Campobello di Mazara e Misilmeri| Comuni sciolti per mafia - Live Sicilia

Campobello di Mazara e Misilmeri| Comuni sciolti per mafia

Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri presieduto dal premier Mario Monti. Il sindaco di Misilmeri, Pietro D'Aì, aveva ricevuto un avviso di garanzia e stamane si è dimesso. Quello di Campobello, Ciro Caravà, era stato arrestato.

La decisione del Cdm
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Commissariati per mafia. Azzerati i Comuni di Misilmeri, in provincia di Palermo, e Campobello di Mazara, nel Trapanese. La decisione, presa stamani dal Consiglio dei Ministri presieduto dal premier Mario Monti, nasce “dall’accertamento di infiltrazioni della criminalità organizzata che condizionano l’attività dell’amministrazione”. Nei due comuni siciliani i commissari prenderanno il posto ed eserciteranno le funzioni del sindaco, della giunta e del Consiglio comunale. E stamane il sindaco di Misilmeri, Piero D’Aì, ha rassegnato le dimissioni dalla carica che ricopre dal 2010. L’atto è stato firmato, spiega D’Aì in una nota, in assenza del provvedimento di commissariamento da parte del Consiglio dei ministri, “non ufficialmente notificato in municipio”. Con il sindaco – indagato a Palermo nell’ambito dell’inchiesta “Sisma” per concorso esterno in associazione mafiosa – si sono dimessi anche gli assessori Pietro Carnesi, Nino Pizzo e Pietro Montanelli. D’Aì ha inoltrato una lettera al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione: “Lascio con l’amarezza nel cuore – scrive -. Sono certo di non avere posto in essere un solo atto gradito ai mafiosi. Ma purtroppo antagonisti politici hanno lavorato da subito per fare di Misilmeri, e di un’esperienza pulita e trasparente, un verminaio”. “Intimamente – conclude – mi sono ispirato agli insegnamenti di un misilmerese come Rocco Chinnici, conosciuto da giovane, e sono orgoglioso di avergli intitolato l’aula consiliare”.

L’ultima tappa del terremoto politico-giudiziario a Misilmeri è di inizio luglio. Due avvisi di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa erano stati notificati dai carabinieri del Reparto territoriale e del Nucleo investigativo al primo cittadino Pietro D’Aì e all’ex vice presidente del consiglio comunale, Giampiero Marchese. Le indagini ipotizzano che alcune palazzine sarebbero state costruite su terreni diventati edificabili con la compiacenza dell’amministrazione comunale. Dietro il cambio fuorilegge di destinazione d’uso ci sarebbe la regia di Cosa nostra. Si indaga su una trentina di concessioni edilizie oggi bocciate dall’assessorato regionale al Territorio. Abitazioni in costruzione e altre già finite che non potranno ottenere i certificati di abitabilità. L’inchiesta è la stessa che ad aprile scorso portò in cella cinque persone. Anzi, quattro, visto che Antonino Messicati Vitale, uomo d’onore di Villabate, da allora è latitante. Gli arrestati erano Francesco Lo Gerfo, indicato come il capomafia di Misilmeri, Mariano Falletta, anche lui di Misilmeri, e i palermitani Stefano Polizzi (presunto referente della cosca di Bolognetta accusato di estorsione) e Vincenzo Ganci, candidato al consiglio comunale di Palermo. Un avviso di garanzia, sempre per concorso in mafia, era stato notificato anche a Giuseppe Cimò, presidente del Consiglio comunale. Lo Gerfo e Ganci, secondo l’accusa, avrebbero condizionato la vita amministrativa. A cominciare dalla scelta di chi doveva guidare l’assemblea consiliare. All’indomani del blitz, i diciassette consiglieri si dimisero.

L’indagine sulla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, sfociò nel dicembre scorso in undici arresti. In manette finì pure il sindaco Ciro Caravà. Venne fuori la rivalità tra due clan riconducibili rispettivamente all’anziano boss Leonardo Bonafede e a Francesco Luppino, ritenuto uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro che detta legge a Campobello come in tutta la provincia trapanese, Una provincia dove Cosa nostra, attraverso alcune società ed imprese, avrebbe monopolizzato il mercato olivicolo. Il sindaco Caravà, in carica dal giugno del 2006 e rieletto nelle ultime amministrative nel maggio 2011, viene indicato dai carabinieri come “l’espressione politica della locale consorteria mafiosa”.


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