Quando una stella non cade - Live Sicilia

Quando una stella non cade

Cadono le stelle a San Lorenzo. Un padre su un'isola e una figlia in un reparto di ospedale fanno del loro meglio per sorreggere il cielo.

Le idee
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4 min di lettura

San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.

Ripasso a memoria quei versi antichi che mantengono il buon profumo dei banchi e dei miei compagni di scuola mentre guardo il cielo cercando una stella cadente. Mi aiuta il buio dell’isola di Vulcano dove passo le mie vacanze, sempre più brevi e meno spensierate, dall’estate in cui mio padre se ne innamorò che avevo solo sette anni. E ritorno alle notti d’estate di quand’ero ragazzo. Quando l’unico dubbio riguardava il modo in cui piazzare l’affondo all’ultima arrivata. Magari durante una passeggiata notturna in riva al mare, complice la mia chitarra ruffiana che purtroppo aveva sempre il difetto di tenermi le mani un po’ troppo impegnate. Fino all’ultima-ultima che, povera lei, mi sopporta da oltre trent’anni e che adesso chiacchiera con i nostri amici di sempre a pochi metri da qui con un bicchiere di Malvasia in mano.

Dall’altra parte della costa tirrenica della Sicilia altri non dormono in questa notte di San Lorenzo. Unità di Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico intitolato a Paolo Giaccone, medico eroe trucidato dalla mafia esattamente trenta anni fa. E’ la prima guardia notturna di mia figlia. La mia “bambina per sempre” si è messa in testa l’idea di curare i bambini. Mi sembra ieri quando ci tenne svegli raggiungendoci in una notte di maggio del 1986 a poche ore da una finale di Champions decisa dai miracoli di un gigantesco portiere rumeno. E adesso non dorme neppure lei, la mia bambina, con la sua tutina celeste da dottore e il fonendoscopio piccino che le ho regalato appena seppi che era stata ammessa alla Scuola di Pediatria. In questa notte di San Lorenzo, le scie di luce che i suoi occhi seguono non sono stelle cadenti nel silenzio della notte, ma tracce accompagnate dai beep che scorrono sui monitor del reparto rassicurandola sul fatto che nessuna delle piccolissime stelle che le sono affidate stia per cadere.

Penso a quei padri che sono lì, a pochi metri da lei, e che fremono e pregano come ogni padre in ansia per i propri cuccioli. Alle mie mille notti insonni in servizio di guardia. Alle partite a scacchi mai concluse con Enzo, compagno di tante avventure. Al caffé caldo che la moglie del vecchio Peppino versava nel thermos per il marito e che lui mi offriva ogni volta che mi chiamava per un’emergenza. Alle pizze consegnate in reparto in piena notte quando l’adrenalina accumulata ci faceva bruciare, affamandoci come lupi, ciò che avevamo frettolosamente mangiato a casa prima di uscire intorno alle sette. A quella notte in cui i parenti di un novantenne moribondo che campavano con la sua pensione mi tirarono in disparte per il camice rivolgendomi ad un tempo una minaccia e un’invocazione: “Dutturi, u’ capìu ? Unn’avi a muoriri. Va sinnò chi ci dugnu a manciari dumani e’ mè figghi ?”. A quei cornetti che portavo a casa dopo la guardia del sabato notte in un tempo in cui il cornetto caldo della domenica mattina presto rappresentava per i miei figli un dolce inizio piuttosto che una dolce fine di giornata.

Finalmente vedo la scia di una stella cadente che solca il cielo nero di Vulcano. Esprimo il mio desiderio: che la prima notte della mia bambina e di tutti i bimbi del reparto sia serena. Che il Dio di tutti i medici e di tutti i malati la illumini e la sorregga sempre. Che le dia conforto nel dubbio, forza nell’alleviare la sofferenza, sostegno nell’alea della più inesatta tra le Scienze. Stai all’erta, mio piccolo soldatino di Ippocrate che fissi quelle luci sui monitor. Te lo ordina tuo padre, affaticato veterano del tuo stesso esercito. Accanto a qualche medaglia sul petto, lui ha tante cicatrici nel cuore.

Eppure tu sai che, rinascesse cento volte, cento volte si arruolerebbe di nuovo. E sceglierebbe ancora questo mestiere infame e nobilissimo in cui ogni notte in servizio è come quella di San Lorenzo. Fatta di insonnia, pensieri e pianto di stelle cadenti. E quando sarai smarrita tra i tuoi dubbi e le tue paure, lasciati guidare dalle luci che hai dentro: quelle della tua coscienza e della tua sapienza ancora acerba. Luci fisse ed eterne. Come quelle delle stelle che non cadono mai.


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