"Predecessori non da buttare |Megafono? Lo chiese Bersani" - Live Sicilia

“Predecessori non da buttare |Megafono? Lo chiese Bersani”

Rosario Crocetta

Il presidente della Regione a tutto campo. "Nessuna ambiguità nel rapporto tra il mio movimento e il partito. Ne ho parlato con Epifani: non ha voluto nemmeno commentare. Le rotazioni rischiano di bloccare la Regione? Non credo. E in alcuni casi non potevamo fare altrimenti: alla Programmazione, per sei mesi, non è stato speso un euro di Fondi europei. Il passato? Non tutto ciò che hanno fatto Lombardo e Cuffaro è da buttare".

PALERMO – La sera prima, la cena con i deputati lombardiani. Quella dopo, col segretario del Pd Epifani. E sullo sfondo, le polemiche sul rapporto tra democratici e Megafono, le maxirotazioni alla Regione, gli incontri con le autorità europee, le “novità” sulla Sanità siciliana. E qualche punto fermo (forse) da cui partire. “Il mio movimento non è ostile al Partito democratico. Faremo i colloqui ai 600 manager. Il turn over dei direttori era necessario. Non c’è nessun rimpasto all’orizzonte”.

È sicuro presidente Crocetta? Il suo incontro con i deputati del Partito dei Siciliani come va interpretato? Non sta pensando all’allargamento della sua maggioranza?
“Quella cena non è altro che la prima di una lunga serie. Sono stato gentilmente invitato, e ho accettato, come è nel mio stile. Io credo fortemente nel fatto che i rapporti umani non possano essere avvelenati dalla politica. Mi auguro, anzi, di poter ricevere un invito a cena da parte di tutti gli altri gruppi parlamentari”.

Presidente, è ovvio che la ‘notizia’ non sia un invito a cena quanto, semmai, le valutazioni che lei avrebbe espresso nei confronti del governo Lombardo. Fino a poche settimane fa lei sottolineava la ‘discontinuità’ da quell’esperienza e invece, durante quella cena, avrebbe sottolineato i meriti del vecchio governatore.
“Devo ammettere che nei confronti della passata legislatura il mio governo si muove tra ‘discontinuità’ e ‘continuità’. Penso ad esempio alla Sanità. Come negare alcuni pregi di quella riforma, la capacità di recuperare somme, di colmare i debiti? E del resto, vorrei ricordare che l’azione di Massimo Russo era stata sostenuta anche dal mio partito, il Pd”.

Allora possiamo dire che quanto fatto da Lombardo non è del tutto da buttare?
“Esiste forse un governo la cui opera sia tutta da cancellare? In ogni esperienza si compiono cose buone e cose meno buone. Certo, ferme restando le differenze politiche,  non tutto quello che ha fatto Lombardo è da buttare. E lo stesso vale per il governo Cuffaro, o i precedenti”.

Poco fa lei ricordava come la riforma di Massimo Russo fosse stata sostenuta dal “suo partito”. Ma qual è il suo partito? Il Pd, o il Megafono?
“Io sono un dirigente del Partito democratico, non scherziamo”.

Nessuno scherzo. Sono i suoi colleghi di partito, in alcuni casi, a chiederle di prendere una posizione netta. Anzi, l’area che fa capo a Mirello Crisafulli ha scritto alla Commissione di garanzia del Pd per evidenziare questa presunta ‘ambiguità’”.
“Nessun ambiguità. Anche perché, vorrei ricordarlo a chi oggi solleva qualche dubbio per motivi che non comprendo, che il Megafono nasce da un’intesa con l’allora segretario del Pd Pierluigi Bersani. È stato il Pd, insomma, a chiedermelo. Io alle Politiche non volevo nemmeno creare la mia lista. Il partito ha insistito, e l’ho fatto”.

Già, ma da allora il Megafono sembra vivere di vita propria…
“Sempre il Pd mi chiese, sia alle Regionali che alle Politiche, di contattare il minor numero possibile di tesserati del Pd. Proprio per cercare di estendere il consenso di quell’area a forze ed esperienze ‘non di partito’. Ed è quello che ho fatto. L’unica eccezione è Beppe Lumia che, una volta eletto, si è iscritto al gruppo del Pd nel Parlamento nazionale”.

Ne ha parlato con Epifani l’altra sera?
“Sì, ho accennato all’argomento”.

E lui?
“Non ha voluto nemmeno commentare. Queste storie al partito non interessano affatto”.

Ne è sicuro? Sembra estendersi, in realtà, l’area di chi invece chiede di prendere posizione. Solo ultimamente, oltre a Crisafulli anche Faraone e Cracolici.
“E io chiedo: perché lo stesso problema in passato non è stato sollevato nei confronti di Rita Borsellino?”.

