Delitto Arcoria, chiesto ergastolo |Gli imputati incastrati da un'intercettazione - Live Sicilia

Delitto Arcoria, chiesto ergastolo |Gli imputati incastrati da un’intercettazione

La moglie di Carmelo Arcoria denunciò la scomparsa del marito il 13 dicembre del 2010: due giorni dopo la macchina dell'imprenditore adranita venne trovata totalmente bruciata con al suo interno un cadavere carbonizzato. Un'intercettazione inchioda i due indagati del delitto: Vincenzo Scafidi e Nunzio Lo Cicero sono arrestati nel 2011. Il processo si celebra davanti alla Corte d'Assise di Catania; l'accusa ha chiesto per i due il massimo della pena.

La mercedes bruciata

CATANIA – Nel 2010 l’omicidio dell’imprenditore agricolo Carmelo Arcoria lasciò sgomenta la comunità adranita per il metodo con cui fu ucciso. Freddato con alcuni colpi di pistola, di cui uno alla testa, e poi il suo corpo bruciato all’interno della sua auto. Per alimentare ancora di più le fiamme la Mercedes fu riempita di pneumatici e materiale plastico.   Per il delitto il 19  maggio dello 2011 la squadra mobile e gli agenti del commissariato di Adrano arrestarono Vincenzo Scafidi e Nunzio Lo Cicero su esecuzione di un’ordine di carcerazione emesso dal Gip di Catania. I due furono inchiodati da un’intercettazione ambientale dove Scafidi raccontava i dettagli dell’omicidio.

Ieri si è svolta l’udienza davanti alla Corte d’Assise di Catania presieduta da Luigi Russo  nel corso della quale l’accusa, rappresentata dai due sostituti procuratore Pasquale Pacifico e Laura Garufi, ha interrogato i due imputati e presentato le richieste di pena.  Vincenzo Scafidi, dichiarandosi innocente, ha detto ai pm che nella conversazione registrata ha parlato dei dettagli dell’omidicio perchè li aveva appresi da altre persone, ed in particolare dal padre di Arcoria. Per i due è stato chiesto il massimo della pena: l’ergastolo con un anno di isolamento. Le accuse sono di omicidio premeditato aggravato da futili motivi, distruzione di cadavere, porto e detenzione abusiva di arma. Per il 22 febbraio è stata fissata l’udienza per l’arringa della difesa e della parte civile, mentre il 26 quella sulla sentenza. Nel processo si sono costituiti parte civile i familiari della vittima, tra cui la madre e la moglie.

Parte posteriore della Mercedes carbonizzata

L’inchiesta – Il corpo del 45enne completamente carbonizzato fu ritrovato il 15 dicembere 2010 all’interno della mercedes in una piccola strada sterrata sulla statale 94 Adrano-Bronte, in direzione dello svincolo per il Ponte dei Saraceni. Arcoria era scomparso da due giorni: la moglie aveva infatti presentato una denuncia ed erano state avviate le ricerche. Dal ritrovamento della macchina è scattata una indagine coordinata dalla procura di Catania e condotta dalla polizia che ha cercato di capire gli ultimi movimenti dell’imprenditore. Interrogatori e controlli incrociati dei tabulati telefonici permettono di identificare un nome: Vincenzo Scafidi, 43 anni, uomo con cui Arcoria aveva avuto rapporti lavorativi legati alla sua attività nel settore agricolo. Inoltre, si scopre che l’imprenditore aveva una situazione finanziaria gravata da molti debiti, e secondo alcune testimonianze Scafidi doveva a Arcoria la somma di 5 mila euro.  Indizi e sospetti che però non trovano fondamento da un apparato probatorio schiacciante, ma grazie a un’intercettazione ambientale, attivata dalla Dda nell’ambito di un’altra indagine antimafia, arriva la svolta. In una conversazione registrata dagli investigatori Vincenzo Scafidi parla con suo cognato Giuseppe Santangelo del delitto, raccontando con dovizia di particolari le modalità dell’uccisione. Scafidi si vanta del piano e indica il suo complice, Nunzio, che poi sarà identificato in Nunzio Lo Cicero.

Macchina dove fu ritrovato il corpo carbonizzato

Il movente, secondo gli investigatori, è la restituzione del denaro: 5 mila euro che l’imprenditore adranita rivoleva urgentemente indietro. Dai controlli dei tabulati telefonici risultano svariate chiamate tra Arcoria e Scafidi i giorni prima della scomparsa e l’ulmino numero composto è proprio quello dell’imputato. Da giorni, dunque, Carmelo Arcoria tampinava Scafidi per avere indietro i soldi, denaro necessario a saldare i debiti. Questo, secondo la magistatura, sarebbe stato il motivo scatenante del piano criminale. L’arma del delitto, si ipotizza una calibro 38, non è stata mai ritrovata.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI