E un carabinierie a Servizio Pubblico: "Ci impedirono di catturarlo" - Live Sicilia

E un carabinierie a Servizio Pubblico: “Ci impedirono di catturarlo”

ROMA – “Il covo di Montagna dei Cavalli l’avevamo individuato già nel 2001, ma ci impedirono di metterlo sotto controllo”. In un’intervista che sarà trasmessa giovedì sera da ‘Servizio Pubblico’, il programma di Michele Santoro su La7, parla – per la prima volta davanti alle telecamere, in condizioni di anonimato – un carabiniere che per anni ha lavorato alla cattura del boss di Corleone. “A pochi giorni dall’inizio del processo sulla trattativa Stato-mafia, la testimonianza del militare dell’Arma – si legge in una nota di Servizio Pubblico – infittisce il mistero sulla lunghissima latitanza di Bernardo Provenzano, finita solo nell’aprile del 2006, e che ha portato all’incriminazione dei vertici del Ros dei Carabinieri”. “A portarci nel covo a pochi chilometri da Corleone era stata una confidente – racconta il militare – ma il rifugio non fu mai messo sotto controllo. All’epoca funzionava così: il colonnello Giammarco Sottili, l’attuale capo di Stato maggiore della Regione Sardegna, gestiva tutte le informazioni e diceva che non si doveva parlare, le nostre relazioni di servizio non arrivarono mai in Procura. Quando nel 2006 Provenzano fu arrestato proprio lì pensammo che era un vero schifo”.

Non si conosce il nome del carabiniere che ha parlato in tv e dunque non si sa se è uno dei due militari dell’Arma che nei giorni scorsi hanno fatto denunce analoghe attraverso i loro legali. Il primo ad uscire allo scoperto era stato il maresciallo capo Saverio Masi, che ha presentato una denuncia alla procura di Palermo in cui rivela i nomi di coloro che, a suo dire, avrebbero ostacolato le indagini su Provenzano prima e Messina Denaro poi. Il racconto del carabiniere copre un arco di tempo che va dal 2001 al 2007 e denuncia le pressioni cui sarebbe stato sottoposto per farlo rinunciare alla cattura dei latitanti. “Noi non abbiamo intenzione di prendere Provenzano! Non hai capito niente allora? Ti devi fermare!”, avrebbe detto il superiore di Masi. E lo stesso sarebbe accaduto con Matteo Messina Denaro. Alcuni giorni dopo un altro carabiniere, il luogotenente Salvatore Fiducia, ha denunciato alla Gdf di Palermo di essere stato ostacolato dai propri superiori nella ricerca di Provenzano. Dopo avere incontrato i legali di Masi, il carabiniere ha deciso di presentare un esposto circostanziato sugli episodi di cui è stato protagonista tra gli anni 2001 e 2004 e diversi da quelli denunciati dal maresciallo, ma riguardanti sempre la ricerca di latitanti, e in particolare di Bernardo Provenzano. Il militare all’epoca era in servizio nel comando provinciale Carabinieri di Palermo e dice di avere “ricevuto inspiegabili ordini di non proseguire le indagini e di aver subito lo stesso tipo di ostacoli denunciati da Masi”. Anche con riferimento alla cattura di Messina Denaro. I legali dei due militari hanno anche annunciato di avere già incontrato un terzo carabiniere, che si è detto pronto a riferire alla magistratura su circostanze analoghe, e di aver avuto contatti preliminari con un quarto che ha confermato le modalità dei presunti depistaggi.


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