De Gennaro: "Il papello? | Non ne ho sentito parlare" - Live Sicilia

De Gennaro: “Il papello? | Non ne ho sentito parlare”

Gianni De Gennaro

L'ex capo della Dia sentito come testimone al processo Stato-mafia. Il prefetto ha anche parlato dei ritardi nella perquisizione del covo di Riina: "Io l'avrei fatta subito. L'omicidio Lima e la strage di Capaci? Furono una reazione al maxiprocesso".

Trattativa Stato-mafia
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ROMA – “Nel 92-93 non ho sentito parlare del cosiddetto ‘papello'” con le richieste della mafia di attenuazione dell’attività di contrasto da parte dello Stato. Lo ha detto il prefetto Gianni De Gennaro, a quell’epoca ai vertici della Dia, sentito come teste all’udienza preliminare del processo sulla trattativa. De Gennaro, rispondendo ad una domanda da parte della difesa di Mancino, ha anche aggiunto di non aver “mai parlato, né lui me ne ha parlato, con l’allora ministro dell’Interno di attenuazione del carcere duro per i mafiosi”.

“La perquisizione a casa di Riina? L’avrei fatta subito”, ha affermato De Gennaro aggiungendo però come “con riferimento al metodo investigativo non ho mai avuto contrapposizioni con il generale Mori” e “con Contrada non c’era una contrapposizione sul piano personale”. Il riferimento al verbale del sociologo Pino Arlacchi, che ha parlato di contrasti con Mori e Contrada, De Gennaro ha detto: “Sono valutazioni di Arlacchi e non cose di cui io gli ho parlato”.

De Gennaro ha poi parlato dell’assassinio dell’eurodeputato Salvo Lima: “So che fu inquadrato come reazione mafiosa al maxiprocesso”, ha detto De Gennaro, all’epoca dei fatti ai vertici della Dia. Il Prefetto ha ricordato un appunto che uscì dopo Capaci che inserisce” entrambe le circostanze in un’unica strategia di attacco mafioso in una logica di reazione della criminalità mafiosa alle condanne definitive del maxiprocesso”.

Alla domanda del gup Piergiorgio Morosini, che gli chiedeva se avesse sentito parlare, a ridosso di Capaci, della possibilità di un attentato all’ex ministro democristiano Calogero Mannino, De Gennaro ha risposto in questi termini: “Ho un ricordo sbiadito” sui nomi di personalità politiche per cui si fosse determinato un particolare allarme negli anni delle stragi di mafia. La domanda è riferibile alla tesi dell’accusa secondo cui Mannino si sarebbe attivato per la trattativa temendo di essere ucciso dalla mafia. Poi De Gennaro ha ricordato che “molte riunioni del Comitato nazionale per la sicurezza erano incentrate sulle misure di protezione. Si parlò di un codice di comportamento per coloro che si riteneva fossero esposti al rischio”. Ma il prefetto ha anche detto di “non avere ricordi specifici di nomi di politici. E’ verosimile si trattasse di rappresentanti delle istituzioni”.

Rispondendo ad altre domande di Morosini, De Gennaro ha più volte specificato di non essere a conoscenza dei rapporti tra il Ros e Vito Ciancimino e di non avere mai fatto indagini su di lui prima del ’92. De Gennaro ha quindi ricordato che Giovanni Falcone gli parlò delle indagini su Ciancimino e che la circostanza emerse nell’interrogatorio di Buscetta. Ma alla domanda specifica del giudice De Gennaro ha risposto di non ricordare come Falcone inquadrasse la figura di Ciancimino. Rispondendo poi al pubblico ministero Nino Di Matteo De Gennaro ha aggiunto di avere ricevuto notizie della collaborazione di Vito Ciancimino con l’attività giudiziaria “quando questa attività andava concretizzandosi”. Nel corso della deposizione il prefetto ha più volte sottolineato la difficoltà della Dia nei primi anni della sua istituzione ad uno scambio ufficiale di informazioni con le altre strutture.


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