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Ars, la carica degli indagati

Dall'Udc al Pid, passando da Pdl, Mpa e Pd: nessun partito si salva dalle grane giudiziarie. Ecco l'elenco dei politici sotto inchiesta che potrebbero rientrare a Palazzo dei Normanni.

“L’Udc? È cambiata, è ormai ripulita dai cuffariani e io non li mollo”. Ne è certissimo l’aspirante governatore Rosario Crocetta, che nella sua corsa a Palazzo d’Orleans non vuole rinunciare per nessun motivo al sostegno dei partito di Pierferdinando Casini. E in effetti la questione giustizia per i neo scudocrociati sembra essersi parecchio alleggerita rispetto al passato: la data che segnerebbe una svolta nel partito di Gianpiero D’Alia è il 28 settembre 2010, quando al congresso di Fiuggi, uscì dall’Udc la corrente di Salvatore Cuffaro, l’ex presidente siciliano attualmente recluso a Rebibbia dove sta scontando sette anni di carcere per favoreggiamento alla mafia.

Dopo l’addio dei cuffariani, che fondarono i Popolari d’Italia Domani, l’Udc ha messo in cantiere un’opera di restyling politico del partito che ha incluso la presentazione in Parlamento di disegni legge che vietino l’elezione dei condannati in via definitiva. Proposta ammirevole che, però, potrebbe rivelarsi a doppio taglio, visto che sotto le bandiere dei neo democristiani sono rimasti esponenti politici con qualche vicissitudine giudiziaria nel curriculum. Come Giuseppe Naro, per esempio, prima deputato, poi senatore e adesso di nuovo parlamentare a Montecitorio, nonché ex responsabile amministrativo del partito di Casini. Per Naro la procura di Roma ha di recente richiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito ai partiti: l’imprenditore Tommaso Di Lernia ha raccontato di avergli recapitato una tangente da 200 mila euro. Naro fu condannato in via definitiva per abuso d’ufficio a sei mesi di carcere: da presidente della provincia di Messina acquistò 462 foto da uno studio fotografico di Milazzo alla cifra di 357 milioni di lire. Grazie alla prescrizione si salvò invece dalle accuse di peculato. Nessun processo ha invece al momento subito il deputato regionale Marco Forzese, indagato nell’inchiesta sulle promozioni facili al comune di Catania, già condannato dalla corte dei conti a risarcire il comune etneo con 4.850 euro.

Tornerà alla sbarra, dopo due assoluzioni, David Costa, ex enfant prodige dei neodemocristiani siciliani, eletto all’Ars ad appena 30 anni nel 1996, riconfermato nel 2001 (quando diventa assessore alla presidenza di Cuffaro), e poi arrestato nel 2005 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Per i magistrati aveva ricevuto consapevolmente il sostegno elettorale di Cosa Nostra a Marsala, la sua città natale: adesso la Cassazione ha deciso che dovrà subire un nuovo processo d’appello. Nel frattempo alle ultime amministrative Costa ha sostenuto l’elezione a sindaco di Marsala di Giulia Adamo, ex capogruppo dell’Udc all’Ars, simbolo del rinnovamento targato D’Alia. Nel febbraio scorso anche Adamo si è vista annullare dalla Cassazione l’assoluzione per abuso d’ufficio. La neo sindaco di Marsala è stata di recente condannata dalla Corte dei conti a risarcire la provincia trapanese con 6.300 euro per la proroga di alcuni incarichi dirigenziali effettuati dall’ente da lei presieduto.

L’eurodeputato del Pid (ex Udc) Antonello Antinoro  è stato condannato in primo grado a due anni e mezzo per voto di scambio. Anche in casa dei Popolari d’Italia non mancano le grane con la giustizia. A cominciare dal segretario Saverio Romano, attualmente indagato per corruzione dopo essere stato recentemente assolto in primo grado per concorso esterno a Cosa nostra. C’è poi il capogruppo all’Ars Rudy Maira, che è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla gestione degli appalti pubblici. Stanno invece subendo il processo scaturito dall’inchiesta Iblis il deputato regionale Fausto Fagone, arrestato l’anno scorso, e il collega dell’Api Giovanni Cristaudo. Ha già patteggiato un anno e due mesi per abuso d’ufficio e falso Santino Catalano, eletto all’Ars col Mpa e poi entrato nel Pid. In teoria doveva decadere per incandidabilità originaria, ma fu salvato dal voto segreto e trasversale dei colleghi deputati: a salvataggio compiuto furono in molti a festeggiarlo in aula.

Tra i corridoi dell’Ars infatti non è difficile imbattersi con qualcuno che abbia avuto grane con la giustizia: l’ultima legislatura è quella che ha toccato il record di indagati con 24 onorevoli iscritti nei registri delle procure siciliane. A cominciare dal presidente Francesco Cascio, ancora al vaglio dei pm per omissione d’atti d’ufficio. Il Pdl annovera tra le sue fila anche Fabio Mancuso, in passato indagato per corruzione, concussione e abuso d’ufficio (reati dai quali però Mancuso è stato assolto “perché il fatto non sussiste”) e poi finito agli arresti domiciliari nel dicembre scorso per bancarotta. Salvino Caputo, uomo della legalità in casa azzurra, ha rimediato una condanna a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico per aver cercato di salvare il vescovo di Monreale (città di cui era sindaco) dal pagamento di alcune contravvenzioni. Attualmente indagato nell’inchiesta sulle promozioni facili al comune di Catania è Nino D’Asero, mentre si profila il ritorno all’Ars con il Pdl di Giuseppe Buzzanca, globetrotter delle cariche pubbliche (prima sindaco, poi deputato, poi entrambi) condannato a sei mesi per peculato e salvato dalla decadenza da sindaco di Messina grazie ad una leggina cucitagli addosso dal governo Berlusconi: più che una legge ad personam, una legge ad Buzzancam, sorrisero i maligni. Comincerà ad ottobre invece il processo al senatore Antonio D’Alì, leader dei berlusconiani nel trapanese, che sarà giudicato con il rito abbreviato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Qualche problemino anche in Grande Sud dove Franco Mineo è sotto processo per intestazione fittizia di beni, e nel Movimento per l’Autonomia del governatore uscente Raffaele Lombardo, a sua volta imputato per mafia a Catania. Tra gli autonomisti si segnala Riccardo Minardo (finito ai domiciliari in questa legislatura) rinviato a giudizio per truffa, Giuseppe Arena, coinvolto nell’inchiesta sui conti del comune di Catania, Pippo Gennuso, indagato per concorso in falso.

Attualmente indagato anche un pretendente alla poltrona di governatore: il leader di Sicilia Vera Cateno De Luca, arrestato “ingiustamente” (lo ha deciso la Cassazione) nel giugno 2011, ma ancora indagato per tentata concussione e abuso d’ufficio. La concussione piena è invece stata contestata al deputato del Pd (subito sospeso dal partito) Gaspare Vitrano, sotto processo a Palermo. Tra i democratici dovrebbero ricandidarsi per un seggio a Palazzo dei Normanni anche Elio Galvagno e Salvatore Termine, indagati a Enna per falso in bilancio. Ha anticipato che chiederà la revisione invece il senatore Antonino Papania, che nel 2002 patteggiò 2 mesi e 20 giorni per abuso d’ufficio, stesso reato per cui è indagato il collega di partito e corrente Francantonio Genovese. Avrebbe solamente concorso all’abuso d’ufficio il senatore Mirello Crisafulli, che rischia il processo perché la strada che porta alla sua villa sarebbe stata asfaltata con fondi pubblici.


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