Il controcanto di Morosini: | "Troppo gossip sul processo" - Live Sicilia

Il controcanto di Morosini: | “Troppo gossip sul processo”

Il gup di Palermo, ricordando il discorso tenuto da Polo Borsellino alla biblioteca di Palermo il 23 giugno, si augura che le commemorazioni e le manifestazioni non rimangano solo un caso isolato e di facciata. Gli fa eco la vedova Montinaro, che parla di "manifestazione retorica".

La strage del 23 maggio 1992
di
2 min di lettura

ROMA – ”Basta ascoltare le parole di Borsellino in quell’incontro alla Biblioteca di Palermo del 23 giugno” del 1992, per comprendere che le sue preoccupazioni rispetto all’attentato di Capaci, non sono affatto rivolte al mondo dei Corleonesi, ma a tutte quelle dinamiche istituzionali che hanno fortemente penalizzato Falcone e Borsellino e che verosimilmente c’entravano qualcosa con quanto era avvenuto a Capaci”. Così il gup di Palermo Piergiorgio Morosini, questa mattina ai microfoni di Radio Città Futura, nel giorno del ventunesimo anniversario della strage di Capaci.

“Giovanni Falcone in questi giorni viene presentato come un uomo che ha contrastato per anni con grande professionalità un’associazione di criminali sanguinari come i Corleonesi ottenendo notevoli risultati, ucciso per vendetta, i cui responsabili sono stati assicurati tutti alla Giustizia”, ha spiegato Morosini, sottolineando invece che il contenuto di buona parte “di queste commemorazioni di facciata è per alcuni versi rassicurante, ma in realtà viene subito messo in discussione proprio dalle parole di Borsellino”.

“Durante l’estate scorsa – continua il gup – si è fatto soprattutto gossip sul processo della trattativa Stato-Mafia e sul possibile contenuto di alcune intercettazioni che riguardavano il Capo dello Stato e le eventuali aspirazioni politiche di un pm, ma si è parlato pochissimo dei temi del processo e di quello che è realmente accaduto tra il ’92 e il ’93. Si è parlato pochissimo delle prime intuizioni della Direzione Investigativa Antimafia rispetto a quella stagione. Ci sono una serie di elementi – spiega Morosini – che accreditano la tesi secondo la quale in quel periodo Cosa nostra e la ‘Ndrangheta si sentivano quotidianamente con esponenti del mondo dell’eversione nera, con pezzi dei servizi deviati e con segmenti della massoneria deviata”. Per il giudice di Palermo si tratta di dati dimenticati e analisi sottovalutate “di un periodo delicatissimo che ha segnato in Italia il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica”. Una responsabilità imputabile anche al mondo intellettuale italiano che ha impoverito il dibattito dal momento che per Morosini “intellettuali, storici e giornalisti con il loro contributo possono anche consentire agli altri di avvicinarsi alla verità”.

“A Palermo non ci sono più iniziative vere e sentite, con testimonianze e memoria, ma c’é soltanto la manifestazione della retorica”. Lo afferma Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone, morto nella strage di Capaci nel 1992, confermando la sua assenza in Sicilia perché, spiega in un’intervita al Tg dell’emittente televisiva Antenna Sicilia, che ne ha anticipato il testo, “la memoria è una cosa seria”. Sulla trattativa Stato-mafia, Tina Montinaro sottolinea che “dopo le tante situazioni che ci hanno voluto propinare da 21 anni” adesso gli “italiani chiedono di sapere”, e quindi “devono fare venire fuori la verità”. “Questa – conclude la vedova del caposcorta di Falcone – è la vera legalità e la vera antimafia: la verità…”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI