L'amuleto rosanero - Live Sicilia

L’amuleto rosanero

Giuseppe Sannino ha già fatto il miracolo. Ha convinto i brocchi. Ha coccolato i pochi fuoriclasse quali Ilicic e Miccoli. Ha rianimato un'accozzaglia di vorrei ma non posso, ridandole sangue e identità.

L'elogio di Sannino
di
3 min di lettura

PALERMO- Stamattina allo stadio. “Me la compri la collanina?”. “Perché?”. “Così il Palermo vince, avà!”. Avrei mai potuto sottrarmi e casomai sentirmi in colpa per una nuova sventura propiziata dalla mia avarizia? Accidenti che rimorso. Perciò, ecco due euro per perfezionare l’acquisto. Solo che – si nota dopo, a venditore svanito – è una collanina rosanero per i sette nani. Troppo grande come braccialetto, eccessivamente minuta per un collo montato su centodieci chili. Allora lo stratagemma: l’ho usata come amuleto, stretta intorno alle dita per tutta la durata di Palermo-Inter. Non so se sia servita a qualcosa. So che a Palermo c’è un uomo indispensabile: Giuseppe Sannino, il vero amuleto rosanero di cui ci apprestiamo a scrivere l’elogio, tenendo presente un dato. Nel mondo sporco e bellissimo del pallone contano i punti. Epici fetenti sono stati scambiati per grandi santoni, con licenza di moraleggiare, perché appunto hanno vinto, maramaldeggiando. A Palermo siamo un po’ diversi, forse fessi. Vorremmo vincere. Se non ci riusciamo, pazienza. Siamo in grado lo stesso di amare, soprattutto coloro che non ci prendono a calci in faccia e che infondono passione ai superstiti di una città agra e disperata.

Sannino Giuseppe, detto “Ciabattino” nelle sue contrade è una persona perbene e normale, non un montato dal luccichio presuntuoso. Ha lavorato, come tutti, sul serio alla Asl, dopo il tramonto di una oscura carriera pedatoria. Non vogliamo annoiare il lettore col misticismo del sudore sulla fronte. Tuttavia, quando scorgiamo “Ciabattino” danzare sul campo con rabbia e con amore, ci rispecchiamo in lui. Perché noi saremmo, a ruoli invertiti, proprio come lui, bambini imprendibili sulla panchina di un prato, dove puoi guardare gli altri correre e giocare, senza il dono della partecipazione. Gusta e non toccare.

Tecnicamente, il mister di Ottaviano ha rivoltato l’organismo rosa in necrosi come un calzino. Oggi si è visto un Palermo strabiliante per i suoi livelli, buono per giocare a calcio, al cospetto di un Inter esangue, stramaccionata, priva di tutto, sempre capace di farti male con un guizzo di Alvarez o uno spunto di Rocchi. La condotta di gara è stata impeccabile. Rios dai sette polmoni si è sfiatato, non disdegnando la qualità e risultando il migliore. Barreto ha i piedi di cemento ma quando non c’è si nota e sono guai. Ilicic ha riaperto le sue ali da campione, gol a parte. Garcia è stato il solito monumento di abnegazione, con un barlume di lucidità tattica finora sconosciuto. I soldatini di Beppe hanno messo l’anima sull’erba e l’hanno martellata con gli scarpini, fino a sputare sangue, fino a inchiodare sul tabellone una vittoria meritata che, finalmente, dopo tanti mesi di sofferenza, profuma di serie A.

Il capolavoro vero Ciabattino l’ha realizzato nella testa e nel cuore. Ha convinto i brocchi. Ha coccolato i pochi fuoriclasse quali Ilicic e Miccoli. Ha rianimato un’accozzaglia di vorrei ma non posso, ridandole sangue e identità. Con Miccoli il discorso merita un approfondimento. Nonostante appartenga pure lui alla schiera dei mai cresciuti se dal cielo cade un pallone sulla terra, Beppe Sannino si è vestito di autorevole dolcezza per fare da padre a Miccoli che possiede la felicità informe e indomabile di un bimbo al “Malvagno”. Il Capitano talvolta sprizza lampi di classe che un grande portiere come Handanovic, in questa domenica memorabile, ha saputo irretire con balzi inumani. Oppure, Miccolinho si accuccia lieve sulla partita e guarda: noi, veramente, non ci rinunceremmo mai. Pure zoppicando, Fabrizio è l’orgoglio del Palermo.

In questa domenica memorabile per una salvezza virtuale che gonfia il petto di uno strano miscuglio tra gioia e rimpianti, nemmeno un arbitraggio indecente nelle forme pacchiane e stizzite di un fischietto conducator ha fermato la banda di Beppe. E noi diciamo insieme: grazie. Chissà come finirà. Non lo sappiamo ancora. Però sappiamo che tu, Giuseppe da Ottaviano, che si vinca o si perda, resterai a lungo nel lato più caldo, nell’angolo più palermitano del nostro cuore.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI