Si fa presto a dire "liste pulite" | I casi di Fazio, Scala e Pompeo - Live Sicilia

Si fa presto a dire “liste pulite” | I casi di Fazio, Scala e Pompeo

Tre ex sindaci del Trapanese candidati alle prossime regionali nonostante problemi più o meno recenti con la giustizia. "Sciocchezze", si difendono. E il sindaco di Marsala Giulia Adamo lancia l'allarme: "Non si usino queste vicende come armi improprie in campagna elettorale".

NEL COLLEGIO DI TRAPANI
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Si fa presto a dire “liste pulite”. Lo slogan, il mantra è ripetuto a gran voce da tutti gli schieramenti politici come argine all’antipolitica galoppante. Eppure, mentre si parla di “intransigenza” nella scelta dei candidati, ecco che spuntano i “distinguo”, le ricriminazioni, le puntualizzazioni. Un po’ in tutte le liste, in tutte le province. È il caso, ad esempio, del collegio di Trapani, dove l’avvicinamento alle elezioni regionali è scandito da accuse e riferimenti a recenti, o più o meno antichi “fatti giudiziari”. Così, tra Trapani, Alcamo e Castelvetrano, ecco i casi di Girolamo Fazio, Giacomo Scala e Gianni Pompeo. Tre storie unite da un filo conduttore che passa da un’esperienza più o meno recente come sindaco della propria città, e una prossima candidatura verso Sala d’Ercole su cui si allungano le ombre di una vicenda giudiziaria. Specie nei tempi, appunto, scanditi dallo slogan “liste pulite”.

E “pulita”, secondo il diretto interessato, sarebbe la candidatura di Girolamo Fazio, indicato, pare, direttamente dal segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano. Nonostante una condanna per “violenza privata” già confermata in appello. Fatti che risalgono agli anni tra il 2004 e il 2005. Per farla breve, Fazio nel 2006 è stato condannato dal tribunale di Trapani, presieduto da Antonio Novara, alla pena di quattro mesi di reclusione, sostituita da una multa di 1.520 euro per il reato di “violenza private”. Secondo i giudici, Fazio avrebbe provato a indurre l’allora amministratore delegato dell’Ato rifiuti “Terra dei Fenici” Vincenzo Sciortino alle dimissioni, attraverso, appunto, la minaccia di esautorare dal ruolo di presidente della Sau (l’azienda trasporti trapanese, ndr) Vito Dolce, un grande amico dello stesso Sciortino. La “colpa” di Sciortino era stata quella di essersi messo “di traverso” di fronte alla richiesta dell’allora sindaco Fazio, di stipulare una convenzione quinquennale con la società “Trapani Servizi” per la raccolta dei rifiuti nella sola città di Trapani.

E al di là delle attenuanti, i giudici hanno confermato la colpevolezza di Fazio, rimodulando l’entità della pena in appello. Fazio, però, contattato da Live Sicilia oggi afferma: “Io quelle cose le rifarei. Ne sono anzi orgoglioso”. L’orgoglio nasce dalla convinzione “di aver agito esclusivamente nell’interesse della città di Trapani”. Un’idea che, a dire il vero, lascia tracce anche nella sentenza della Procura di Trapani, che afferma: “Il sindaco Fazio è fermamente convinto che l’amministratore delegato della società Terra dei Fenici non svolga il suo ruolo nell’interesse del comune di Trapani e della cittadinanza trapanese”.

“È spregevole – continua Fazio – l’uso che viene fatto della condanna ad una multa che mi è stata inflitta nel corso del mandato di sindaco della città di Trapani. Non si può prendere il dispositivo di una sentenza e non conoscerne le motivazioni, che delineano il percorso logico–giuridico che ha portato a quella decisione. La multa che mi è stata inflitta è per me motivo di orgoglio e dovrebbe essere così per ogni serio amministratore, perché subita, come riconosciuto e scritto in sentenza dai giudici di primo e secondo grado, per difendere la mia città ed i miei concittadini dalle gravissime conseguenze che il comportamento di taluni soggetti avrebbero determinato nell’ambito della gestione dell’ATO rifiuti. La violenza privata – puntualizza l’ex sindaco – è riconducibile ad una discussione, dai toni certamente veementi, con l’ex presidente della Sau, nella quale evidenziavo i gravissimi danni che l’ex amministratore delegato dell’Ato stava arrecando alla città di Trapani”. Ma al di là di questo, nel 2006, la Procura trapanese conferma la condanna, appunto. Una condanna che potrebbe pesare in questi giorni di allestimento delle liste. Quando diversi partiti sembrano essere sensibili al fascino persino di un’indagine, figuriamoci di una condanna.

È il caso, appunto, di un altro ex sindaco. Giacomo Scala, a dire il vero, è stato anche presidente dell’Anci siciliana. Per lui, proprio nei giorni scorsi, ecco la notizia dell’iscrizione, da parte della Procura di Trapani nel registro degli indagati per l’ipotesi di reato di truffa. Scala, esponente del Pd, è indagato nell’ambito di un’inchiesta più ampia legata all’attività della società consortile Gal (Gruppo di azione locale), della quale fanno parte, tra gli altri, i Comuni di Alcamo e Castellammare del Golfo. Gli inquirenti sospettano che ci sia stata una distrazione di somme destinate all’agricoltura. Ma l’ex sindaco si difende “mai ricoperto incarichi formali nel consorzio”, e contrattacca: “Appare singolare ed inquietante che tale notizia venga illegalmente diffusa a due giorni dalla direzione regionale del mio partito che dovrà ratificare le liste dei candidati per il rinnovo del Parlamento Regionale, dove sono candidato”. Scala ha annunciato la presentazione di un esposto contro ignoti per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio.

E il reato di “abuso d’ufficio” è quello contestato all’ex sindaco di Castelvetrano Gianni Pompeo, che verrà inserito nella lista dell’Udc. La Procura di Trapani ha chiesto il rinvio a giudizio per una vicenda di affidamento diretto dei servizi di trasmissione delle sedute del Consiglio a una emittente locale. Ma Pompeo, che dovrà presentarsi proprio domani di fronte al Gip, è difeso con forza dall’ex capogruppo centrista all’Ars e neo sindaco di Marsala Giulia Adamo: “Non dobbiamo esagerare – ha detto – e pensare che basti una comunicazione giudiziaria per estromettere la gente dalla politica. Pompeo è stato sindaco di una città difficile come Castelvetrano. Quale sindaco non avrebbe rischiato di incorrere in un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio? Io stessa – ha aggiunto – sono stata indagata, rinviata a giudizio e poi assolta per una stupidaggine alcuni anni fa. Cosa avrei dovuto fare nel frattempo, scomparire dalla vita politica? Dobbiamo smetterla di usare queste notizie come arma impropria in campagna elettorale”. Ma i primi a ripetere il “mantra” delle “liste pulite”, da qualche mese a questa parte, sono proprio loro.


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