loro amiche tasce mettono in scena nel tentativo di trovare un marito col cognome buono, del resto, quando ricapita di essere lì con tutta quella bellaggente?

Ps: la tascia è convinta che ai matrimoni il massimo dello chic sia il vestito lungo fino ai piedi, possibilmente in un tessuto cangiante che sembra comprato da Sonogliscontiloris, però: è costato dieci volte tanto perché viene da via Libertà ma è tascio uguale.

Con l’estate il tascio poi sente di più il bisogno di ostentare se stesso, perché deve trovare qualcuna da portarsi sul gommone di “centordici” metri che altrimenti sembrerebbe vuoto.

A proposito, premesso che celebrare il proprio matrimonio in estate, in Sicilia, è già sintomo di una personalità masochista e fortemente disturbata, preferire l’opzione pranzo all’opzione cena è un atto di vero e proprio sadismo nei confronti degli ospiti. Questo era un micro appunto per tutti i cari amici che hanno detto si con novantatre gradi all’ombra, e auguri e figli maschi da partorire ad Agosto. Tiè.

Comunque tornando all’amico tascio ed al suo soave equivalente femminile, loro non si lasciano intimorire dagli sguardi dei presenti. Anzi.

Ad esempio quando la tascia si annaca il culo in mezzo ai tavoli con la matita marrone scuro sulle labbra ed i sandali gioiello da viados ibizenco e tutti la guardano, sa benissimo di essere oggetto di invidia e/o desiderio, cioè lei sta riscuotendo un successone che domani su facebook non ce n’è per nessuna.

In compenso sono degli ottimi conversatori. La tascia quando non chiede informazioni sulla fauna maschile, che ti verrebbe da dirle “gioia prima impara l’italiano”, è capace di raccontarti all’infinito la storia di come è riuscita ad avere “quella” borsa. Il tascio invece, se non è occupato a dare spettacolo di se e della sua simpatia per nulla cafona, cerca di trovare parentele o persone in comune con chiunque, così per dimostrare che lui in quel luogo ed in quel momento non poteva mancare. Più triste è quando (e se) riesce a trovare un minimo collegamento, da quell’istante in poi si presenterà come figlio dell’amico dello zio del nonno di x. Poraccitudine.

Con buona pace di chi afferma che io sia classista, dico che non è un problema di soldi o di amicizie. Il gene della cafoneria o ce l’hai o non ce l’hai, la disponibilità economica si limita ad acuirne i sintomi.

Ed è da questo cocktail che escono principi e principesse capaci di dire orgogliosi che “pi stu rialu spinnivu rumila euri”. Ah, allora lasciami il numero che ti invito anche al mio di matrimonio.


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