Daniele Gangemi: “Catania| ispira le mie opere” - Live Sicilia

Daniele Gangemi: “Catania| ispira le mie opere”

Intervista al regista di “Una notte blu cobalto”, il film ambientato in una suggestiva Catania e vincitore del Platinum Remi Award di Houston. Tra gli ultimi lavori dello sceneggiatore catanese vi è lo spot nazionale contro la pedofilia realizzato in occasione della XVII Giornata dei minori vittime della violenza, messo in moto dall’associazione Meter.

CATANIA – Con “Una notte blu cobalto” ha ricevuto il Platinum Remi Award al 42º Worldfest International Independent di Houston e, da poco, ha finito di girare “Aiutare i bambini è un atto di fede: non ignorarli”, uno spot nazionale contro la pedofilia. Classe 1980 e catanese di origine, Daniele Gangemi è uno di quei registi italiani che ha deciso di percorrere l’impervia strada del cinema indipendente. Quello che consente di lasciare a briglie sciolte la propria capacità interpretativa e di godere, però, un po’ meno del sostegno delle grandi case di produzione.

Anche il cinema non si è sottratto alla crisi che attraversa ormai tutti i settori, non diventa particolarmente rischioso immergersi nel mondo delle pellicole indipendenti?

“Sicuramente ci sono strade più semplici da percorrere. Si dice spesso che l’Italia sia diventato il paese delle commedie, chiaramente ognuno ha il proprio modo di concepire il cinema. La scelta da fare, quindi, non è tanto quella di semplificarsi la vita bensì di capire cosa e come si vuole raccontare una storia”.

Il film è ambientato in una Catania particolarmente suggestiva. Filtrata da una macchina da presa cambia la visione della tua città?

“Teoricamente il percorso è inverso nel senso che, durante la fase di scrittura e di ideazione, cerchi soprattutto se è la tua città di capire quali possano essere gli angoli in grado di esprimere meglio i concetti che vuoi comunicare. Dietro “Una notte blu cobalto” si nascondono diverse riflessioni, una di queste quella di far vedere Catania attraverso scorci non ancora adoperati dato che il percorso di un film prevede pure la possibilità di essere conosciuto fuori dal confine regionale. Nello specifico, la pellicola è stata pensata parecchi anni fa e, inevitabilmente, chi l’ha scritto oggi si troverebbe a raccontare la storia filtrandola con consapevolezze differenti”.

Quali?

“Entra in gioco il concetto di esperienza personale e professionale. Se consideriamo la vita come un percorso in cui si tenta di migliorarsi umanamente e nel lavoro credo che ognuno di noi, negli anni, un pò cambia da solo e per la realtà che lo circonda”.

Per Daniele Gangemi un film deve dare a tutti i costi un messaggio oppure serve a sprigionare la fantasia attraverso un’interpretazione personale?

“Per portare avanti il progetto di un film indubbiamente servono motivazioni forti, ciò però non preclude allo spettatore un’interpretazione soggettiva. È come quando apri un libro e inizi ad immaginare. Anche se il cinema filtra un po’ tutto ciò dato che i personaggi con le loro espressioni e il modo di parlare danno già un’idea, esiste comunque sempre un modo di raccontare che lascia all’osservatore di compiere da solo l’ultimo percorso. Entrano, così, in gioco due scuole di pensiero: chi preferisce finali chiusi e chi aperti, io in parte mi rivedo nell’ultima.

Qual è il messaggio che vorresti esternare in un tuo prossimo lavoro?

“A rischio di sembrare banale cercherei di puntare su un invito alla tenacia, a credere sempre nei propri sogni nonostante il periodo non sia dei migliori. Non arrendersi alla crisi esteriore e interiore. Ad andare, cioè, per la propria strada senza preoccuparsi più di tanto dei fattori esterni. Alla fine la vita è un percorso con se stessi”.

Progetti futuri?

“In questo periodo mi sto ritrovando spesso ad appuntare soggetti e a lavorare su sceneggiature. In questi casi mi capita di ricordare un’intervista di Giuseppe Tornatore in cui affermava: “i film che ti trovi a raccontare, in realtà, sono spesso incidenti di percorso rispetto a tutte le storie che accarezzano la tua creatività”. Quando le idee avranno avuto il giusto tempo di sedimentare spero di poter realizzare un secondo lungometraggio”.

La musa ispiratrice sarà sempre Catania?

“Mi piacerebbe cominciare a raccontare altri aspetti della mia città, mi sento fortunato ad essere nato in Sicilia perché sento che abbiamo una marcia in più. Il periodo è di vera e propria guerra: la mattina ci si sveglia pronti per combattere e, probabilmente, per chi vive in realtà del sud e nello specifico a Catania questo assume un’importanza maggiore. Del resto si sa che nelle difficoltà emergono le idee migliori”.

 

 


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