La lunga stagione delle bare (che ora bruciano) - Live Sicilia

La lunga stagione delle bare (che ora bruciano)

Ieri a Palermo alcuni uomini disperati della Gesip hanno bruciato una bara che qualche tempo fa era sfilata in corteo (nella foto). Un gesto che ricorda il passato e che fa pensare.

Il ritorno del passato
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3 min di lettura

PALERMO- Palermo torna a quel 1988 quando due bare vennero portate in corteo. Una protesta sconsiderata, allora programmata all’indomani della decisione del Comune di cambiare musica nella gestione dei grandi appalti comunali, appannaggio di poche e discusse imprese, monopolizzate per decenni dal gruppo imprenditoriale dei Cassina. Ora un altro gesto sconsiderato: una bara trasportata e poi bruciata platealmente.

In questi casi si chiede, senza avere risposta da chi l’ha pensato: a chi serve? Serve alla protesta di chi ha avuto promesse non mantenute (leggasi dipendenti Gesip)? Serve alla Città sottoposta a disagi reclamando appena, consapevole che salvare un solo posto di lavoro, oggi, è una conquista e una vittoria per tutti? Serve a Comune e Regione che stanno trattando con Roma per trovare un modo per salvare e poi per stabilizzare dei posti di lavoro? Non serve, indebolisce.

C’è stata anni fa una analoga vicenda di precariato, qualcuno la ricorderà: erano i precari del cosiddetto DL 24. Dopo una tremenda estate di sangue, quella del 1985 (vennero uccisi il commissario Montana, il presunto fiancheggiatore di quell’omicidio Marino, il capo della mobile Cassarà con l’agente Antiochia), la prima giunta comunale di Orlando chiese al Governo nazionale, allora presieduto da Craxi, un decreto legge (DL 24) che potesse intanto pagare e poi stabilizzare i lavoratori precari. I passaggi furono due: una copertura istituzionale ed economica per l’emergenza, un percorso politico per dare stabilità. Scelte dunque condivise, senza bare bruciate e senza una città nelle prime pagine dei giornali e dei telegiornali (come avvenne invece nel 1988), con un mandato forte dei dipendenti precari a chi li rappresentava (Comune e Regione) e una interlocuzione altrettanto forte che proprio grazie a quel mandato il Sindaco di Palermo e il Presidente della Regione ebbero con l’esecutivo nazionale.

Oggi, la lotta che mette a repentaglio l’ordine pubblico di Palermo (scontri che sfiorano appena la sensibilità chi deve decidere nei palazzi romani) serve solo a creare caos senza sbocchi. Nel 1988 le bare per le strade segnarono la capitolazione di chi aveva gestito fino a quel momento la protesta (su quei fatti pubblichiamo sotto il capitolo che la racconta de “Una rondine fa primavera” di Giancarlo Licata, edizione Novantacento), ma fatto più grave portarono al minimo nella considerazione politica nazionale e nell’opinione pubblica quella lotta sindacale che poteva avere dei motivi sacrosanti.

A chi giova? Non a Orlando e Crocetta che proprio ieri si sono incontrati per portare avanti una strategia comune nei confronti di chi (Monti-Fornero) deve capire, approvare e sganciare quei finanziamenti – in un paese in crisi – che permettano di sanare il presente e programmare il futuro. Non giova a Palermo che di bare ne ha viste troppe nella sua Storia recente e passata. Non giova nei confronti di chi ha finora subito senza protestare code infinite, strade bloccate, clima di guerra. Chi ha avuto la “pensata” ha capito che la violenza (fisica, verbale, di gesti, d’immagine) non ha mai pagato? Oggi, ribadiamo, abbiamo riportato la notizia che gli unici due protagonisti di questa vicenda, Orlando e Crocetta, si sono incontrati per cercare una strada (difficile) da percorrere avendo presente un obiettivo unico: salvare i precari della Gesip. Lo stesso dei precari della Gesip! L’atto sconsiderato e la bara in corteo hanno messo sulla scena un terzo protagonista: la violenza. Di sicuro non se ne sentiva la mancanza.

 


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