Per Crocetta è tempo di bilanci - Live Sicilia

Per Crocetta è tempo di bilanci

I documenti contabili non sono ancora giunti all'Ars. E ormai mancano pochi giorni alla scadenza dell'esercizio provvisorio. Tra vittorie mediaticamente importanti, demolizioni, rotazioni e riforme "da riformare", ecco perché, a sei mesi dall'insediamento del governo "della rivoluzione", anche quest'anno l'approvazione del bilancio è una corsa contro il tempo.

PALERMO – “Spero di non dover ricorrere all’esercizio provvisorio”. La sbornia elettorale era ancora troppo fresca. Era metà novembre, e Rosario Crocetta manifestava la volontà di approvare il bilancio entro l’anno solare. Un’utopia, ovviamente. Poi, la sbornia passò. Ma non l’ottimismo. Persino nei giorni successivi all’approvazione dell’esercizio “in dodicesimi”. Allora, erano le ultime ore del 2012, il governo scelse di prendersi tutto il tempo che serviva: quattro mesi. Di più, non si può. Ma anche in quel caso, il presidente della Regione si diceva fiducioso: non era mica così certo che sarebbero serviti tutti i 120 giorni.

E invece, sono serviti. E rischiano persino di non bastare. Perché il bilancio ancora non è approdato all’Ars. E il tempo scorre. Mancano quindici giorni. E l’ansia è simile a quella che ha accompagnato l’approvazione dell’ultimo bilancio. Quello firmato Lombardo-Armao.

L’ottimismo, insomma, è svanito per forza. Resta, forse, la convinzione che quel bilancio, una volta giunto in Aula possa trovare un ampio consenso. Ma sarà così? Le scelte necessarie e impopolari dell’esecutivo, e le fibrillazioni di una maggioranza che comincia a lanciare avvertimenti chiari al governo, rendono i documenti contabili della Regione tutto fuorché “blindati”. E del resto, pochi giorni fa, una “prova generale” è stata recitata in Commissione Sanità da dove è saltato fuori un “no” all’unanimità a uno degli interventi previsti dall’assessore Bianchi in Finanziaria: il ticket sanitario. No. All’unanimità. No. Il bilancio non sarà una passeggiata.

Sarà una corsa ad ostacoli, invece. Sia per il pochissimo tempo rimasto, sia per le probabili imboscate che potranno essere il frutto di un testo, probabilmente, non troppo condiviso. Già. Manca il tempo, e l’armonia. Il clima è assai diverso da quel novembre in cui il governatore diceva “spero di non dover ricorrere all’esercizio provvisorio”. Oggi, Crocetta, semmai, può nutrire il timore di trascinare l’esercizio provvisorio fino alla fine. Agli sgoccioli. A quel 30 aprile che non ammette “minuti di recupero”.

Ma il fatto stesso di essere giunti al limite, a pochi passi dal limite, fa storcere il naso a molti. Persino a esponenti della maggioranza, come il presidente dell’Ars Ardizzone, che ha sottolineato “l’urgenza” di far giungere alle Commissioni competenti il ddl del bilancio. Lo stesso Ardizzone, del resto, in occasione del suo insediamento aveva promesso, tra le altre cose, “che nessun bilancio verrà approvato all’ultimo momento, in estenuanti sedute che si concludono nel cuore della notte”. Ma il pericolo che invece la storia si ripeta, è presente. E sottolineato ovviamente dall’opposizione, che agita anche stavolta lo spettro del “Commissariamento”, e provocatoriamente chiede che le Commissioni legislative non lavorino fino all’arrivo dei documenti contabili. Insomma, il caos. Che non aiuta certamente, complice la fretta. Una fretta, però, – e forse è questo il punto – dovuta a cosa? Perché il governo “si è ridotto” a questo punto? Perché, probabilmente, l’Aula si troverà a discutere un bilancio delicato e importantissimo nell’ultima settimana utile?

