Mafia di Agrigento, 11 condanne| Assolto il "carceriere" di Di Matteo - Live Sicilia

Mafia di Agrigento, 11 condanne| Assolto il “carceriere” di Di Matteo

Undici condanne e due assoluzioni al processo Kamarat. Cade l'accusa di omicidio per Angelo Longo, accusato di avere tenuto prigioniero il piccolo Di Matteo, ucciso per punire la scelta del padre di diventare collaboratore di giustizia.

Michele Giovinco, uno dei legali di Longo

PALERMO – Alla sbarra c’era la mafia della provincia di Agrigento. Piovono condanne pesanti, ma niente ergastoli. Il carcere a vita era stato chiesto per Angelo Longo, considerato il nuovo capomafia di Cammarata. Secondo l’accusa, sarebbe stato anche uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo. Ed, invece, per l’imputato, assistito dagli avvocati Michele Giovinco e Maria Brucale, è arrivata una condanna a tredici anni per mafia. Niente fine pena mai. È stato scagionato anche da due ipotesi di estorsione ed trasferimento fraudolento di beni.

Queste le altre pene inflitte dal giudice per l’udienza preliminare di Palermo, Giuliano Castiglia: 10 anni ciascuno per Francesco Baiamonte, di Casteltermini, Salvatore Vitale Collura, di Castronovo di Sicilia, Salvatore Costanza, di San Giovanni Gemini, Giuseppe Di Piazza, di Casteltermini, Mariano Gentile, di San Giovanni Gemini, Emanuele Scavetto, di Casteltermini, Giuseppe Scozzaro, di Casteltermini, Giuseppe Chianetta, di Favara; Vincenzo Di Piazza, indicato come il capomafia di Casteltermini (18 anni in continuazione con vecchia condanna); Giuseppe Salvatore Vaccaro, (due anni, è un collaboratore di giustizia di Sant’Angelo Muxaro)

Quella di Longo era la posizione più delicata del dibattimento. Nel maggio scorso gli cadde addosso l’infamante accusa di avere fatto parte del gruppo di boss che tenne prigioniero il piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito, ucciso e infine sciolto nell’acido per punire il padre pentito. La sua fu lunga peregrinazione, da un capo all’altro delle province di Palermo, Agrigento e Trapani, prima che Giovanni Brusca lo giustiziasse. Fu il cugino Salvatore Longo inguaiarlo, sfogandosi davanti ai carabinieri che erano andati ad arrestarlo quattro anni fa. Parlava di un “mister Bean, che fa le cose e non se ne accorge nessuno. E alla fine questo sfogo è diventato uno dei punti di forza delle contestazioni contro Angelo Longo. Oggi l’assoluzione dall’omicidio.


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