"Il lavoro non può essere| un ammortizzatore sociale" - Live Sicilia

“Il lavoro non può essere| un ammortizzatore sociale”

Pubblichiamo integralmente il contenuto dell'omelia del cardinale di Palermo, Paolo Romeo, nel giorno della "santuzza". "Avvicinarsi a Rosalia è fuggire dai compromessi, a costo di pagare di persona la scelta della legalità, della giustizia, della correttezza professionale, e persino del reale impegno politico e sociale, come amministratori della cosa pubblica" è il monito del prelato. Che aggiunge: "Lavoro non può più essere considerato come “ammortizzatore sociale”, perché in tal caso è soggetto ad ogni possibile strumentalizzazione".

Palermo, l'omelia di romeo
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Montepellegrino, Santuario di Santa Rosalia, 4 settembre 2012

1. Salendo come pellegrini su questo Monte, che è stato eremo della Santuzza, rileggiamo intrecciate ed indissolubili due storie: la storia di Rosalia e quella della nostra Città. Facciamo memoria di quello che i nostri padri hanno chiesto a lei nel tragico momento del contagio pestilenziale e rinnoviamo la nostra devozione alla vergine eremita che è per tutta Palermo un autentico faro di santità. Ma cosa significa essere devoti della Santuzza?

Ai giovani della Giornata Mondiale della Gioventù, a Colonia, la voce paterna ed autorevole del Santo Padre Benedetto XVI, indicava i santi come uomini e donne “mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine” (Veglia di preghiera sulla Spianata di Marienfield, 20 agosto 2005). Ecco: siamo qui innanzitutto perché riconosciamo che Rosalia è stata “Vangelo vissuto e vivente”. Vangelo scritto non più con la sola lettera ma con la sua stessa vita quotidiana. Ma non è tutto qui: da lei, insieme, qui su Montepellegrino, riceviamo, come singoli e come Città, la responsabilità di scrivere anche noi il Vangelo nella nostra vita, cioè di far diventare tutta la nostra vita una “buona notizia”, per noi stessi e per gli altri, rinnovando il nostro cammino di sequela a Cristo e vivendo con gioia e fino in fondo gli impegni del nostro Battesimo. Ecco cosa significa realmente essere devoti della Santuzza! A nome del suo Cristo, Rosalia ci fa delle “consegne”. Ne individuo due che oggi mi sembrano particolarmente significative per tutti noi, in occasione di questa tradizionale “acchianata” di inizio anno: la preghiera e la testimonianza.

2. La preghiera, innanzitutto. Le orme di Rosalia, che salendo su questo Monte abbiamo seguito, segnano il cammino di un’autentica ricerca di Dio. Ritirandosi in solitudine per una vita di preghiera la Santuzza non fugge dal mondo, ma sceglie di continuare ad alimentare la sua vita attraverso un dialogo costante con il suo Sposo, che si fa anche intercessione per la Città, ieri come oggi. Sembrerebbe storia di altri tempi, che non ci riguarda! Ed invece, questo ritirarsi amoroso di Rosalia ricorda a noi che investire nella preghiera è sempre vantaggioso! Perché ascoltare e parlare al Signore con semplicità di cuore, presentarci a lui che ci ha creato e ci conosce, con le nostre debolezze e i nostri difetti, ci cambia poco a poco il cuore, lentamente, giorno per giorno, e, oltre che trasformare la nostra esistenza personale, migliora anche le nostre relazioni e la nostra vita comunitaria.

Potessimo dire sempre: “O Dio tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia…”! Riconosciamo che questo desiderio di Dio viene troppo spesso distratto, stordito, soffocato. Tutto, nelle nostre giornate, diventa sempre più importante della preghiera! Ma per un vero cristiano la preghiera non è un optional… E più che “pregare solo quando si trova il tempo” dobbiamo mettere ogni impegno per “trovare il tempo di pregare”, cioè per garantirci quelle “oasi” necessarie ad ascoltare la voce del Signore, per assicurare quel respiro che serve per ritornare alle occupazioni di ogni giorno.

Non possiamo pretendere che la preghiera cambi le cose. La preghiera non è fatta di “formule magiche”! La preghiera può sempre chiedere a Dio, ma deve innanzitutto essere orientata alla nostra conversione, al nostro cambiamento interiore, fino ad “essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore” come ci ha detto Paolo nella seconda lettura. La preghiera è la linfa vitale di chi scrive giorno per giorno il vangelo con la sua novità di vita. Ci nutre! Ai suoi discepoli Gesù dice: “Voi siete la luce del mondo!”. Ma la lampada della nostra santità non può far luce da se stessa se non è alimentata dall’olio dello Spirito Santo, quello che dobbiamo domandare nella preghiera! Come pensiamo di essere cristiani luminosi senza il nutrimento quotidiano della preghiera?

Abbiamo una patrona, una “prima cittadina”, che ha dato priorità all’ascolto di Dio e alla preghiera: impariamo da lei! Delle vergini protagoniste del Vangelo non si condanna il sonno, perché tutte e dieci, sia quelle stolte che quelle sagge, si addormentano nell’attesa dello sposo che tarda a venire. La condanna è piuttosto rivolta alla stoltezza di non fare pertempo buona scorta dell’olio per le lampade. E Rosalia ha saputo essere vergine “sapiente” perché, in modo previdente, ha saputo ogni giorno fare una buona scorta dell’olio che illumina la vita, quello della confidenza con Dio nella preghiera. La nostra Chiesa, la nostra Città, ripartano da questo santo approvvigionamento!