Uno dei motivi, suona come una beffa. L’esercizio provvisorio, nelle intenzioni del governo regionale, avrebbe consentito di “prendere tempo” nell’attesa che si chiarisse la situazione politica nazionale. “Ancora non sappiamo con quale governo dovremo dialogare”, dicevano mesi addietro il governatore e gli assessori. Ecco, il tempo è passato. Ma – e non certo per colpa di Crocetta & C – il governo nazionale è sempre lo stesso. Si dialoga con quello. E visto come sono andate le cose, forse si poteva fare prima. Ma in quei mesi in cui il governo regionale attendeva il nuovo identikit di quello nazionale, la Regione si è “impegnata” in imprese dall’indubbio valore mediatico, ma probabilmente non così incisive dal punto di vista “pratico”. Insomma, il governatore, in questi sei mesi (tanti ne sono passati da quella frase: “spero di non ricorrere all’esercizio provvisorio”) ha incassato vittorie dal peso relativo. Ma nel frattempo ha demolito, revocato, denunciato. Dimenticando, forse, in molti casi, di rilanciare, di “creare”. Insomma, per usare una metafora “retorico-oratoria”, alla pars destruens non è seguita alcuna pars costruens. E la prova ne è il quadro quotidiano di Piazza Indipendenza. Ogni giorno, decine di precari attendono risposte. Precari non certamente creati da Crocetta. E il cui destino non è certo imputabile a questo governo. Ma che, proprio a causa probabilmente degli annunci e del clamore delle scelte di un governatore rivoluzionario, si attendevano qualcosa di più. Un nuovo miracolo siciliano.

 E invece… Il governo ha speso questi mesi a denunciare – tutto sacrosanto, per carità – le inefficienze e le illegalità del Consorzio autostrade. Ha ruotato vorticosamente dirigenti e funzionari di ogni assessorato (bandendo alcuni dei cosiddetti “esterni”, ma tenendone altri, per nulla distanti dalle esperienze dei governi passati). E provocando, in molti casi, lo “stallo” di urgenti attività. Ha, poi, revocato gli appalti nei siti culturali, ha sventolato qualche nome grosso, non solo in giunta, buono per le prime pagine (a proposito: che fine ha fatto Tano Grasso?). Si è ricreduto, poi, su alcuni di questi nomi, prendendo atto dell’immobilismo – dopo cinque, colpevoli mesi – degli assessorati da loro diretti. Ha trovato il modo di puntare l’indice contro Riscossione Sicilia, gli enti di Formazione (ma i lavoratori non hanno ancora capito in che modo “verranno garantiti”), una serie di imprese dalle informative antimafia “atipiche”, i giornalisti dell’Ufficio stampa e persino gli uccelli di Palazzo d’Orleans.

 Il presidente si è poi cimentato nelle elezioni politiche, col Megafono in mano, ha “acquisito” nuove stampelle o singoli puntelli per la sua maggioranza. Restituendo la cortesia a qualcuno di questi (inutile girarci attorno) con prestigiose cariche (è il caso dell’ex Grande Sud Titti Bufardeci al Cga).

 E ancora. Le più grandi vittorie, quelle conquistate all’Ars. La mozione no-Muos votata all’unanimità, ma che ha impegnato poi il governo in una sorta di mini guerra-fredda, utile a tenere buoni i grillini, che in compenso avevano già dato fuoco al Dpef (meglio non pensare a cosa possa succedere col bilancio…). Poi, le due “riforme epocali”. Riforme da riformare in un secondo momento, a dire il vero. Quella dell’abolizione delle Province e la “doppia preferenza di genere”. Leggi che si limitano, al momento, a enunciare un principio. Via le Province, spazio alle donne. Ma tutto il resto è da vedere in un secondo momento. E “tutto il resto” fornirà le risposte alla domanda essenziale: queste riforme sono davvero utili? E positive?

Utili, in un certo senso, lo sono. Certamente dal punto di vista mediatico. Per la Sicilia, certo, “prima Regione ad abolire le odiose Province”. Ma per l’immagine del governatore, soprattutto. Governatore che può appiccicare qui e là l’adesivo della rivoluzione. Ma adesso, è il momento dei numeri. È tempo di bilanci, oltre che di bilancio. Giorni caldissimi, insieme a quelli che seguiranno. Giorni che serviranno a sgombrare un dubbio, un timore. Quello di aver assistito, in questi mesi, a un’originale e sorprendente “sigla di testa”. Alla quale rischia di seguire il solito, vecchio film.


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