Uno morto vent’anni fa - Live Sicilia

Uno morto vent’anni fa

Un uomo Gesip, intervistato in queste pagine, nel giorno della commemorazione dell’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa non trova di meglio da dire che la Gesip e i suoi futuri orfani andrebbero celebrati – loro, e non quell’altro, non il generale definito “un morto di vent’anni fa”.

E’ l’ignoranza il male antico. E’ lei ad azzoppare il vero e i diritti, a storpiare le sacrosante ragioni in parodia di bestemmia, e nemmeno troppo riuscita. L’urlo disperato di un ignorante perde presto di fascino. Il suo è un berciare troppo malevolo per strappare compassione: mai così sottile da rubare un sorriso, scollato com’è dall’arguzia popolare; quella sì, fonte d’ironia dissacratoria.

Voglio essere chiaro: per ignoranza non intendo qui l’estraneità incallita all’abc, né l’uso di congiuntivi sbagliati e dei condizionali travestiti da congiuntivi, e nemmeno la mancanza “delle scuole”, come si dice tra i non istruiti spiacenti di esserlo. Ho conosciuto e provo amicizia per ignoranti dotati di coordinate sociali e di sensibilità infinitamente più precise ed esaurienti delle mie. Gente che ha la nuca sfregiata da graffiti di storia recente e dalle rughe della fatica, gente tatuata da un sole che benedice ma non perdona chi rifiuta di abbassare la testa.

Chiamo piuttosto ignoranza, in queste righe, la perdita di memoria del luogo in cui si è nati e cresciuti. Il disconoscimento delle regole che ne hanno mosso le pedine e decretato il disagio. Definisco ignoranza la cataratta inguaribile che oscura, all’occhio incallito, ciò che è stato e ciò che sta per profilarsi oltre il giardino di casa propria. O veranda. O cortile. Discuto di ignoranza della coscienza, che fa a pugni con le ragioni della panza. Eterne anche quelle, buone per tutte le stagioni: la panza vuota come mossiere della minaccia contro chiunque e del servilismo a vantaggio di pochissimi. E ci vuole davvero poco coraggio – diciamolo – a intimidire tutti invece che scrollare il cravattino, con nome e cognome, di quei pochissimi.

La pubblica lamentazione dell’ignorante di tal fatta è come una galoppata di palo in palo sul filo dell’alta tensione. L’ammirazione per la sua prova di equilibrismo dura pochissimo: un fiato. Poi arriva, implacabile, il contatto col filo scoperto. La voce di popolo si trasforma, in quel caso, non nella voce di Dio, ma nel latrato di qualcosa che cadendo annaspa nel clownesco o, aggrappandosi a una sporgenza di fortuna, schiuma e scalcia senza solidarietà.

L’uomo della Gesip intervistato in queste pagine di Livesicilia, quell’uomo che si auto-denuda di cautele davanti all’occhio della telecamera, l’uomo che non conosco e per il quale soffro (ma è un brutto soffrire, senza empatia), l’uomo che nel giorno della commemorazione dell’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa non trova di meglio da dire che la Gesip e i suoi futuri orfani andrebbero celebrati – loro, e non quell’altro, non il generale, definito “un morto di vent’anni fa” – trasforma in ignorante pure me. Mi fa perdere la cognizione di causa, la tentazione di fratellanza, la curiosità verso i perché. Resta da precisare che il morto di un ventennio addietro tirato in ballo – lo sappiamo tutti, tranne (forse) il signore in questione – non è morto. L’hanno ammazzato insieme alla moglie. Capita anche questo all’ignorante di cui sopra: di scambiare l’oro col piombo. Speriamo che non gli affidino la manutenzione di qualche tubatura.


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