Canzoni d'amore alla Kalsa | E la mafia regna - Live Sicilia

Canzoni d’amore alla Kalsa | E la mafia regna

Canzoni d'amore alla Kalsa. E saluti al boss da un palco circondato di folla. Nell'alfabeto sentimentale della borgata, il codice della mafia riesce a imporsi anche nella Palermo profonda e - suo malgrado - ignorante.

C’è una Palermo primitiva che la Palermo aristocratica non conosce e non frequenta, se non come folclore. C’è un brutto mondo sommerso in certe parole di certi menestrelli napoletani da rione. Siano pienamente responsabili o no: non ne possiamo più delle ugole che strizzano l’occhio al boss di turno. Il saluto dal palco a “Gino u’ Mitra” risponde a una fredda logica di controllo del territorio. Con un semplice “un bacione” si riafferma una signoria non scalfibile. Il boss è dietro le sbarre, ammanettato e recluso. La sua fascinazione e il suo potere restano intatti e disponibili. Il cantante che invia una cartolina da fuori a dentro – chissà se perché minacciato, o perché connivente – mostra al popolo assiepato davanti al suo microfono il segno di un’autorità che non tramonta. Il corpo del mammasantissima sarà pure ristretto all’Ucciardone o al Pagliarelli, ma il suo scettro e il suo spirito gettano un’ombra sui possedimenti nel suo quartiere, spandono un buio che nessuna luce riesce a smagliare.
E se questo è ciò che accade: un malvagio miracolo di San Gennaro in cui il sangue della mafia si scioglie e rapprende ogni cosa, che speranza di redenzione ci sarà mai per la Kalsa, per lo Zen, per il Borgo, per ogni dove in cui risuoni la voce stentorea di Cosa nostra?

Non è un fenomeno da sottovalutare. La musica partenopea permea e organizza le emozioni del Palermitano Sapiens. Nessuna offesa. Ci sono cittadini che – a prescindere da meriti e vizi – hanno studiato, magari con noia e senza profitto. Ci sono egualmente cittadini che non hanno avuto accesso all’istruzione, anche se la cultura ardeva nel loro cuore, come una sete che non hanno mai soddisfatto. Il Palermitano Sapiens è una creatura prigioniera della sua città e della sua condizione, nella casta a tenuta stagna che ci distingue, nell’abecedario della scala sociale che separa i nobili dai paria in base al portafoglio e alle possibilità. Ovviamente, la cerchia di brutti sporchi e cattivi si difende con i bastioni, con le mura di cinta dell’ignoranza che diventa arma. E dentro il fortino della miseria sceglie istinti, volti, condottieri. La canzone napoletana è un mezzo, una cinghia di trasmissione, il codice di una educazione sentimentale.

Le ragazzine della Kalsa impazziscono per Raffaello. Gli inviano teneri messaggini nella sua pagina Facebook. Lo riempiono di sguardi e palpitazioni, considerandolo un modello, un personaggio di successo. In viale Strasburgo si spasima per Tiziano Ferro. In Vicolo del Pallone la passione ha il profilo dei Raffaele Migliaccio, dei Gianni Nani e dei Vittorio Ricciardi. Di coloro che tengono in mano le chiavi intime di un popolo minuto. Ora sarebbe facile – ed è pure giusto – scrivere, come abbiamo scritto, che non ne possiamo più. Tuttavia, la reprimenda è appena una parte della soluzione. L’altra è nell’incontro tra vicolo del Pallone e viale Strasburgo, non sappiamo né dove, né come, né perché. Sappiamo solo che finché non avverrà, non ci sarà Palermo.

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