Tregua fra i pm a Palermo,| sotto accusa la fuga di notizie - Live Sicilia

Tregua fra i pm a Palermo,| sotto accusa la fuga di notizie

Lunedì attesa la prova del fuoco, la direzione distrettuale antimafia si riunirà fra dubbi e malcontenti. Potrebbe venir fuori in una sorta di 'resa dei conti' che vedrebbe sotto accusa i pm titolari dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Il pm Di Matteo difende l'indagine (nella foto Francesco Messineo).

L'inchiesta sulla trattativa
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La tensione sembra attenuata. Ma la prova del fuoco sarà lunedì, quando si riunirà la direzione distrettuale antimafia e dubbi e malcontenti, per ora solo bisbigliati nei corridoi, potrebbero venir fuori in una sorta di ‘resa dei conti’ che vedrebbe sotto accusa i pm titolari dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Allora, l’aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene dovranno spiegare perché i colleghi che fanno parte del pool antimafia non sono stati messi a conoscenza dei passaggi centrali di un’indagine tanto importante. “L’imputazione”, termine improprio ma che rende l’idea, riguarderà, insomma, la circolazione delle informazioni: un dovere previsto dall’articolo 70 dell’ Ordinamento giudiziario che per i magistrati di Palermo da sempre è oggetto di discussione.

Sono cambiate le gestioni, a Giancarlo Caselli sono succeduti Piero Grasso, poi Francesco Messineo, ma il problema si è riproposto costantemente. Un accenno allo scambio delle notizie è stato fatto anche ieri, durante l’assemblea plenaria della Procura. Il procuratore Messineo, forse per anticipare le critiche, ha fatto una sorta di relazione dello stato degli atti davanti ai pm dell’ordinario – quelli che non si occupano di mafia – : anche le toghe che non appartengono al pool davano segni di insofferenza lamentando di essere tenute fuori dalla vicende principali dell’ufficio. “Ci volevano le polemiche e le fughe di notizie per fare capire al capo che esistiamo anche noi. Forse per la prima volta siamo stati messi a parte di cose interessanti e la riunione ha avuto un senso”, dicono alcuni.

Ma il nodo vero sarà sciolto lunedì davanti ai pm dell’ Antimafia quando le lamentele potrebbero concretizzarsi in una spaccatura non solo sussurrata. Ai titolari dell’indagine i colleghi rimproverano principalmente di avere appreso dai giornali notizie di rilievo che potrebbero esporre l’intera Procura: il riferimento in particolare è alle intercettazioni tra l’ex ministro dell’ Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza nel procedimento sulla trattativa, e il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio.

Non credo di dovermi giustificare su fughe di notizie di cui non sono responsabile – dice Nino Di Matteo -. Le intercettazioni sono uscite solo quando sono diventate pubbliche e sono state messe a disposizione delle parti”. Ma forse ai titolari dell’inchiesta toccherà spiegare anche l’essenza e la necessità stessa di questo procedimento che tante polemiche ha suscitato e che Di Matteo difende dalle ciritiche che giuristi e colleghi sollevano. “Non entro nello specifico – dice – ma a chi spesso in mala fede vuole fare credere che si tratti di applicazioni di fantasiosi teoremi ricordo che perfino in sentenze di più Corti di assise a Caltanissetta e a Firenze, anche recentemente, si sono attestate l’esistenza di una trattativa e la probabilità che su iniziativa di pezzi dello Stato sia stato iniziato un dialogo con esponenti mafiosi”.

Molti atti della nostra inchiesta sono pubblici – aggiunge – e chiunque potrà rendersi conto di quanti elementi, dichiarazioni di pentiti, documenti e testimonianze ci impongano di andare avanti nel rispetto del principio di eguaglianza di tutti davanti alla legge e della sete di verità che appartiene alla parte migliore del Paese”. Al centro della riunione, però, potrebbe finire anche la gestione dell’inchiesta. A partire dalla scelta di puntare su un testimone come Massimo Ciancimino finito poi in cella per calunnia. “La maggior parte di noi – dice un pm – non avrebbe mai scommesso su uno cosi”. Era palese di che pasta fosse fatto. E forse quando si capisce che un’inchiesta può avere un impatto su tutto l’ufficio, su certe strategie si dovrebbe discutere. Magari un confronto poteva essere utile”.

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