Lavorano nell'ente che non c'è | I 38 "fantasmi" del Ciapi - Live Sicilia

Lavorano nell’ente che non c’è | I 38 “fantasmi” del Ciapi

Il governo ne ha deciso la liquidazione in Finanziaria, ma il Commissario dello Stato ha bocciato la norma che prevedeva il transito dei lavoratori nel Centro-gemello di Priolo. Adesso, i dipendenti di quello che fu il fiore all'occhiello della Formazione siciliana, ogni mattina si recano nei locali semideserti dell'Addaura dove non possono fare altro che... attendere.

PALERMO – Si sono dimenticati di loro. Gli interventi demolitori del governo prima e del Commissario dello Stato poi, hanno dimenticato trentotto dipendenti. Di un ente che non c’è più. Il Ciapi è stato soppresso. L’esecutivo ne ha disposto la liquidazione. Una promessa mantenuta, quella di Rosario Crocetta. Celebrata in Finanziaria. Un testo che, nel momento in cui è uscito dall’Aula, approvato dai deputati, conteneva anche un comma, però, che disegnava il futuro di quei dipendenti: sarebbero passati al Ciapi di Priolo. Ma, come detto, la scure di Aronica è intervenuta, tra gli altri, anche su questa norma. E quei lavoratori, con un tocco di penna, sono stati trasformati in veri e proprio fantasmi.

Pippo Cucchiara è la memoria storica del gruppo. Ogni mattina si veste di tutto punto: oggi gessato e cravatta impeccabili. “Tra otto mesi dovrei andare in pensione”, spiega. Ma per il momento, come fa da diversi anni ormai, si reca nella struttura dell’Addaura. Si siede alla sua scrivania. E… aspetta. Notizie e qualche stipendio arretrato. Come gli altri 37, disseminati tre le stanze di un centro deserto e spettrale. Silenzioso e vuoto.

Il Commissario ha alzato la paletta sul trasferimento di quei 38 al Ciapi di Priolo. Un trasferimento “giuridico” e non fisico. I dipendenti sarebbero rimasti a Palermo, ma sarebbero passati nel “libro paga” del centro-gemello del Siracusano. Ma quel trasferimento, secondo il commissario, non era “sorretto da plausibili giustificazioni di carattere tecnico-amministrativo” oltre ad essere “foriero di incertezze applicative in sede di attuazione”. Inoltre, il commissario punta il dito verso la contradditorietà della norma: al comma 4, infatti, si prevede la nomina di un commissario liquidatore, mentre al comma 6 viene nominato un amministratore unico, per il quale è previsto un compenso di 30 mila euro all’anno. La doppia nomina, però, secondo il commissario dello Stato è un controsenso, perché l’attività dell’amministratore unico “non potrebbe che confliggere con quella del commissario liquidatore”. Infine, Aronica pone anche un problema di copertura fnanziaria, visto che le norme che riguardano il Ciapi vengono finanziate con “le non meglio identificate risorse del Fse ‘Progetto Spartacus’”.

A dire il vero, un commissario esisterebbe. Il presidente Crocetta aveva incaricato – dopo aver sollevato l’ex commissario Emanuele Biancarosa, scelto da Lombardo – il (bi)direttore generale Anna Rosa Corsello. “Ma qui – insiste Cucchiara – non l’abbiamo ancora vista”. E la condizione dei dipendenti, così, appare ancora più paradossale. Non c’è una guida al Ciapi. Anche perché non c’è più nulla da guidare.

