Il pm: "Rinvio a giudizio per tutti" | Mannino chiede il rito abbreviato - Live Sicilia

Il pm: “Rinvio a giudizio per tutti” | Mannino chiede il rito abbreviato

Calogero Mannino

E' coinvolto nel procedimento sulla trattiva Stato-Mafia e ha chiesto il rito abbreviato. Questa la decisione dell'ex ministro Calogero Mannino.

Trattativa
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PALERMO – Richiesta di rinvio a giudizio per tutti. Il pubblico ministero Nino Di Matteo presenta il conto agli undici imputati del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.  Capimafia, ufficiali del carabinieri e politici sotto accusa per avere contribuito al presunto e scellerato patto tra i boss e pezzi delle istituzioni durante la stagione delle Stragi.

Resta fuori solo il boss Bernardo Provenzano che, dopo i dubbi dei periti sulla sua capacità di partecipare coscientemente all’udienza, seguirà una sorte processuale separata. Per il resto il pm ha chiesto il processo per i padrini Totò Riina, Luca Bagarella, Nino Cinà e Giovanni Brusca, per gli ex vertici del Reparto operativo speciale dei carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, per il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero Mannino, tutti accusati di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Mannino, però, difeso dagli avvocati Gravia Volo, Nino Caleca e Carlo Federico Grosso ha scelto la strada dell’abbreviato. Sarà, quindi, giudicato separatamente segeundo un calendario di udienze che sarà stabilito dal giudice. Il processo è stato chiesto anche per Massimo Ciancimino che risponde pure di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e per l’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza.

L’atto finale della procura di Palermo giunge al termine della ricostruzione di quello che sarebbe accaduto negli anni delle stragi mafiose, quando pezzi dello Stato sarebbero scesi a patti con la mafia per fare fermare il sangue. La seconda puntata andata in scena nel bunker del carcere Pagliarelli parte dal ’93 quando entra in scena, al posto dell’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, Marcello Dell’Utri. Le bombe di Milano, Roma, Firenze, per i pm, servono a dare un’accelerazione alla trattativa già avviata nel ’92. E, secondo la Procura produssero qualche frutto: l’allentamento dei 41 bis, un segnale di disponibilità ad andare incontro ai desiderata di Cosa nostra. La trattativa in questa fase sarebbe arrivata a toccare i più alti vertici istituzionali, dice il pm Di Matteo. Vengono sostituiti – sostiene la procura – ministri ritenuti troppo intransigenti come Claudio Martelli e Vincenzo Scotti, ecco Nicola Mancino al Viminale e Giovanni Conso alla Giustizia.

E in questo mix mafioso-istituzionale boss e pezzi dello Stato agiscono “in nome di una male intesa e perciò mai dichiarata ragione di Stato”. Nel reato commesso dai padrini – la violenza a Corpo politico dello Stato perpetrata con le bombe – concorrerebbero, secondo i magistrati, l’allora capo della polizia Vincenzo Parisi, il vicedirettore del Dap Francesco Di Maggio (entrambi morti) che, “agendo entrambi in stretto rapporto operativo con l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul 41 bis”. Si arriva così al 1994 quando, secondo il quadro ricostruito dalla Procura, la ricerca di Cosa nostra arriva al punto e il patto si salda. Il destinatario dell’ultima minaccia é il neopremier Silvio Berlusconi. Si sfiora la strage con il fallito attentato all’Olimpico: messaggio intimidatorio chiaro che a Berlusconi sarebbe stato portato da Dell’Utri. Poi arriva la pace. Si completò, in tal modo – secondo i pm – il lungo iter di una travagliata trattativa che trovò finalmente il suo approdo nelle garanzie assicurate dal duo Dell’Utri-Berlusconi.  Peccato che per i suoi rapporti con la mafia dopo il ’92 Dell’Utri sia stato assolto con sentenza ormai definitiva, ribattono i legali del senatore, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico intervenuti dopo le parti civili.

 


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