Cgil, parte la campagna| “Io riattivo il lavoro” - Live Sicilia

Cgil, parte la campagna| “Io riattivo il lavoro”

La raccolta firme ha come obiettivo la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare per l’emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alle mafie. Domani la Cgil in conferenza stampa davanti ai cancelli della Riela a Belpasso. In contemporanea, un banchetto per raccogliere le firme sarà allestito a Catania in corso Sicilia dalle 9.30 alle 13.

L'iniziativa
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CATANIA – Parte la raccolta firme per la petizione di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”. Il binomio legalità/lavoro può e deve essere un volano di sviluppo. Ne sono convinti i promotori della raccolta firme per la petizione “Io riattivo il lavoro”. Pina Palella, responsabile delle politiche per la legalità della Cgil di Catania, ne parla ai microfoni di LiveSiciliaCatania. “L’iniziativa nasce dalla necessità di rendere i beni confiscati alla mafia veramente produttivi”. Infatti “la normativa attuale, che pure c’è ed è molto importante, ha delle lacune, soprattutto rispetto a chi lavora nel bene confiscato e la valorizzazione del bene in termini economici e di mercato”. “Penso – prosegue la sindacalista- ai lavoratori che si trovano dentro un’azienda confiscata per mafia. Se l’azienda per motivi di debiti è dichiarata inefficiente dal punto di vista economico e produttivo viene messa in liquidazione dall’agenzia nazionale”.

“Però, l’agenzia, che oggi si occupa dei beni confiscati e sequestrati, fa più un’azione da ente liquidatorio ma non garantisce la produttività del bene”. La Cgil invece crede che la strada da seguire sia un’altra. “Noi chiediamo che venga data la possibilità ai lavoratori, attraverso un fondo di rotazione, di coprire eventuali debiti delle aziende e un fondo di rotazione per pagare gli stipendi del personale”. “Così facendo, – prosegua la sindacalista- cioè pagando i debiti, si dà all’azienda la possibilità di ripartire. I debiti, però, devono essere reali”. “Spesso, invece, l’azienda confiscata ha debiti nei confronti di terzi, cattivi creditori o prestanome delle famiglie mafiose, che attraverso un sistema di scatole cinesi vanno a svuotare quel bene di valore economico”.

“La proposta – dice Palella- nata dalla Cgil nazionale è stata accolta e sostenuta da varie realtà che si occupano di antimafia sociale, come Arci, Libera, Associazione nazionale magistrati”. Realtà, insomma, direttamente impegnate sul terreno concreto, infatti, la proposta “ è il frutto del rapporto diretto con i lavoratori di queste aziende, che molto spesso si rivolgono a noi”. “A volte, però, ci troviamo con le mani legate perché la legge non consente di fare alcuni passaggi. Quando si tratta di trovare risorse economiche ci troviamo in difficoltà. Anche l’idea di costituire cooperative di lavoratori senza un fondo di partenza diventa impensabile. Si tratta, dunque, di un percorso che siamo stati obbligati a portare avanti sulla base delle esperienze concrete”. Un altro punto fondamentale, per una gestione virtuosa dei beni confiscati, riguarda la creazione di una banca dati nazionale che assolva determinate funzioni. “La trasparenza dei dati- dice la sindacalista- è una cosa essenziale”. “Abbiamo necessità di avere dati chiari relativi ai beni confiscati alla Mafia perché per motivi diversi oggi non possiamo avere contezza, i dati dell’agenzia, infatti, ci sono ma non sono spesso completi.” Un altro strumento invocato dal sindacato è “un tavolo concreto in Prefettura con tutte le forse produttive: aziende, sindacati e associazioni che cooperino fattivamente nel seguire il bene per renderlo veicolo di produttività”. E ancora “la creazione dentro l’ agenzia di un settore che si occupi di curare produttività e rilancio economico del bene. ” E i beni confiscati a Catania, e soprattutto in provincia, non mancano, anzi. I dati parlano di ben 629 beni confiscati alle mafie, di cui 106 (aziende, garage, botteghe e appartamenti) nel capoluogo etneo. Il comune che detiene il triste primato, invece, è Motta S. Anastasia con 236 beni confiscati, di cui 6 aziende. Palella conclude sottolineando un altro obiettivo della campagna: “fare capire che è sempre meglio stare dentro un percorso di legalità”. A fronte di una situazione economica e occupazionale disastrosa, del resto, è forte la tentazione di accettare “qualunque tipo di lavoro, da qualunque tipo di datore”. Ma è “una stabilità temporanea e rischiosa, invece, legalità nel tempo dà maggiori certezze”.

 

 


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