"La riforma Crocetta |è incostituzionale, ecco perché" - Live Sicilia

“La riforma Crocetta |è incostituzionale, ecco perché”

Impugnato al Tar di Catania e Palermo il progetto di abolizione delle provincie voluto da Rosario Crocetta. (Nella foto la costituzionalista Ida Nicotra)

ABOLIZIONE PROVINCE
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CATANIA – Parte dal capoluogo etneo l’assalto contro il progetto, fortemente voluto dal presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, di abrogare le provincie, prevedendo, in loro sostituzione, la nascita, entro il 31 dicembre di quest’anno, di liberi consorzi tra comuni. Impugnato, infatti, al Tar catanese, su iniziativa bipartisan dei consiglieri provinciali uscenti Giacomo Porrovecchio, vicino al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, e Claudio Milazzo del Pdl. Con l’assistenza tecnico-legale dei costituzionalisti in forza all’ateneo catanese Felice Giuffé e Ida Nicotra, di recente nominata nel gruppo dei trentacinque saggi che lavoreranno alle riforme della Carta fondamentale del nostro Paese.

“La mia è una battaglia esclusivamente politica”. Spiega a LiveSiciliaCatania Giacomo Porrovecchio: “Con questo provvedimento non si fa altro che chiudere gli spazi democratici. Così ci saranno nove commissari e un commissario capo che è Crocetta. Forse governeranno anche bene, ma non è democrazia questa. Guardate la provincia di Ragusa, è commissariata da più un anno e non si sa ancora quando avrà fine questa stagione”. La presa di posizione di Porrovecchio sembra andare, dunque, in direzione esattamente contraria all’esigenza, avvertita da più parti, di abbattere i costi della politica. Ma, come lui stesso precisa, non è così: “Se la questione fosse stata davvero quella di ridurre gli sprechi, sarebbe stato più opportuno riformare le stesse provincie, tagliando il numero dei consiglieri, i loro stipendi e i costi di gestioni. Con poco, ci sarebbero potuti essere grandi risparmi. Così viene tagliata soltanto la rappresentanza territoriale”.

Entra nel dettaglio dell’impugnativa Ida Nicotra, che dal 2009 ricopre l’incarico di consulente giuridico dell’Unione delle province d’Italia: “In primo luogo -spiega a LiveSiciliaCatania- la questione riguarda i decreti di commissariamento. Sia chiaro, la figura del commissario è già prevista dalla legge, ma solo in determinati casi. Ovvero, quando si verificano delle gravi anomalie, come la mancata approvazione del bilancio o quando vi è la cessazione del mandato di sindaco o dei presidenti delle provincie. Nel merito degli attuali commissariamenti – aggiunge la Nicotra- il problema è che questi non avvengono in vista di regolari elezioni, semmai dell’abrogazione degli stessi enti. C’è dunque un utilizzo improprio di questo strumento”.

Ma è sulla sostanza dello stesso provvedimento di abolizione delle provincie che il giudizio della Nicotra è perentorio: “Noi riteniamo che la legge 7/2013 sia incostituzionale. Con la riforma del titolo quinto della Costituzione, nell’articolo 114 è scritto che le provincie, al pari di regioni, comuni e Stato, diventano enti costitutivi della Repubblica. In questi anni la Corte costituzionale ha più volte sottolineato come questi enti abbiano pari dignità. Quindi fanno parte di un principio di articolazione della struttura repubblicana . Questo principio è valido per tutte le regioni, anche per quelle a statuto speciale. Per abrogare le provincie si sarebbe dovuto ricorrere – sottolinea- ad una legge costituzionale”.

Il terzo rilievo metto in dubbio, invece, i futuri meccanismi che dovrebbero regolare le elezioni all’interno dei liberi consorzi: “La regione siciliana è stata la prima che ha consentito l’elezione diretta di sindaci e dei presidenti delle provincie. Prima di allora queste cariche venivano elette all’interno dei consigli, attraverso le cosiddette elezioni di secondo grado. Questa novità è partita dalla Sicilia ed è stata ripresa poi a livello nazionale. Con la legge 7/2013 si ritorna invece al vecchio sistema, espropriando il cittadino del diritto di scegliersi direttamente i propri amministratori. Anche qui – sottolinea la Nicotra- c’è una violazione rispetto alla Costituzione, dove l’autonomia degli enti si misura anche in base alla loro democraticità, del loro alto grado di rappresentatività della collettività”.

 

 

 


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