Voglio essere una principessa - Live Sicilia

Voglio essere una principessa

Alle 12.40 di un qualsiasi giorno, una mamma per caso si mette in macchina con un ‘Piano’, appena più semplice dei piani di sviluppo quinquennale di comunista memoria.

UN PIANO SPECIALE
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3 min di lettura

Alle 12.40 di un qualsiasi giorno, una mamma per caso, per esempio io, si mette in macchina col seguente ‘Piano’, appena più semplice dei piani di sviluppo quinquennale di comunista memoria:

ore 13.15 prendere a scuola la figlia grande.
ore 13.30 mangiare un panino.
ore 14.30 prendere a scuola il figlio piccolo.
ore 15.00 lasciare a scuola calcio il figlio piccolo.
ore 16.30 lasciare la figlia grande a lezione di matematica.
ore 17.00 prendere il figlio piccolo dalla scuola calcio.
ore 17.30 prendere la figlia grande da matematica.
ora X tornare a casa in via definitiva.

Come si può osservare, la macchina è fondamentale per portare a compimento il ‘Piano’, specie se si abita nei quartieri rupestri, anche detti Addaura, dove molta è l’umidità sconosciuti i mezzi pubblici, svalutata la pianificazione.

Sennonché alla terza tappa, capita che la mamma-car non parta. Chiave, accensione, niente. Macchina morta. Telefono, morto anche lui. Per fortuna i figli sono dotati di telefono proprio, con grande display, potente chip, tecnologia wireless ultraveloce e fotocamera. Ma senza credito. Do dieci euro alla figlia grande (la velina) e la mando a fare la ricarica. Il figlio piccolo scalpita, già vestito da calciatore con tacchetti e bottiglietta di integratore color blu-puffo. La velina torna e telefoniamo, nell’ordine: al marito-per-caso, introvabile; a un’amica, al lavoro; a mio fratello, beccato! Lo attendiamo. Mi viene in mente che la scuola di mio figlio davanti alla quale mi trovo, con la salma della macchina, ha due uscite e non sono sicura che mio fratello, vissuto altrove per alcuni anni come da direttive Fornero-Cancellieri, abbia capito bene. Mando il figlio calciatore all’altra uscita. Si attende, passano i minuti, compromettendo la riuscita di tutto il ‘Piano’. Il calciatore torna ogni minuto, minuto e mezzo («ancora devo aspettare?», «quando viene?» «devo stare lì da solo?») in una escalation di sfiducia nelle capacità materne di tirarsi fuori dal guaio («sei sicura che viene?» «che cosa ti ha detto, precisamente?»). Lo rispedisco a piantonare l’uscita.

Finalmente il fratello arriva. Ci mettiamo in macchina. La nuova versione del ‘Piano’ è la seguente: lo lascerò a casa sua e mi terrò la macchina. Domani si penserà a rianimare la defunta. Ma intanto c’è da arrivarci a domani! Il calciatore sta seduto scomposto, non vuole mettere la cintura, contravvenendo alla strana abitudine presa dal fratello in latitudini nordiche. La velina si finge morta sperando di essere esentata da matematica.

Il fratello, forse contagiato da morbo teutonico, è severissimo, minaccia di fermarsi e non ripartire se il calciatore non si siede come si deve (se non chiude il finestrino, se non tiene giù i piedi, se, se, se) Fulmino il calciatore con lo sguardo più fulminante che ho: si siede. Arriviamo. Lascio il fratello, tengo i figli.

E, mentre me ne vado, già pronta a ricalcolare il ‘Piano’ integrando i minuti persi nel cambio di mezzo e nella deviazione, sento mio fratello:

“se ti ferma la polizia ………. (non sento il seguito)”.

Ora, vorrei dire: devo ancora fare mille cose, non ho la mia macchina, dovrò andare a recuperarla, chissà quando, cercare i cavetti, ricaricare la batteria, sto guidando avvolta in una nuvola di nicotina……

Se mi ferma la polizia……mi arrendo. Esco dalla macchina a braccia alzate. Voglio un alt-gioco. Basta col gioco della mamma-trottola! Ora facciamo che io ero una principessa in una carrozza trainata da cavalli bianchi e voi – mariti introvabili, amiche stakanoviste, figli impazienti, figlie allergiche allo studio, fratelli-educatori – eravate i cavalli bianchi!

Seguito.

Pochi minuti prima dell’ora X: apro il portabagagli per posare la spesa: pieno di sacchi della spazzatura! Che schifo! Deploro la sbadataggine del fratello e butto tutto («però! leggeri!») nel cassonetto più vicino, sbuffando abbondantemente.

Alcuni giorni dopo.

«Senti – dice il fratello – nel portabagagli c’era la plastica di quattro settimane da riciclare. Che ne hai fatto?»

«(panico)…..l’ho buttata».

«nella campana per la plastica, spero!»

«Ovvio. Nella campana della plastica. Che credi? Che a Palermo non la facciamo, la raccolta differenziata?».

Ma che favola è? Le principesse devono riciclare la plastica?


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