Grazie a Dio, nonostante le forti spinte di scristianizzazione e le diffuse logiche materialistiche, riconosciamo che nel nostro tempo, e anche nella nostra Città, tanti uomini e donne riscoprono il desiderio della preghiera e ne sperimentano il nutrimento, specie nell’adorazione eucaristica personale e comunitaria. Se vogliamo che l’Anno della Fede, che avrà inizio nell’ottobre prossimo, sia un’occasione di crescita per la nostra Chiesa, prima ancora che puntare su tante iniziative pastorali, dovremo focalizzare l’attenzione sull’esigenza di dare a tutto ciò che organizziamo l’anima e il fondamento: la preghiera.

Le nostre comunità vivano la preghiera, propongano adeguati tempi e spazi di silenzio, potenzino la catechesi e la lectio divina, curino la liturgia nella dignità e nei contenuti, puntino prima che sull’ “agire” pastorale, sull’ “essere” spirituale: per garantire sempre – sull’esempio della vergine saggia Rosalia –una buona scorta di olio alle lampade della nostra vita e far splendere una fede viva ed attraente.

3. La seconda direttrice da sottolineare è la testimonianza libera e coerente di Rosalia. Ella ha saputo rinunziare ai fasti della sua famiglia, ad un futuro forse già segnato dai progetti del suo casato nobiliare. Ed è stata libera da ogni condizionamento sociale. Carissimi! È tempo che i cristiani offrano una testimonianza più autentica e radicale. Rosalia fece delle scelte che diremmo “controcorrente”, ma anche questo è il tempo in cui la nostra testimonianza deve saper annunciare con franchezza la verità e rendere presente il bene.

C’è tutta la necessità di lasciarci scomodare dalla Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa che ce la illumina. Ma c’è anche l’urgenza di essere anche noi scomodi per il risveglio di una società che ha relegato Dio nell’ambito del privato e dell’intimistico. La testimonianza libera e coerente di Rosalia non serve affatto a tranquillizzarci! E l’ “acchianata” esprime la volontà di camminare per non rimanere in continui complessi di inferiorità, come se nulla avessimo da dire o potessimo dire ad una società sempre più scristianizzata.

È triste rilevare la condizione diffusa dei “cristiani anestetizzati”. È triste vedere la partecipazione di folle alla religiosità popolare e il silenzio dei credenti su temi che dicono la realtà e la dignità dell’uomo. Possiamo ancora tacere di fronte alle gravi offese al valore della vita, dal suo concepimento fino al naturale tramonto? Possiamo ancora indugiare sulla verità della famiglia che esige di essere sempre meglio tutelata?

Possiamo restare a guardare di fronte all’attacco culturale nei confronti della nostra fede, che assume espressioni sempre più turpi e vergognose, e – come in questi giorni – arriva scandalosamente alla blasfemia? E, ancora, possiamo tacere sul diritto al lavoro che deve costituire il fondamento del futuro delle nuove generazioni? Lavoro che – bisogna ribadirlo – non può più essere considerato come “ammortizzatore sociale”, perché in tal caso non genera sviluppo ed è soggetto ad ogni possibile strumentalizzazione. Lavoro che va garantito perché contribuisce all’autentico progresso dell’uomo e della società, perché costruisce in modo solido quello “sviluppo umano integrale” che è concetto portante della Caritas in veritate di Benedetto XVI.

Carissimi fratelli e sorelle! La “misura alta della vita cristiana” – come la definiva il Beato Giovanni Paolo II nella Novo Millennio ineunte – è esigente: chi pensa di tenere comodamente il piede in due staffe, di ritagliarsi una fede “fai da te”, da supermercato, in cui si compra solo quanto è sotto sconti, sta sbagliando strada… Sta mancando l’obiettivo… Sta tradendo la fede… E sta offendendo la vera devozione ai santi, che è stata piena di radicalità e di autentica sequela.

Avvicinarsi a Rosalia è fuggire dai compromessi, a costo di pagare di persona la scelta della legalità, della giustizia, della correttezza professionale, e persino del reale impegno politico e sociale, come amministratori della cosa pubblica.

4. Mi sembra che possono ben risuonare, in conclusione, le parole del Servo di Dio, don Pino Puglisi, perla che risplende della stessa luminosa santità palermitana che ha animato la vergine eremita Rosalia, e che prossimamente vedremo elevato agli onori degli altari per volontà del Santo Padre Benedetto XVI che il 28 giugno scorso ha autorizzato la pubblicazione del Decreto sul martirio in odium fidei di questo figlio della nostra Chiesa.

Mentre era ancora parroco a Brancaccio, nel 1991, don Pino elaborò un intervento convegnistico dal titolo “Testimoni della speranza” da cui mi sembra significativo trarre questi passaggi. “Il discepolo è testimone – scriveva – soprattutto testimone della resurrezione di Cristo… Certo, la testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che diventa martirio, infatti testimonianza in greco si dice ‘martyrion’. Dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza”.

Don Pino legava senza soluzione di continuità la vita interiore del discepolo con la sua testimonianza credibile e continuava: “Il testimone è testimone di una presenza del Cristo presente dentro, anzi dovrebbe diventare trasparenza di questa presenza. E testimonia la presenza di Cristo attraverso la sua vita, vissuta proprio con questo desiderio costante di vivere in una comunione perfetta con Lui, sempre più profonda con Lui, in una fame e sete di Lui”

Le parole di don Pino diventano, anche su questo Monte, sintesi di una santità attinta con forza nella vita di preghiera e nella confidenza con Dio, e poi testimoniata con coerenza nel martirio incruento del quotidiano annuncio di una vita rinnovata dal Vangelo di Cristo. Tale è stato il percorso di Rosalia, vergine eremita. Tale è stato il percorso martiriale del Servo di Dio don Pino Puglisi. Tale sia anche il percorso di questa Città che vuole risorgere, e che soltanto in Cristo potrà e dovrà farlo.


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