Nibali stravince il Giro d'Italia | La Sicilia ha il suo campione - Live Sicilia

Nibali stravince il Giro d’Italia | La Sicilia ha il suo campione

Il messinese dell'Astana, dopo l'impresa nella bufera di neve sulle Tre Cime di Lavaredo si gode la passerella trionfale ed alza il "trofeo senza fine", la coppa che spetta al vincitore di un Giro che lo "Squalo dello Stretto" ha divorato, chilometro dopo chilometro, condendolo con imprese epiche e prove di forza. Primo ciclista siciliano a vincere una grande corsa a tappe. Capostipite di un movimento ciclistico regionale che in questo Giro, con Visconti e Puccio ha dato battaglia e spettacolo, lasciando ben sperare per il futuro.

BRESCIA – Fin da dilettante per i tifosi è stato “lo squalo dello Stretto”, ma per gli addetti ai lavori più esigenti, Vincenzo Nibali, è stato sempre appellato con il poco invidiabile nome di “eterna promessa”. Di quei ciclisti che “ha la stoffa del grande campione, ma a ventotto anni non è ancora esploso”, di quelli che “Sì, da dilettante ha vinto praticamente tutto, ma non regge la pressione da professionista”. E poco importa se il suo carniere è ricco di medaglie o se è stato l’unico corridore italiano, insieme a un tale Felice Gimondi, a salire sul podio di tutte le più grandi corse a tappe: Tour, Giro e Vuelta, quest’ultima, addirittura, vinta nel 2010, anche se con solo 4″ di distacco dal secondo.

Fortunatamente, di ciò, Vincenzo, un siciliano atipico, un messinese purosangue che dà il meglio di se col freddo, quando la strada inizia a salire, non ne ha fatto una malattia e ha risposto, sempre, nel modo che gli è più congeniale: pedalando. Anche il più profano delle due ruote, infatti, si sarà stropicciato gli occhi guardando quella sagoma confusa sbucare dalla tormenta di neve delle Tre Cime di Lavaredo, e tagliare il traguardo con la naturalezza di chi è uscito a fare una sgambata di riscaldamento. Ma questo, signori, è Vincenzo Nibali. Sbocciato, forse un po’ tardi, ma nonappena gli si è presentata l’occasione giusta.

L’occasione giusta, nello specifico porta il nome di una capitale asiatica: Astana. Il superteam dei miliardari Kazaki, dopo i ripetuti scandali doping, che gli sono valsi diverse vittorie, specialmente al Tour de France, ha deciso, per il proprio restyling di puntare sulla promessa italiana. Fuori i Big. Dentro Nibali, che con sé ha portato i fidi gregari Alessandro Vanotti e quel Valerio Agnoli che durante tutta la Corsa rosa ha domato e guidato il gruppone, ponendosi spesso da metronomo e locomotiva del Team Astana e spendendo anche l’ultima goccia di sudore. Quell’Agnoli che, dopo la vittoria di Nibali sulle Tre Cime, una volta giunto al traguardo, si è sciolto in un pianto liberatorio, perché chi segue il ciclismo saprà bene che quell’impresa è anche la sua.

Vincenzo Nibali ha trionfato alla prima grande uscita con in dosso i panni del leader. Dopo gli anni, comunque positivi, trascorsi in Liquigas, in cui ha dovuto dividere oneri e onori da comprimario con i vari campioni passati per la squadra di Brescia, da Danilo Di Luca, suo primo capitano, a Franco Pelizzotti, dal predestinato, Roman Kreuziger all’amico-rivale Ivan Basso, Vincenzo è passato da virtuoso orchestrale a primo violino della filarmonica Astana, la squadra più organizzata e potente, economicamente, del panorama ciclistico professionistico. E non ha deluso.

Il Giro di Nibali è stato dominato dalla prima pedalata. La squadra, tonica e compatta, tanto da competere, nella cronosquadre della seconda giornata, persino con gli specialisti del Team Sky, lo ha accompagnato fedelmente e senza risparmiarsi, anche quando la strada saliva e le energie scarseggiavano. Il resto, il tocco di classe, ce l’ha messo lui. Bruciante in salita e cinico a cronometro come mai prima d’ora da professionista (da dilettante era uno dei suoi punti di forza). Il ragazzo è cresciuto, è maturato, ha sopportato la responsabilità ed ha consegnato, con il suo non accontentarsi di vincere il Giro, con le sue imprese, alla Sicilia (per una volta non al Trentino, alla Lombardia, al Veneto o alla Romagna) il suo campione sui pedali. Primo siciliano a vincere un Giro d’Italia. Primo ma forse non ultimo, s’è vero che questo Giro a più riprese ha parlato ostinatamente siciliano, con i due successi di Visconti e con l’esordiente Salvo Puccio meravigliosa maglia ora della prima ora. Porterà la coppa a spirale nella sua Messina, che Dio solo sa se in questo momento ha bisogno di note positive come questa. Rivedrà qualche vecchio amico, si godrà un pò il sole della nostra terra, probabilmente farà qualche sgambata in bici, ma senza strafare, per quello, lui, preferisce il freddo.

 LA CRONACA DELL’ULTIMA TAPPA, parla di un copione già scritto, ma non per questo meno emozionante. Il gruppo, entrato compatto nel circuito cittadino di Brescia, prima di dare il via alla Bagarre ha concesso una passerella d’addio a Stefano Garzelli. Il corridore, vincitore di un Giro d’Italia, grande scalatore, che lascia dopo 16 anni da professionista, ha sfilato davanti al pubblico, salutando per l’ultima volta il Giro che lo vide esordire come gregario di Marco Pantani alla Mercatone Uno. Poi la volata. La Cannondale si illude, conta poco, Cavendish è un alieno e vince anche se a tirargli lo sprint era rimasto un solo compagno di squadra. Netto su Sasha Modorov. Trofeo senza fine nelle mani di Nibali.


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