Vittorio Emanuele, ematologo |condannato per violenza sessuale - Live Sicilia

Vittorio Emanuele, ematologo |condannato per violenza sessuale

Alfio La Ferla, ematologo di uno dei più importanti ospedali catanesi, è stato condannato a sei anni di carcere con l'accusa di violenza sessuale. Avrebbe eseguito particolari ispezioni vaginali e rettali a giovani donne durante i controlli medici. A segnalare il caso alla procura la stessa Azienda sanitaria.

Alfio La Ferla

CATANIA – Una triste pagina della sanità catanese. Un medico che approffita del suo ruolo per trarre un piacere sessuale: Alfio La Ferla, ematologo dell’Ospedale VIttorio Emanuele, avrebbe eseguito esplorazioni vaginali e rettali a giovani e avvenenti ragazze durante i controlli medici.

Con questa accusa la procura di Catania, un paio d’anni fa, aveva chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per lo specialista. Oggi pomeriggio è arrivata la sentenza della sezione penale del tribunale di Catania: sei anni di reclusione per violenza sessuale e il pagamento di un risarcimento danni di 10 mila euro a ciascuno delle quattro parti civili che si sono costituite: tra queste anche l’Azienda ospedaliera. L’accusa rappresentata dal procuratore aggiunto Marisa Scavo e il sostituto Antonella Barrera aveva chiesto la condanna a otto anni.

“L’inchiesta – racconta Marisa Scavo a LiveSiciliaCatania – era stata avviata dopo una segnalazione da parte dei vertici dell’Ospedale Vittorio Emanuele che aveva ricevuto diverse lamentele da alcune pazienti malate di celiachia che erano stato visitate da La Ferla. I manager avevano disposto anche un’indagine interna – continua il procuratore – per accertare la veridicità delle dichiarazioni”.

Una volta aperta l’inchiesta il magistrato ha iniziato a parlare con le varie pazienti che avevano manifestato questo “particolare” comportamento. “Ho potuto appurare – racconta Marisa Scavo – che si trattava di donne tutte giovani e particolarmente belle e si rivolgevano all’ematologo in quanto affette da celiachia. La visita si svolgeva secondo un preciso modus operandi: le pazienti erano accompagnate nell’ambulatorio, La Ferla invitava i familiari a lasciarli da soli e una volta chiusa la porta iniziava la visita, che prevedeva, appunto – aggiunge il magistrato – le esplorazione molto accurate nelle parti intime”. Come motivava questi particolari controlli? “Diceva alle pazienti che doveva controllare se sentivano dolore in queste parti del corpo”. E la risposta di Marisa Scavo.

A quel punto l’indagine si è allargata e il magistrato ha voluto sentire anche gli uomini e gli anziani che erano visitati dall’ematologo per accertare se erano accertamenti di prassi: nessuno di questi, però, aveva ricevuto da La Ferla controlli medici così “approfonditi”. Da questa l’ipotesi che la particolare procedura era riservata solo a una certa tipologia di paziente.

“Ci tengo a precisare – evidenzia il procuratore aggiunto – che questa condanna arriva grazie alla segnalazione della stessa Azienda Ospedaliera che si è costituita parte civile nel procedimento. A dimostrazione – aggiunge Marisa Scavo – che gli stessi manager hanno voluto con forza fare giustizia e tutelare le pazienti coinvolte”.


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