Il patrimonio dei Lo Cicero |Un impero targato Cosa nostra - Live Sicilia

Il patrimonio dei Lo Cicero |Un impero targato Cosa nostra

Una sfilza di società intestate a parenti e una raffica di immobili: alle origini di un impero costruito con i soldi della mafia.

PALERMO – Era il 1993 quando la procura scoprì che la mafia dettava leggeva anche al cimitero. Il Comune di Palermo aveva rilasciato in concessione una grossa fetta di terreno al camposanto dei Rotoli per costruirvi 3500 loculi. Camposanto dei Rotoli. Borgata di Vergine Maria. Ci volle poco a capire che c’era dietro lo zampino del clan Madonia che in quella zona ha sempre fatto la voce grossa.

Più complicato per gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Palermo, oggi diretta dal colonnello Giuseppe D’Agata, realizzare uno screening sui beni dei due imprenditori incaricati di costruire le sepolture. Erano i fratelli Giovanni e Salvatore Lo Cicero. Il primo è deceduto, di morte naturale, nel 2011. Il secondo sta finendo di scontare ai domiciliari una condanna a 14 anni per mafia.

Di soldi da spendere i Lo Cicero ne hanno sempre avuti parecchi. Tanto da potersi regalare anche un aereo quattro posti, parcheggiato a Boccadifalco e ora confiscato. Negli anni il loro cognome ha finito per intrecciarsi con quello di altre storiche famiglie mafiose dell’Arenella e di Vergine Maria: i Madonia, i Fidanzati e i Galatolo. Il loro patrimonio si è ingrossato a dismisura. Nel 2001 finirono sotto sequestro i beni per i quali ora è scattata la confisca definitiva.

Dalle sepolture alla costruzione di immobili residenziali il passo fu breve. I soldi incassati dai lavori al cimitero servirono per comprare case, terreni e magazzini. Una vera e propria colonizzazione nelle vie Papa Sergio, Cesare Airoldi, vicolo Parroco Agnello, via Juvara e piazza Acquasanta. Le società Fasage, Immobiliare Fratelli Lo Cicero, Edil Lo Cicero Salvatore facevano affari d’oro.

Con Giovanni Lo Cicero furono colpiti da sequestro, e oggi da confisca, anche la moglie Benedetta Pipitone, le figlie Lucia, socia con il marito Paolo Pumo nella SantaLucia – Mode di via Maqueda, e Santa, contitolare con il marito Salvatore Assaro della Assaro – Lo Cicero di via Bandiera, e il figlio Francesco. L’altro fratello, Salvatore, trascinò nel provvedimento la moglie Margherita Pipitone e le figlie Lucia e Maria Santa.

Nel frattempo, però, da semplici costruttori collusi con la mafia i Lo Cicero erano diventati mafiosi essi stessi, tanto da occuparsi della riscossione del pizzo. Tenevano una quota per loro e il resto dei soldi lo consegnavano all’allora capofamiglia Armando Bonanno. Neppure l’arresto del 1993 per l’affare Rotoli fermò la scalata dei due fratelli. Fu un tale Gaetano Nobile a raccontare di avere venduto ai Lo Cicero la metà di un’area edificabile in viale Regione Siciliana. Mediatore dell’affare era stato Gaetano Carollo, un mafioso che sarebbe stato ammazzato nel Milanese. Per rilevare l’area, i Lo Cicero diedero vita alla Fasage che, improvvisamente, si trovò 3 miliardi di lire di capitale. Ufficialmente i soldi erano il frutto di un prestito obbligazionario. In realtà c’erano dietro i piccioli del clan Madonia.

Nel 2008 scattò il blitz Eos che azzerò i nuovi vertici del mandamento di Resuttana. Le indagini piazzavano al vertice della famiglia dell’Arenella proprio Salvatore Lo Cicero. E furono intercettate una sfilza di conversazioni. Tra i nomi e le voci saltate fuori c’era pure quella dell’ex deputato regionale Franco Mineo. Mineo, oggi sotto processo con l’accusa di intestazione fittizia di alcuni beni di Angelo Galatolo, ha sempre sempre respinto l’ipotesi che il contenuto di quelle conversazioni fosse di natura illecita.


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