Vale la pena di salvare Palermo? | Sì, per Katia e Salvo - Live Sicilia

Vale la pena di salvare Palermo? | Sì, per Katia e Salvo

Alla domanda arriva subito una risposta. A Palermo si vive e si muore male. A Palermo il lavoro è una merce di scambio. Ma vale la pena di salvare Palermo. Per chi? Per Katia e Salvo.

No. Non vale la pena salvare Palermo.

Di fronte ai suoi cumuli di spazzatura, alla violenza quotidiana che percorre le sue strade, alle piccole furbizie dei suoi cittadini/sudditi, mi dico che non vale la pena sprecare troppe energie per salvare questa città.

Ha scritto Albert Camus: “Una maniera facile per far la conoscenza d’una città è quella di cercare come vi si lavora, come vi si ama e come vi si muore”. A Palermo si lavora senza passione, si ama senza tenerezza e si muore da soli. Il lavoro è una merce di scambio come un’altra, qualcosa da barattare con un voto o un favore. Non esistono parametri per valutarlo in maniera obbiettiva. Cosa produciamo? Servizi. Le ultime industrie muoiono lentamente. Sopravvive poca roba, mentre prosperano le imprese a capitale mafioso. Nasce un centro commerciale dopo l’altro, che inghiotte un’umanità rancorosa, con pochi soldi da spendere e troppi desideri da soddisfare. Si moltiplicano i negozi con le grandi firme in centro, che presto dovranno dotarsi di guardie armate e vetri blindati, se già non li hanno, per proteggersi dalle bande giovanili che, un giorno o l’altro, daranno l’assalto ai miti del consumo. I professionisti sposteranno le loro abitazioni ancora un po’ più in là e avremo dieci, cento, mille Pizzo Sella.

Anche l’amore non ha cittadinanza qui. Per amare devi saper comunicare e Palermo è ormai afasica. Le ultime parole d’amore le ha spese per accompagnare i suoi uomini migliori, vent’anni fa. Dopo, le parole sono diventate sempre più aride, come ossa in un deserto. Palermo è una valle di ossa inaridite. Gli amanti della Bibbia avranno riconosciuto la profezia di Ezechiele. Ma l’accostamento ha i suoi limiti. Nella visione del profeta le ossa si ricompongono, i tessuti si ricostituiscono, la vita riprende forma. Noi attendiamo una parola che ridia valore all’esistenza. Non sappiamo darci parole che diano un senso alle cose. Non abbiamo visioni, perché solo l’amore produce una visione, che vuol dire la capacità di progettare il futuro e di pensarlo con gli altri. Ognuno si pensa e muore solo. Qualche tempo fa un anziano è stato ritrovato in casa ormai cadavere, in un appartamento di Corso Calatafimi. C’è voluto l’odore, perché qualcuno si allarmasse e chiamasse i vigili del fuoco. Era morto da circa un mese. Un vicino di casa ha dichiarato: “Quell’uomo era sempre solo e non riceveva mai visite”. Forse dovremmo farci visita l’un l’altro più spesso.

“Questo non accade solo qui!”; diranno i difensori dell’urbe. Certo, infatti Palermo ci dice qualcosa che riguarda un destino più grande. Qualche anno fa un episodio analogo si verificò a Brancaccio. Stesso copione. Un uomo anziano, che nessuno andava mai a visitare. Il parroco del quartiere si scandalizzò di quella morte crudele, di quella solitudine che gridava al cielo. Si chiamava don Giuseppe Puglisi. Probabilmente rimase senza parole, ma scelse di reagire e, proprio in quel momento, decise di creare un centro di aggregazione, un luogo dove chi era solo avrebbe potuto trovare conforto e sostegno. Inoltre, i suoi ragazzi dovevano andare a visitare coloro che non si facevano vedere, quelli che non avevano nessuno, andandoli a cercare casa per casa. Per evitare che morissero soli.

Vale la pena salvare Palermo, qualche volta.

Lo penso, per esempio, quando vedo Salvo, le sue splendide ceramiche e le meravigliose decorazioni che riesce a comporre con i suoi colori, nel piccolo laboratorio in città. Katia, la moglie di Salvo, è su una sedia a rotelle, a causa di una malattia che fin da ragazza ha iniziato a cambiarle l’esistenza. Ormai non parla quasi più. Nonostante la malattia, lei e Salvo hanno deciso di avere un figlio. È bellissimo e ha i colori delle ceramiche del padre. Katia non riesce a tenerlo in braccio e il bambino lo capisce. Si adagia sulla mamma, senza muoversi. Non ho mai sentito parole d’amore così belle, come quelle che i due si rivolgono in silenzio.

Allora penso che valga la pena salvare Palermo.

 


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