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Ars, la Commissione ha deciso| “Caputo è decaduto”

Giovanni Ardizzone all'Aula: "Dichiaro decaduto il deputato Salvino Caputo". Dopo, le reazioni.

VERIFICA DEI POTERI
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PALERMO “Dura lex, sed lex”. Il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone allarga le braccia. Poco prima, gli interventi dei deputati regionali avevano – in maniera un po’ blanda, rispetto a casi analoghi del passato, a dire il vero – lamentato il mancato coinvolgimento dell’Aula nella decisione di considerare Salvino Caputo decaduto dalla carica di deputato.

“Quella che abbiamo seguito – precisa Ardizzone a Sala d’Ercole – era una scelta obbligata. E un’istituzione appare credibile nel momento in cui si attiene alle disposizioni di legge”. E la legge non lascia molti margini di manovra, spiega Ardizzone: “Nel momento in cui viene depositata la sentenza, e il Commissario dello Stato ha inviato all’Assemblea una nota con la quale si fa riferimento al dispositivo, non si può fare altro che convocare la Commissione verifica dei poteri per prendere atto della decisione e agire di conseguenza”. Vale a dire, dichiarara Salvino Caputo “decaduto”.

Una decisione che piomba su uno dei più longevi e attivi deputati dell’Assemblea. Che pochi giorni fa aveva deciso si lasciare a un collega grillino la vicepresidenza della Commissione antimafia, e che nella scorsa legislatura aveva guidato l’importante Commissione per le attività produttive. Caputo al momento non commenta. In mattinata si era limitato a dire: “Mi auguro che la Commissione mi dia il tempo e il modo di far conoscere le mie ragioni”. E a dire il vero, il parlamentare aveva anche recapitato ai colleghi una sorta di relazione difensiva. Ma niente. “Non potevamo fare altro: dovevamo prendere atto della sentenza”, ha ribadito Ardizzone.

Una decisione che ha sollevato però l’indignazione di alcuni deputati. Già prima delle comunicazioni di Ardizzone in Aula, qualche collega di Caputo, anche di partiti rivali, sottolineava la “delicatezza” di questa vicenda. “Se serve qualche giorno per chiarire la faccenda – commentava qualcuno – perché non concederli? QUi si tratta di togliere il seggio a un parlamentare eletto dai siciliani”. E in Aula, le proteste sono state affidate soprattutto alle parole dei deputati di centrodestra. Assenza (Pdl) ha sottolineato come non si dovesse applicare una norma entrata in vigore in data successiva sia ai fatti contestati che all’indizione dei comizi elettorali per le Regionali. Cordaro (Cantiere popolare) ha protestato contro “una decisione che lede le prerogative del Parlamento, ridotto a un Consiglio comunale”. Concetto ripreso anche dai colleghi Vinciullo e D’Asero.

Niente a che vedere, per la verità, con altri casi. Analoghi, ma non identici. Come quello che vide l’Assemblea “salvare” Santino Catalano. O dibattere per mesi e mesi per la permanenza all’Ars di Giuseppe Buzzanca. Caputo è stato condannato in via definitiva una ventina di giorni fa ad una pena di un anno e cinque mesi per tentato abuso di ufficio. L’ex sindaco di Monreale si era attivato per cercare di fare cancellare alcune multe. La condanna definitiva renderebbe oggi ineleggibile Salvino Caputo, in virtù dell’articolo 15 della legge 55 del 1990, modificata dal decreto legislativo 235 approvato lo scorso 31 dicembre. Secondo la legge, per come modificata pochi mesi fa, infatti non possono essere candidati alle elezioni regionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio”. Per questo, oggi, Caputo è stato dichiarato decaduto dalla carica. Al suo posto arriverà a Sala d’Ercole il primo dei non eletti del Pdl nel collegio di Palermo, Pietro Alongi.

 

17.21 Il presidente dell’Ars Ardizzone: “Questa è una decisione che non piace a nessuno. Io non sono abituato a discutere le sentenze. E un’istituzione è autorevole se si limita al rispetto delle leggi. Ci troviamo di fronte a una strada obbligata. La Commissione verifica dei poteri, di fronte a una sentenza passata in giudicato, può solo prendere atto. Dura lex, sed lex”.

17.16 Vinciullo (Pdl): “Lese le prerogative di questa Assemblea. Viene limitata la libertà del Parlamento. Stiamo acquisendo una sentenza di un altro potere senza nemmeno discuterla”.

