Tammuriata bianca - Live Sicilia

Tammuriata bianca

Da una coppia di nigeriani nasce un bimbo bianco. Come nella canzone della metà del secolo scorso. Ma "a colori invertiti".

LE IDEE
di
2 min di lettura

E’ nato nu criaturo niro, niro
e ‘a mamma ‘o chiamma Ciro,
sissignore, ‘o chiamma Ciro

Séh! gira e vota, séh
Séh! vota e gira, séh

Ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono,
ca tu ‘o chiamme Peppe o Ciro,
chillo, o fatto, è niro, niro,
niro, niro comm’a che!

‘O contano ‘e ccummare chist’affare:
“Sti fatte nun só’ rare,
se ne contano a migliara!
A ‘e vvote basta sulo na guardata,
e ‘a femmena è restata,
sott”a botta, ‘mpressiunata

E. Nicolardi, E.A. Mario. Tammurriata Nera (1944)

 

 

La notizia è su tutti i giornali. Al Policlinico di Palermo un’immigrata nigeriana, sposata con un connazionale, ha dato alla luce un bimbo bianco con capelli ed occhi chiari. Il pensiero dei malpensanti è corso immediatamente alla famosa Tammurriata nera scritta nel periodo dell’occupazione americana dell’Italia Meridionale quando la stessa fame che spinge due giovani africani ad abbandonare la propria terra spingeva le nostre donne a vendersi ai liberatori di ogni razza. Alzi la mano chi non ha pensato immediatamente a quella canzone, così tragica nella sua ironia. O meglio, al suo “negativo”: ad una tammurriata bianca.

La curiosità mi ha spinto a ricercare sulla letteratura medica le ragioni del singolare, ma non inspiegabile, episodio. L’albinismo, malattia genetica caratterizzata dalla carenza del pigmento melanina con conseguente ipopigmentazione di cute, occhi e capelli, non è affatto eccezionale in Africa. Anzi, nella sola Nigeria, il problema coinvolge circa un neonato su 15.000. La malattia causa all’individuo affetto ed alla sua famiglia problemi sociali e clinici di notevole rilevanza. In primo luogo, l’aspetto da “diverso” dell’albino in un ambiente di neri genera isolamento sociale ed uno stigma connesso a superstizione ed ignoranza. Alcuni credono che l’albinismo sia connesso ad un concepimento durante una mestruazione della madre o che, addirittura, sia una punizione divina per un comportamento indegno da parte dei genitori. L’albino africano tende ad isolarsi dalla sua comunità per la vergogna della sua condizione di “bianco” e per la paura di mutilazioni ed uccisioni connessa alla diffusa credenza secondo cui varie parti del suo corpo siano dotate di poteri magici. Infine, la carenza della melanina associata all’alto grado di irraggiamento UV provoca riduzione dell’acuità visiva, elevata foto-sensibilità cutanea ed incremento del rischio di contrarre tumori cutanei, spesso in età giovanile. In due parole: una bianca vita d’inferno.

Dunque, ci sono ragioni per ritenere che la spiegazione più ovvia e malevola non sia quella corretta. Di certo, sarebbe la più favorevole per il futuro del neonato. Anche se oggi i genitori forse non la pensano così. Non è facile essere albino tra i neri. Ed essere un sano “errore di percorso” è meglio che essere un malato dalla nascita. E poi, suvvia, noi siamo italiani. Noi siamo il primo mondo: quello dei reality e delle Olgettinas. Da noi le superstizioni non hanno diritto di cittadinanza e le vedute sono larghe. O forse mi sbaglio ? In ogni caso, auguri di cuore al pallido neonato e alla sua turbata famiglia.


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