Padre Puglisi è beato - Live Sicilia

Padre Puglisi è beato

Padre Pino Puglisi è beato (servizio di Roberto Puglisi)

La celebrazione per don Pino Puglisi
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PALERMO- La mafia non può vincere, perché è stupida. Spara ai suoi nemici, convinta di eliminarli, e invece  li colloca in una dimensione invincibile di memoria e di affetto. Don Pino Puglisi, senza i colpi dei suoi killer, avrebbe smosso le coscienze con la sua quotidiana semina pastorale. Avrebbe costruito, anche a Brancaccio, giardini di speranza. Avrebbe dato fastidio. Dall’omicidio, il suo apostolato si è moltiplicato in forza e capacità di penetrazione. E’ una sorgente inesorabile. Per la terra, prima che per il cielo. E verrebbe voglia di dirlo, se si potesse, ai fratelli Graviano e ai loro scagnozzi. Avete visto? Lo avete macellato sotto casa, per spegnere una voce. E siete stati cancellati da un cammino paziente e inarrestabile. Voi vivete in galera e lì resterete, attaccati alla nostalgia di un potere che si chiama così perché vi possedeva, lugubri indemoniati delle cosche e del privilegio di infliggere dolore come unica unità di misura del rispetto. Lui, don Pino, è libero. Era già libero prima che una mano pietosa spalancasse le gabbie alle colombe nel sabato della sua beatificazione. Quella libertà non si è allungata, né è aumentata, né è un oggetto umano, con altezza, larghezza e lunghezza. E’ soltanto infinita.

Beato lui. Beato don Pino Puglisi nella festa che, al Foro Italico, ha consacrato la sua ascesa nella gerarchia dei cattolici. Una festa di chiesa, con i suoi paramenti esposti al sole con la sua magnificenza temporale. Una folla di striscioni, di stole, di simboli. L’Ordine dei cavalieri di Malta con l’uniforme di ordinanza e gli anacronistici copricapo, in memoria di antiche battaglie contro l’Islam invasore. Il gruppo di Comunione e liberazione, orfano di Giulio Andreotti. La nomenclatura in prima fila, con qualche buffo berretto giallo o rosso su cravatte d’ordinanza. La casta stampata su un palco. E sul prato, il popolo. Forse non tantissimi, forse sì. Forse tanti. Forse pochi. E non è detto che sia un male. Una beatitudine non è il Festival di Sanremo. Non si giudica per l’audience.

E poi i preti, la guarnigione dei soldati semplici: se non ci fossero loro, Palermo – certo, è difficile immaginarlo – sarebbe peggiore. Sacerdoti di tutti i tipi, con i cappellini colorati per schivare la canicola. Preti di quartieri fortunati, gestori di parrocchie-abbazie opulente e visibili. Preti di parrocchiette scalcinate, nei vicoli stretti del nostro Monopoli, mai sentiti, mai conosciuti, mai in tv, mai sui giornali. Eppure lì, nell’oscurità di una missione. Da miscredenti, accesi, rassegnati, mestieranti, coraggiosi. Lì, ad amministrare l’ostinata utopia in mezzo a case di gente che ha bisogno di conforto e prospettive. Tutti hanno ammainato bandiera bianca. Ci rimane il prete di zona, con la sua bandierina indomita.

Pino Puglisi era un prete, cioè un uomo di Dio. Mestiere complicatissimo, nonostante la facilità dell’enunciazione. Il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, in una bellissima omelia ha ricordato il suo esempio feriale, non ispirato ai gesti eclatanti, né a rodomontate mediatiche. E a questa umiltà – ha insistito il cardinale – i sacerdoti dovrebbero ispirarsi, riconoscendo implicitamente che non sempre è così. Che il sacramento non protegge dalle crepe dell’esperienza.

La chiesa, dunque, riconosce un prete beato, tracciando un ponte tra cronaca, storia e fede. Don Pino viene martirizzato dalla mafia, per la sua parola scomoda in una cittadella – Brancaccio – scomodissima. E ci pare di cogliere nell’enunciato una vicinanza nuova, il senso di un legame, la riconferma della diabolicità di Cosa nostra. Un martire della fede è riconosciuto tale dopo un omicidio mafioso. E’ la certificazione finale, il timbro su una lunga strada di riscatto, dopo anni di compromessi ecclesiali. La mafia è contro Dio. I boss alla Mariano Arena che motteggiavano, grazie a Sciascia e nella realtà: “La chiesa è tutta una bellezza”, intendendo che fosse talmente grande da non chiedere il passaporto della conversione a nessuno, sono avvertiti. Possono entrare, ma lasciando fuori l’odio e mantenendo il pentimento.

Padre Pino Puglisi, prete di Brancaccio, è stato proclamato beato. Qualcuno correrà a baciare le sue reliquie, i resti di un corpo dissolto. Noi penseremo a lui – Beato lui – e alla sua generosità, con gratitudine. Non c’è essere più generoso e santo di chi sceglie di piantare un fiore, sapendo che non lo vedrà sbocciare.


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