17.12 D’Asero (Pdl): “Serviva un momento di approfondimento ulteriore”.

17.08 Cordaro (Cantiere popolare): “Vicenda emblematica di come si stia perdendo di vista quella che è la ratio reale legata al potere e alla rappresentanza di questa Assemblea. Intendo sostenere un principio: quello dell’autonomia del parlamento siciliano. Questo parlamento doveva essere chiamato a votare sulla decadenza di uno dei suoi membri. Questo parlamento si sta trasformando in un Consiglio comunale. E in questo caso è stato violato il principio della successione delle leggi, previste dal Codice penale”.

17.06 Assenza (Pdl): “La norma per la quale l’Ars ha deciso la decadenza è entrata in vigore in data successiva ai fatti per i quali c’è stato un giudizio. Ed è persino arrivata in data posteriore all’indizione dei comizi elettorali”.

17.01 Il presidente Ardizzone: “Con una nota del 3 giugno giunta all’Ars il 4 giugno il Commissario dello Stato ha comunicato che è diventata definitiva la sentenza della Corte d’appello di Palermo che prevede la condanna del deputato Salvino Caputo. Ho provveduto a convocare la Commissione verifica dei poteri comunicando che le norme prevedono la decadenza di diritto di Salvino Caputo dalla carica di deputato. Dichiaro Salvino Caputo decaduto dalla carica di deputato dal 21 maggio scorso”.

16.45 Se la decisione venisse confermata ufficialmente, il posto di Caputo a sala d’Ercole sarebbe preso da Pietro Alongi, primo dei non eletti nel collegio di Palermo alle ultime elezioni regionali.

16.40 Caputo è stato dichiarato decaduto. La decisione della commissione è arrivata in seguito ad una nota del Commissario dello Stato.

16.28 Dalla Commissione verifica dei poteri filtra una notizia clamorosa: i deputati avrebbero deciso per la decadenza del parlamentare Salvino Caputo.

“Non sono interessato alla faccenda”. Salvino Caputo tenta un po’ di smorzare la tensione, con una battuta che non fa pendant con l’espressione del viso. Un po’ pensierosa, tesa. “Non sono interessato”, spiega il vicepresidente della Commissione verifica dei poteri. La stessa che in questi minuti sta analizzando il suo caso. “Ho chiesto di essere ascoltato – racconta Caputo – e ho anche depositato una mia relazione. Non ho ancora ricevuto alcuna risposta”.

Caputo è stato condannato in via definitiva una ventina di giorni fa ad una pena di un anno e cinque mesi per tentato abuso di ufficio. L’ex sindaco di Monreale si era attivato per cercare di fare cancellare alcune multe. Tra queste anche quella elevata all’allora arcivescovo Salvatore Cassisa, all’ex assessore Francesco Nocera e la moglie, oltre che all’allora presidente del Consiglio comunale, Roberto Terzo.

Di una condanna per “un reato impossibile” hanno sempre parlato i legali di Caputo. Le multe in effetti non furono mai cancellate. Le delibere di Caputo restarono lettera morta fino a quando il suo successore, Toti Gullo, non se le ritrovò davanti e decise di spedirle alla Corte dei Conti. E da qui alla Procura della Repubblica che fece scattare l’inchiesta. In primo grado Caputo era stato condannato a due anni, in appello però cadde l’accusa di falso e arrivò lo sconto di pena. Caputo ha ottenuto la sospensione della pena.

La condanna definitiva renderebbe oggi ineleggibile Salvino Caputo, in virtù dell’articolo 15 della legge 55 del 1990, modificata dal decreto legislativo 235 approvato lo scorso 31 dicembre. Secondo la legge, per come modificata pochi mesi fa, infatti non possono essere candidati alle elezioni regionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio”.

Un’altra interpretazione però si fonda sulla circostanza che il decreto sia posteriore al momento dello svolgimento dei fatti contestati. Secondo questa interpretazione, la legge che si applicherebbe è dunque la stessa 55/1990 non modificata dal decreto del 31 dicembre 2012, che prevedeva la decadenza solo per pene superiori ai due anni.

Cavilli e passaggi giuridici che sono finiti in un’istruttoria preparata dagli uffici dell’Assemblea regionale e inviata ai componenti della Commissione verifica dei poteri. Una commissione presieduta di diritto dal presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, e che prevede, come vice, proprio Caputo, oltre al deputato Pd Filippo Panarello. Il segretario è Pippo Nicotra (Articolo 4), mentre i componenti sono Francesco Cappello, Michele Cimino, Carmelo Currenti, Giovanni Di Mauro, Marcello Greco e Antonio Malafarina. Saranno loro a decidere il destino in Assemblea di Caputo, deputato da quattro legislature. Il clima pare molto teso, e la Commissione, stando ai rumors provenienti dal Palazzo, non sembra così incline a sposare le obiezioni di Caputo. Che intanto ha presentato una relazione. “Attendo che qualcuno mi chiami per ascoltare le mie ragioni”, commenta amaro il parlamentare.


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