La scomparsa di Salvatore e Mariano | "Forse hanno visto Provenzano" - Live Sicilia

La scomparsa di Salvatore e Mariano | “Forse hanno visto Provenzano”

Il mistero si infittisce. Un pentito racconta che in alcune ville di Casteldaccia, all'inizio degli anni Novanta, si svolgevano summit alla presenza di Bernardo Provenzano. Sono le stesse ville davanti a cui sono stati visti per l'ultima volta Salvatore Colletta e Mariano Farina, i due ragazzini scomparsi ventuno anni fa.

PALERMO – Il mistero si infittisce. Un pentito racconta che in alcune ville di Casteldaccia abitate dai mafiosi, all’inizio degli anni Novanta, si svolgevano summit alla presenza di Bernardo Provenzano.

Sono le stesse ville davanti a cui sono stati visti per l’ultima volta Salvatore Colletta e Mariano Farina, i due ragazzini di 12 e 15 anni, scomparsi ventuno anni fa nel paese in provincia di Palermo. E dunque prenderebbe corpo la pista della punizione per avere visto qualcosa che non avrebbero dovuto vedere.

Il verbale del collaboratore di giustizia – trapela solo che si tratta di un palermitano, ma il suo nome resta top secret – è agli atti dell’inchiesta riaperta nel 2011 su istanza dei familiari di Colletta, assistiti dall’avvocato Marco Lo Giudice. Non contiene circostanze precise, ma si parla di una voce che circolava con insistenza negli ambienti di Cosa nostra. Nelle ville sul lungomare di Casteldaccia, abitate da boss del calibro di Masino Spadaro, Michele Greco e Filippo Marchese, Bernardo Provenzano radunava i capimafia per stabilire le strategie della mafia. L’incarico delle convocazioni era affidato al suo braccio destro, Ciccio Pastoia, boss di Belmonte Mezzagno morto suicida in carcere. Casteldaccia si trova nel cuore della provincia palermitana che per due decenni ha protetto la latitanza del padrino corleonese.

Le indicazioni del pentito sono le uniche raccolte dai magistrati sulla scomparsa dei due ragazzini. Un silenzio che potrebbe non essere casuale visto che tra le regole di Cosa nostra vigeva quella di non fare del male ai bambini. E dunque un delitto così efferato, se davvero sia stato commesso, doveva essere tenuto nel più stretto riserbo. D’altra parte fu la stessa mafia a dimostrare che le regole dell’organizzazione potevano essere infrante. La terribile vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo ne è la triste conferma. E su questo fronte che le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, coordinate dai pubblici ministeri Marzia Sabella e Francesca Mazzocco, si stanno concentrando. Molto di più di quanto non sia accaduto per la testimonianza di una donna. L’ex moglie di un personaggio contiguo alla mafia bagherese tre mesi fa ha raccontato che il marito, nel 1992, ricevette una misteriosa telefonata notturna. Era stato incaricato di seppellire due corpi. Ha indicato pure il punto dove sarebbero stati seppelliti. Lungo il muro di cinta di una strada a Bagheria i carabinieri hanno trovato un’intercapedine. Gli esperti del Ris hanno prelevato alcuni campioni di terriccio. L’sito delle analisi deve ancora arrivare. La donna ha raccontato altre circostanze, non legate alla scomparsa dei ragazzini, sulle quale sono ancora in corso le verifiche.

Nel frattempo si continua a cercare tracce nelle ville della costa di Casteldaccia. Non è facile, visto i ventuno anni trascorsi. La famiglia Farina, dopo la scomparsa del figlio, ha fatto le valigie per andare a vivere negli Stati Uniti. I Colletta sono rimasti a Casteldaccia. In casa loro la morte del figlio è un’ipotesi che nessuno vuole prendere in considerazione. Un atteggiamento comprensibile anche perché alimentato da una lunga scia di episodi. In questi anni più persone hanno detto di avere visto i due ragazzini. Sono arrivate decine di segnalazioni, la maggior parte anonime, che legavano la scomparsa al mondo dei nomadi. Sono spuntati sedicenti conoscitori della verità che hanno portato la famiglia Colletta fino a Bologna per riabbracciare il figlio. È stata un’illusione come quella volta che un rabdomante raccontò di avere scoperto, nelle campagne alle spalle del cimitero Altavilla Milicia, non sorgenti d’acqua ma tracce di presenza umana.


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