Perché lei non era iscritta al Pd…
“E per Anna Finocchiaro? Anche lei aveva fatto una propria lista. Solo che, a differenza della mia, non ha raggiunto il quorum…”.

Presidente, una cosa è una lista, un’altra è un Movimento, un partito.
“Non credo. Cos’è una lista? È un movimento, in fondo. Visto che la lista ha una sua identità, una sua precisa fisionomia”.

Bene, il problema non esiste: lei è del Pd e il Megafono è funzionale al Pd anche nell’ottica del governo regionale. A proposito, nel tempo la maggioranza s’è arricchita di altre storie, altre formazioni politiche, come quella dei Democratici e riformisti di Totò Cardinale. Loro, come altri sembrerebbero gradire una svolta ‘politica’ dell’esecutivo. Lei che ne pensa?
“Penso intanto che il mio non è certamente un governo di tecnici. Lei crede che assessori come Luca Bianchi o Nelli Scilabra non abbiano una sensibilità, una identità politica? L’esecutivo è espressione delle forze politiche che hanno vinto le elezioni. E io sono fedelissimo a queste forze politiche. Un rimpasto dovrebbe essere, allora, richiesto da tutte i partiti che sostengono il governo. E a me questa richiesta non è mai arrivata. Se poi qualcuno pensa che io debba aprire le porte del governo tutte le volte che inizio un dialogo con un gruppo o con qualche deputato è completamente fuori strada”.

Nessun rimpasto al governo, in compenso, un continuo rimescolamento dei ruoli dei dirigenti generali. Era così necessario?
“Le nuove rotazioni nascono, intanto, dalla necessità di definire la guida del dipartimento tecnico e dell’Osservatorio epidemiologico alla Sanità. E dopo sei mesi c’era la necessità di fare un po’ il punto della situazione. E siamo intervenuti dove era necessario farlo”.

A proposito del dipartimento tecnico. Non aveva incaricato, per quel ruolo, Tano Grasso? Doveva essere anche un atto simbolico, dai forti significati antimafia. Che fine ha fatto quella nomina?
“Noi avevamo pensato al dipartimento tecnico come un ‘dipartimento dei dipartimenti’. Dovendosi occupare di appalti e operare profonde verifiche antimafia, doveva essere in qualche modo trasversale a tutti i rami dell’amministrazione. E per questo avevamo pensato a un disegno di legge che finora però non è stato esitato. Così, il Dipartimento è rimasto una struttura funzionale all’assessorato alle Infrastrutture. E a queste condizioni, Tano Grasso non ci stava”.

Vale a dire, sarebbe stato lui a rifiutare?
“Sì è così. E ci ha spiegato le ragioni, che abbiamo compreso. Adesso lavoreremo alla modifica del dipartimento, così come lo avevamo immaginato. E in quel caso, certamente Tano Grasso potrebbe rientrare in corsa”.

Comunque sia, finalmente il dipartimento può partire. Non teme, invece, che le frequenti rotazioni possano finire per rallentare, complicare, bloccare l’azione amministrativa?
“Non credo proprio. Abbiamo scelto, in fondo, dirigenti che sono da tempo organici all’amministrazione. La conoscono bene e sapranno farla funzionare. In alcuni casi, poi, non potevamo davvero evitare la sostituzione”.

A chi si riferisce?
“Penso ad esempio al dirigente della Programmazione (Felice Bonanno, ndr). La Sicilia per mesi non ha speso un euro dei Fondi europei. Come facevamo a tenerlo lì?”

A dire il vero, lei ne annunciò la sostituzione pochi giorni dopo il suo insediamento. Ma la rotazione non è arrivata per mesi.
“Avevamo delle scadenze. Dovevamo chiudere la programmazione. Rischiavamo davvero di far saltare tutto. Adesso, che abbiamo chiarito molte cose con gli organismi europei, possiamo pensare al futuro, già alla prossima programmazione. È giunto il momento di voltare pagina. E abbiamo già sbloccato 3,5 miliardi che saranno destinati soprattutto a infrastrutture. Nei prossimi giorni, poi, stileremo una road map degli interventi. Intanto, il dipartimento della Programmazione avrà un ufficio a Palazzo d’Orleans: servirà a far sì che quelle attività siano strettamente concordate con la Presidenza”.

A proposito di dirigenti e di “svolte”. Avete deciso finalmente cosa farete con i manager della Sanità?
“Faremo quello che è previsto nel bando: i colloqui”.

A 660 dirigenti? Persino i suoi alleati le fanno notare che potrebbero servire molti mesi…
“E se serve, potenzieremo la commissione. Non c’è alternativa. Anzi, una ce n’è…”.

E quale sarebbe?
“Azzerare tutto. E scegliere i manager a prescindere da quelle selezioni”.

Ci sta pensando?
“Per il momento no”.


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