Le ragazze del muretto - Live Sicilia

Le ragazze del muretto

Ah, le dolci, tenere vecchiette. Che fanno la torta. Che ricamano all'uncinetto. Che... Scordatevele. Spazio alle ragazze del muretto.

In onore alla convivenza con la propria anzianità le persone normali vanno a letto presto, mangiano brodini caldi, godono della Tv nazionale, giocano a carte e preparano torte ai nipoti. Superati i settantacinque/ottant’anni si vive nella felicità della preparazione del pranzo per la domenica, si attende con ansia il primo pronipotino e si passa il tempo nella gioia della famiglia, tra un maglioncino all’uncinetto e uno sceneggiato. C’è però in questa Palermo del 2012 un gruppo di signore che, benché appartenente a quella fascia di età, cena fuori e torna a casa in macchina a notte fonda, che, chi più chi meno, all’idea di avere un pronipote raggela perché vorrebbe dire stare a casa in mezzo ai picciriddi, di nuovo.

Queste signore, tra cui mia nonna, le sue sorelle e le loro amiche, fanno una torta se qualcuno fa il compleanno e manco, la domenica sono fuori tutto il giorno e si sentono offese dalla Tv italiana che propone sempre le stesse cose e che peraltro guardano molto poco, in quanto secondo loro è stata concepita per un pubblico di vecchi rincoglioniti. Conoscono tutti i locali del momento, anche se capire di quale parlino quando l’indomani ti raccontano la serata è un’impresa di non poco conto, visto e considerato che confondono i nomi e sbagliano sia la pronuncia che la via in cui si trova. Sempre. Perché in tutto questo, se vi aspettate di sentirle parlare con nostalgia della loro gioventù, degli anni ’60 e di tutto il resto perdete tempo. Giustamente, facendo più vita sociale di me che non ho ancora 30 anni, che nostalgia devono avere, possono avere nostalgia della settimana scorsa, al massimo proprio.

In inverno le troviamo, per ora, al Caffè/Lounge Bar della villetta in via Lazio, che loro chiamano (e chiameranno sempre, mi dispiace per i titolari) “Costa”. A volte, raramente, hanno sprazzi di lucidità, si ricordano dell’abbonamento e vanno a teatro, dove però si annoiano e non mettono piede per altri sei mesi. In estate l’aperitivo si fa in una delle piattaforme sul mare di Isola delle Femmine o dell’Addaura, piattaforme che comunque, vengono chiamate tutte, indistintamente, “Fibbì”. Per un buon piatto di pesce sono disposte a girare tutta la provincia, informatissime come sono su quando e dove inaugura un nuovo ristorante. Di imparare il nome non gliene importa niente, perchè sono superiori, e così si fanno presentare il proprietario, ci fanno amicizia e da quel momento il ristorante è battezzato Mario, Giuseppe, Antonio, etc. Che sia una taverna con il tovagliato di carta o che abbia la posateria cesellata a mano da maestri argentieri, il loro pasteggiare è una lunga, continua risata, interrotta solo da spregiudicatissimi tentativi di palliamento alle persone di servizio, tipo proposte matrimoniali al ragazzo che porta il conto.

L’altro giorno ad esempio, nella serena cornice di una piattaforma con dj set e lista all’ingresso, per convincere il cameriere a farsi dare il tavolo migliore, si sono presentate come “signore di una casa di riposo in libera uscita”. Che ci abbia creduto o no non lo sapremo mai, ma sono riuscite a farsi coccolare tutta la sera. Le loro coetanee hanno da tempo rinunciato al mare e passano la bella stagione rintanate in casa con il condizionatore sempre acceso perché altrimenti hanno gli svenimenti, nutrendosi di frutta fresca e aspettando il passaggio di qualcuno per lamentarsi random del caldo, del fresco, di qualsiasi cosa.
Loro invece, che non rinunciano a niente, la mattina si partono e se ne vanno dritte a mare con borsa e cappello di paglia, pronte alla nuotata, all’abbronzatura e al curtigghio estivo. Ma se, sempre le loro coetanee, magari le più sportive, vanno in spiaggia – anzi inispiaggia – con i nipoti, trovando la sabbia soffice e gradevole, la discesa in acqua comoda e la presenza di ombrelloni fondamentale, loro sono assidue frequentatrici degli Scivoli a Sferracavallo, caletta scomoda pure per un quindicenne, priva di comfort e affollatissima, ma con un tocco di romantica decadenza.

Lì hanno la loro postazione, inespugnabile come una fortezza, che sarebbe il muretto vicino lo scoglio dal quale ci si tuffa, dove loro si distendono a prendere il sole e a dare spettacolo. Tutte meno una, perché come l’altro giorno è venuto fuori da una conversazione: “Io non mi ci voglio chiamare ragazza del muretto”. “Perché?” “Perché io manco ci salgo”. “E meno male, se ci sali tu il muretto crolla”. Infatti, dimenticavo di dire che da quest’estate alcuni giovani estimatori le hanno soprannominate “Ragazze del Muretto”, appellativo con il quale, tra le altre, cose firmano biglietti collettivi. Nella speranza che trovino sempre nuove discepole da istruire sul bon vivre, che cotanta saggezza non vada persa e che prima o poi mi invitino a cena fuori, le saluto tutte.

 


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