Lacrime strisciate - Live Sicilia

Lacrime strisciate

Anche rossoneri, bianconeri e nerazzurri piangono. Speriamo che lo facciano anche sul prato del Renzo Barbera.

LE IDEE
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Scorrendo l’albo d’oro della serie A scopriamo che negli ultimi venti anni solo due volte lo scudetto è sfuggito alle grinfie delle tre grandi squadre del Nord, le cosiddette “strisciate”. Questo evento, che non può esser sgradito ai veri amanti dello sport, si era invece verificato per ben sette volte nei vent’anni precedenti. Il campionato italiano somiglia sempre più a un film giallo in cui conosciamo l’assassino ancor prima di entrare al cinema. Come accade in Spagna e in Inghilterra, l’avvento dalla pay-TV ha aumentato il tradizionale divario tecnico con le altre squadre che, per vincere qualcosa, possono solo sperare che le strisciate incappino tutte e tre insieme in una stagione sfortunata. E’ come se il tifoso strisciato detenesse un inalienabile diritto alla vittoria. Gli strisciati imparano da piccoli che, quando si deve scegliere un carro, è meglio salire su quello dei vincitori. Che, naturalmente, è sempre affollato come il 101. Con un seguito così ampio, le strisciate garantiscono maggiori introiti pubblicitari alle TV. Con i soldi che incassano, le strisciate offrono stipendi che manderebbero le altre in fallimento e lasciano fior di campioni a muffire in panchina o in tribuna. Continuando a vincere, richiamano altri tifosi. E così il circolo vizioso si chiude. Con buona pace dei valori dello sport.

Nei secoli, la strisciata si è sempre comportata come lo squalo, che muore se non divora, e che lascia ai pesci piccoli solo gli scarti. Oppure come l’avvoltoio, che se ne sta appollaiato su un ramo in attesa del cadavere di un contratto non disdegnando di infrangere le regole con trattative sotterranee con i pappa-procuratori. E gli strisciati hanno solo pianto di gioia per l’inevitabile vittoria o di stizza per un secondo o un terzo posto. Ma oggi, nell’Italia dello spread e delle tasse che aumentano mentre il gettito fiscale si riduce, c’è una grande novità: gli strisciati piangono anche per altro. C’è chi piange perché “il povero “ Silvio, smagrito dalla dieta e dalla questione Mondadori e sostenuto dal maggiordomo Zio Fester, si è stufato di ripianare i debiti e si è sbarazzato di tanti veterani e degli stipendi dei suoi due veri fuoriclasse. E poi ci sono le lacrime nerazzurre che hanno ripreso a scorrere copiose dopo un breve interregno di sorrisi. Non c’erano abituati, gli strisciati meneghini, a vedere i propri idoli insidiati dalle altre. Non avevano mai provato la stizza di veder fuggire i propri campioni giustificandoli con un “Sono professionisti” come fossero travet che salgono di livello e che potranno finalmente rottamare la Panda. Non sapevano cosa vuol dire ascoltare “Sognavo questa maglia” mentre un loro idolo ne mostra una di un altro colore. E infine le lacrime bianconere. Che discendono copiose da un presidente che di nome fa Agnelli, anche se guardandolo in faccia diresti che è stato cresciuto a “pane e volpe”. Che noia questa storia del conto degli scudetti. Ventisette ? Ventotto ? Trenta ? Beh, facciamo quarantaquattro, in fila per sei col resto di due. Non se ne può più della manfrina delle stelle sulla maglia. Che “O me ne date tre o tolgo anche le altre due”. Che tanto poi faccio scrivere: “Trenta sul campo”. Ma che bell’esempio di rispetto verso l’autorità costituita di quel calcio italiano di cui si è parte integrante per storia e seguito popolare. Questa storia poi delle scritte sulla maglia è un’altra “novità” che mi lascia perplesso. Siamo partiti, sempre una strisciata, con “il Club più titolato al mondo”. Poi si è accodato il Genoa con “Il Club più antico d’Italia”. Adesso l’altra strisciata risponde con “Trenta sul campo”. E allora io propongo che la Roma scriva sulle maglie “Fatece largo che passamo noi”, i cugini del Catania “C’è chi può e chi non può. Io può”, il Bologna “Ladri di Coppa”. E noi rosanero, che abbiamo una gestione monocratica e un Presidente che dice di essere “contro” e poi è “amico” di tutti, scriveremo: “Qua la Zampa”.

Al di là dell’ironia, il pensionamento di tanti campioni, la drammatica contingenza economica e l’avvento nel panorama del calcio internazionale degli oligarchi russi e degli sceicchi arabi (quelli autentici), ha comportato un evidente impoverimento tecnico di quello che un giorno lontano fu definito “il più bel campionato del mondo”. L’Italia calcistica non importa più i campioni di una volta. Anzi, esporta persino quelli autoctoni, come Verratti e Borini. Ci sono le premesse per ritenere che il prossimo campionato, anche se livellato verso il basso, sarà più incerto e divertente del precedente. Con la Juventus che pagherà l’anno in più del suo giocatore-guida e gli impegni di Champions e le altre due strisciate che faranno i conti con organici più modesti. Attendo con curiosità il Napoli di Mazzarri e, soprattutto, la Roma di Zeman, maestro di calcio e di ironia. Uno con cui non ci si annoia mai, in campo e fuori. E il mio Palermo ? E’ presto per dirlo. Sannino sembra uno tosto e credo che, al di là delle dichiarazioni di facciata, la fase finale del mercato riserverà qualche sorpresa. E speriamo che, come accaduto più volte negli anni scorsi, lacrime strisciate tornino a bagnare il prato (e ahimé anche gli spalti) del Barbera.


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