Antimafia anno zero - Live Sicilia

Antimafia anno zero

Antimafia anno zero. Fra trasferimenti, polemiche e faide, cosa resta della Procura di Palermo e degli investigatori che hanno assicurato i boss alla giustizia?

Magistrati e investigatori antimafia che fanno le valigie. Trasferiti o destinati a nuovi incarichi. Posti delicati da coprire. Nomine a cui manca solo l’ufficialità e partite ancora tutte da giocare. Il cambio della guardia a Palermo sarà massiccio. Al termine dell’estate si aprirà una nuova stagione. Gli uomini passano e le idee restano. Giovanni Falcone aveva ragione pure in questo. Il problema è quando a “passare” sono in tanti e tutti contemporaneamente. C’è pure chi, fra gli addetti ai lavori, sostiene che in fin dei conti il cambiamento offrirà nuovi stimoli. Di certo c’è che stiamo per lasciarci alle spalle una stagione di successi.

La spia della preoccupazione si è accesa pochi giorni fa, quando trentacinque magistrati della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano hanno preso carta e penna per chiedere al capo della Procura, Francesco Messineo, di parlare con i vertici, regionale e nazionale, dell’Arma dei carabinieri. Una mobilitazione senza precedenti nella speranza, perduta o quasi, di trattenere a Palermo il maggiore Antonio Coppola, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri. Coppola è stato in questi anni alla guida di un gruppo di lavoro capace di aggiornare la mappa di una buona fetta della Cosa nostra palermitana. Lo Stato può permettersi di ricominciare da capo disperdendo il patrimonio di conoscenze? Secondo gran parte della Procura, la risposta è no.

La vicenda di Coppola è la prima vicenda di un turn over senza precedenti che coinvolgerà l’intero vertice del comando provinciale dei carabinieri. Entro pochi mesi andranno via il generale Teo Luzi, comandante dei militari palermitani, il colonnello Paolo Piccinelli, alla guida del reparto Operativo. Ed ancora: i colonnelli Giuseppe De Riggi e Pietro Salsano che comandano i gruppi di Palermo e Monreale. Tutta gente che ha coordinato indagini che hanno fatto scattare valanghe di arresti. In ballo ci sono le attività ancora aperte. Indagini delicate come quelle sull’omicidio di Davide Romano, il giovane boss del Borgo Vecchio ritrovato legato mani e piedi nel portabagagli di una macchina, che nasconde chissà quali scenari. Quella sul delitto di Enzo Fragalà, barbaramente assassinato sotto il suo studio. Le inchieste sull’esercito a disposizione di Gianni Nicchi, l’astro nascente di Cosa nostra palermitana, e quelle sulla riorganizzazione del mandamento di San Lorenzo, azzerato grazie anche al lavoro dei carabinieri. Gli stessi carabinieri che segnalano una nuova stagione di riorganizzazione.

A questo va aggiunto che sta per cambiare molto anche nello scacchiere della stessa Procura, i cui equilibri si intrecciano con quanto rischia di accadere altrove. Innanzitutto c’è da coprire il posto di procuratore generale. In lizza ci sono il pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato e l’attuale capo dei pm palermitani Francesco Messineo. Sul primo incombe il rischio di un procedimento disciplinare. L’ex pubblico ministero del processo Andreotti, il 19 luglio scorso, alle commemorazioni per l’eccidio di via D’Amelio, definì “imbarazzante” partecipare alle cerimonie ufficiali per le stragi di Capaci e via D’Amelio per la presenza “talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità”, di “personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione” dei valori di giustizia e di legalità per i quali Borsellino si è fatto uccidere. Il magistrato ha incassato la solidarietà dell’Anm nazionale e di quella distrettuale, ma c’è chi non ha gradito. Il suo rivale, Francesco Messineo potrebbe pagare lo scotto delle polemiche sorte nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha deciso di sollevare il conflitto di attribuzione con la Procura di Palermo per la storia delle intercettazioni illegittime delle sue conversazioni. Qualche giorno prima un altro episodio aveva scosso il Palazzo di giustizia palermitano. L’aggiunto Maria Teresa Principato aveva protestato per la scelta del procuratore di dare il via libera ad un’operazione antimafia nell’agrigentino. Secondo la Principato, sarebbe stata bruciata una pista investigativa che poteva portare alla cattura di Matteo Messina Denaro. Di avviso opposto Vittorio Teresi, l’aggiunto che coordina l’azione antimafia in provincia di Agrigento. Il plenum del Consiglio Superiore che avrebbe dovuto decidere il caso Procura generale, dopo il 3 a 2 incassato da Messineo a giugno in commissione, slitta a settembre. A ottobre il gup dovrà pronunciarsi sul rinvio a giudizio del cognato di Messineo, accusato di ricettazione, altra nota dolente per il procuratore.

Una partita tutta da giocare, quindi, in cui potrebbero inserirsi nuovi candidati come Guido Lo Forte, procuratore di Messina che non ha mai revocato la domanda per la Procura generale di Palermo. Se Messineo dovesse spuntarla oppure decidesse di lasciare Palermo si aprirebbe anche la corsa per la Procura del capoluogo. Una Procura che sta per perdere due aggiunti di peso. Antonio Ingroia andrà in Guatemala per un incarico dell’Onu, e Ignazio De Francisci sarà il nuovo avvocato generale. Candidati per il posto di Messineo potrebbero essere Sergio Lari, oggi procuratore a Caltanissetta, e gli stessi Lo Forte e Scarpinato.

Altro posto di aggiunto da ricoprire potrebbe essere quello di Nino Gatto, in malattia da mesi. Potrebbero optare per la pensione e a quel punto vai ai giochi. In corsa per i tre posti potrebbero esserci Ettore Costanzo e Nina Sabatino, il capo dei pm di Termini Imerese Alfredo Morvillo, l’aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo, il procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto Salvatore De Luca e il sostituto procuratore della Dna Maurizio De Lucia. De Lucia, la cui partenza per Roma segnò l’ultimo passaggio dell’ultimo e corposo turn over alla Procura di Palermo allora guidata da Piero Grasso. Che in pochi mesi vide andar via, oltre a De Lucia, anche Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino. Sono i pm delle inchieste sulle talpe, del processo a Totò Cuffaro e quelli che hanno lavorato alla cattura di Bernardo Provenzano.

 

 


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