Mafia e gioco clandestino| Assolto Giovanni Pecoraro - Live Sicilia

Mafia e gioco clandestino| Assolto Giovanni Pecoraro

Giovanni Pecoraro

L'ex responsabile del settore giovanile del Palermo calcio e procuratore sportivo, Giovanni Pecoraro, è stato assolto con formula piena dall'accusa di intestazione fittizia e riciclaggio. Condanne a due anni e due mesi per Giuseppe e Antonino Provenzano, Salvatore D'Anna, Guido Spina e Stefano Biondo. Rispondevano di gioco clandestino aggravato dall'avere agevolato Cosa nostra.

L'EX PROCURATORE SPORTIVO
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PALERMO – Rispondevano tutti di gioco clandestino, aggravato dall’aver favorito la mafia. Tutti tranne Giovanni Pecoraro. L’ex responsabile del settore giovanile del Palermo calcio e procuratore sportivo e’ stato assolto con formula piena dall’accusa di intestazione fittizia e riciclaggio. Per lui, difeso dal l’avvocato Giovanni Castronovo, la Procura aveva chiesto una condanna a tre anni.

Giuseppe e Antonino Provenzano, Salvatore D’Anna, Guido Spina e Stefano Biondo sono stati condannati a due anni e due mesi ciascuno di carcere. Assolti Domenico Alagna, Vito Nicolosi e Aurelio Puccio. Erano difesi dagli avvocati Michele Giovinco, Raffaele Bonsignore e Dario Pipitone. La sentenza è del giudice per l’udienza preliminare Gioacchino Scaduto.

L’inchiesta era partita dai file trovati nel computer di Pippo Provenzano, titolare di un negozio di ferramenta. Durante una perquisizione a casa sua, i finanzieri trovarono la prova che la mafia gestirebbe le scommesse clandestine sulle partite di calcio e sul lotto clandestino. Appunti, file, pen drive, pc: la contabilita delle scommesse fini’ agli investigatori della Polizia Valutaria coordinati dal tenente colonnello Pietro Vinco. Un giro d’affari di tremila euro al giorno, gestito da una rete di fedelissimi.

I guai giudiziari per Giovanni Pecoraro, invece, ruotavano attorno alla Gia.Spe. Ufficialmente l’impresa edile con sede in viale Margherita di Savoia, a Palermo, era di proprietà dell’ex dirigente del Palermo calcio e del cognato Giampiero Specchiarello. In realtà, secondo i finanzieri della Valutaria, i due avevano come socio occulto Guido Spina, già condannato per traffico di droga, fabbricazione di documenti falsi ed evasione. Ma è soprattutto con la cocaina che Spina avrebbe accumulato ricchezze e il suo denaro sarebbe servito a finanziare la Gia.Spe.

Accuse a cui si aggiunsero le ricostruzioni dei collaboratori di giustizia che non hanno retto al vaglio dei giudici. Marcello Trapani, ex legale dei boss Lo Piccolo e oggi pentito, che con Pecoraro condivideva la passione per il calcio, ha sostenuto che Spina avrebbe investito 150 mila euro nella società. Erano sorti pure dei contrasti con Giampiero Specchiarello (cognato di Pecoraro e processato in un altro giudizio) e Spina voleva restituito il capitale.

Così ha raccontato l’episodio Trapani: “Specchiarello si è rivolto a Giovanni Pecoraro, perché in realtà gli hanno posto un’imboscata, questo Spina, allo Zen con la scusa di parlargli, con la scusa… lui riteneva che la ragione di questa imboscata fosse che questo Spina, a sua volta, era inserito in un lavoro che stava facendo a Cruillas insieme a Specchiarello e un altro soggetto che non ricordo e che questo Spina, siccome questi lavori si prolungavano, e che sono tuttora, ci sono questi lavori di appartamenti, gli aveva dato 120 -150.000 euro e li voleva indietro…. cosa mi raccontò Giovanni Pecoraro? Non sapendo dove andare, andò da Giuseppe Serio a dire: Ma tu lo conosci questo Spina Guido? Ma ti sembra una cosa normale che prende a legnate mio cognato che prende degli impegni?”.

Un altro collaboratore, Salvatore Giordano, non ebbe dubbi a rispondere alla domanda dei pubblici ministeri: Specchiarello e Pecoraro sapevano che i soldi di Spina provenivano da traffici illeciti? Risposta: “Come no. Ma che fa scherzi”. Il 26 aprile 2008 Pecoraro è in macchina con Trapani. L’avvocato riceve una chiamata da Giordano che, a sua volta, passa il telefono a “mio cugino…Bene!… Mio cugino Guido, un minuto…”. Guido: “Mio genero mi dice che tuo… che tuo cognato non gli vuole allestire il lavoro là, non gli vuole mettere né le porte e né cose… e poi gli ha detto la signora…”. Pecoraro: “Scusami guido… per telefono, scusa… io sono fuori, però per telefono non mi và di parlare di queste cose…”. Guido: “No, vabbè di lavoro stiamo parlando… no, io volevo parlare… volevo parlare con te, prima che vada a cercarlo volevo parlare con te io, giusto?”. Il Guido della conversazione sarebbe Guido Spina e si tratterebbe della conferma degli affari in corso. Da qui l’arresto di Pecoraro avvenuto nel maggio del 2012 dopo che l’ex dirigente rosanero era uscito a fatica da un’inchiesta per concorso eterno in associazione mafioso.

Indenne e con formula piena adesso esce pulito anche dal processo in chi era imputato di intestazione fittizia e riciclaggio.


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