Quando l'undici aprile | cadde di marzo - Live Sicilia

Quando l’undici aprile | cadde di marzo

Da S in edicola. Nel covo di Provenzano c'era un calendario aggiornato al mese prima. E nella presunta trattativa con Vigna per la consegna del boss erano stati chiesti in cambio 30 giorni di silenzio. È solo un caso?

 

Il venditore di pensieri
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A volte gli oggetti parlano. Un letto disfatto, se non ci è conosciuto, ci racconta di due amanti o di due legittimi coniugi, a piacer nostro. Anche un calendario da muro parla. Tutti l’abbiamo almeno una volta ricevuto in dono. Lo si aggiorna a inizio d’ogni mese o lo si lascia nel suo sempre più nostalgico gennaio. Vediamo il calendario che qualcuno usava nella masseria/covo di Bernardo Provenzano. Ad alta voce ci parla di marzo, ma ci sussurra che veniva aggiornato e tenuto anche sott’occhio perché vi si appendeva l’accendino da gas usato verosimilmente ogni giorno. Il boss, però, fu catturato, con il massaro che l’ospitava, l’11 aprile 2006. Così ci hanno detto. E quel calendario fermo a marzo sembra parlarci di una umana dimenticanza. Ma la tentazione di fare un puzzle con altri oggetti collegati e parlanti è alta. Proviamo con alcuni. 1) L’oggetto-televisore, giorni addietro, ci ha raccontato che sino a novembre 2005 un sedicente “messaggero” di Provenzano aveva incontrato i capi della Dna, prima Pierluigi Vigna e poi Piero Grasso, per trattare la spontanea consegna del boss, stanco di fuggire e malato.

Due le condizioni: che la notizia fosse rigorosamente data soltanto un mese dopo l’inizio della detenzione; che a garanzia di questa riservatezza lo Stato depositasse all’estero una ingente somma, fatto che, se risaputo, avrebbe comprovato l’inconfessabile intesa tra le parti. Ma Grasso, subentrato a Vigna, non prestò fede al “messaggero”. Non sappiamo, però, se questi dopo abbia trattato con altri. 2) L’oggetto-pizza, cioè il film “Il Fantasma di Corleone”, ci ha raccontato una storia complessa. Alla presentazione romana io c’ero. E anche Salvatore Traina, l’avvocato storico di Bernardo Provenzano. Aveva da tempo rinunziato all’incarico perché dal boss, da sempre riottoso nei pagamenti, non gli era da anni giunto più nulla. Quel giorno, era il 31 marzo 2006, era apparsa nella prima pagina del quotidiano La Repubblica l’intervista che Attilio Bolzoni gli aveva proposto come contributo al lancio del film. Traina vi aveva affermato la propria tesi sulla possibile avvenuta morte di Provenzano e il mondo fremette di polemiche e dubbi. I più sospettosi si sarebbero chiesti se morto volesse dire reso inutilizzabile, e sarebbero stati coloro che, se era stata seria e fruttuosa la proposta del “messaggero”, già a marzo avevano ormai segretamente tra le mani Provenzano.

Ai sospettosi, ma soprattutto alla censura che in relazione all’intervista piovve “frettolosamente” sull’avvocato Traina da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Palermo, diede poi autorevole e ferma smentita il Consiglio nazionale forense che sancì il buon diritto e la trasparenza delle affermazioni del penalista palermitano. Reso inutilizzabile, quindi, che cosa avrebbe potuto significare? Ce lo dicono gli oggetti-urne elettorali. Infatti: 3) Il 10 aprile 2006 alle ore 14 si sarebbero chiusi i seggi per le elezioni politiche. Si prevedeva un minimo scarto di voti tra il centrodestra e il centrosinistra, dato in vantaggio, e infatti furono soltanto 20.000. Però la risonanza mondiale della cattura di Provenzano avrebbe favorito, anche se soltanto di qualche decina di migliaia di voti tra gli indecisi, la coalizione in quel momento al governo. Ora il puzzle diviene ingestibile. È credibile che Provenzano fosse già in galera prima dell’11 aprile e che ne disponesse chi intendeva favorire il probabile vincitore delle elezioni facendogli prendere ex post il merito della “cattura”? Inutilizzabile, quindi, ai previsti fini di propaganda partitica? Io non ci posso credere. E anche se la notizia della cattura coincide proprio con il primo giorno utile sia a non influenzare l’elettorato e cioè l’11 aprile 2006 e sia a bloccare la paventata “minaccia” (poi azzerata dal Cnf) di rivelare lo stato delle cose addebitata all’avvocato Traina, io non ci posso credere.

4) E che dire di una nota dell’Ansa del giorno della cattura? Titolava: “Provenzano: un libro scritto cinque anni fa racconta blitz”. La nota è a firma del giornalista d’inchiesta Piero Messina, ma nessun giornale italiano riprese la notizia delle inquietanti coincidenze tra fantasia e realtà. Insomma, tutto questo mosaico a causa di un calendario parlante? Mah. Anche se ha il sapore del buon pane di paese.

 


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