“L’unica certezza – insiste il dipendente – è quello che abbiamo letto sulla Gazzetta ufficiale: il Ciapi è stato soppresso. Noi, invece, continuiamo a venire a lavoro. E non so nemmeno se siamo legittimati a farlo”. Anche perché di soldi non se ne vedono da dicembre. I dipendenti del Ciapi infatti sono in attesa di cinque mensilità. “Forse non si è capito – denunciano i lavoratori Marcello Ariolo, Daniela Xibilia, Simona Di Giorgio – che qui si rischia di andare incontro a un’altra tragedia della disperazione. Qui qualcuno potrebbe pensare a qualche gesto estremo”. “Le banche – raccontano alcuni di loro – stanno tirando il laccio attorno al nostro collo, e molti di noi non riescono più a fare la spesa”. “Qui c’è gente – racconta una di loro – che da cinque mesi non paga il mutuo, o l’affitto. A qualcuno hanno già staccato la luce, e il telefono”. “Io – aggiunge un lavoratore – sono costretto a mangiare dai miei genitori: è un’umiliazione che non credo di meritare”. “Noi – spiegano i coniugi Tea Campanella e Giovanni Trapani – lavoriamo entrambi al Ciapi. In un colpo solo, insomma, la nostra famiglia ha perduto entrambi i redditi”.

Eppure, quantomeno sugli stipendi, la soluzione sembrava a portata di mano. Proprio il commissario Corsello, a Live Sicilia, spiegava: “Conosco bene la situazione di quei lavoratori. Il ritardo nell’erogazione degli stipendi è dovuto a un fatto di natura tecnica.

Ma la Regione ha trovato una soluzione. L’Assessorato al Lavoro, infatti, ha deciso di consentire la gestione provvisoria, consentendo a me, in qualità di amministratore, di far fronte a quelle spese riguardanti gli stipendi. I mandati di pagamento sono già pronti”. Ma da allora, la macchina si è spenta. E l’astio dei dipendenti è rivolto oggi anche a quei “politici che per anni hanno attinto a piene mani dal Ciapi, e adesso hanno dimenticato persino dov’è la sede”.

A dire il vero, proprio ieri, il capogruppo dell’Udc Lillo Firetto si è occupato del tema, con un’interrogazione urgente, con la quale chiede notizie sul futuro degli “incolpevoli” dipendenti che “rischiano di trovarsi senza occupazione né certezze sul futuro lavorativo e privati della principale fonte di sostentamento per loro e le loro famiglie”.

Una vicenda di cui si starebbe facendo carico direttamente il governo, attraverso l’assessore Bonafede. “Le censure del Commissario dello Stato sono comprensibili. Ma noi stiamo risolvendo la questione in altra maniera. Consapevole dei grandi disagi che stanno attraversando i lavoratori, nomineremo un commissario ad acta che agirà ‘distaccando’ i lavoratori al Ciapi di Priolo (ma sarà un distacco funzionale, visto che rimarranno nella sede palermitana) e riconoscendo gli stipendi arretrati per i quali del resto ho già personalmente trovato in bilancio una somma di 2,8 milioni. A quel punto – aggiunge l’assessore – l’ente potrà passare al commissario liquidatore”.

A quel punto, addio all’ente “mangiasoldi”, come l’ha definito lo stesso presidente Crocetta. “Questo – racconta Maria Rosaria Agrifò, insegnante al Ciapi per 39 anni – era un vero polo d’eccellenza per la Formazione siciliana. Sempre un carrozzone politico, per carità, ma almeno funzionava. E benissimo. Da un certo punto in poi, però, è cambiato tutto: si organizzavano corsi megagalattici, si è messa da parte la legge regionale 24 che ci finanziava, forse perché poco redditizia, e si è riempito il Ciapi di esterni che spuntavano ovunque, e venivano qui a fare i padroni”. Una gestione al vaglio dei commissari europei dell’Olaf e che ha portato il vecchio governo Lombardo alla revoca dell’accreditamento e anche a quella dell’ex presidente Francesco Riggio. “Un ente inutile”, ha ribadito a più riprese Crocetta, annunciandone la chiusura già nei primi giorni della legislatura. “Eppure il governatore – protestano i lavoratori – continua a dire di non voler fare macelleria sociale. Ma questa, come la chiamano?”.


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