Giovanni Salvi |18 mesi a capo della procura di Catania - Live Sicilia

Giovanni Salvi |18 mesi a capo della procura di Catania

Operazioni, sequestri, lotte, vittorie e riorganizzazione. La giustizia firmata Giovanni Salvi.

<p>il procuratore Salvi</p>

CATANIA – La storia di Giovanni Salvi alla guida della procura di Catania, l’11 Novembre 2011, iniziò con una “brillante operazione di polizia”. Furono proprio queste le parole usate dal magistrato il giorno del suo insediamento al Palazzo di Giustizia per descrivere il sequestro di un arsenale da parte della Squadra Mobile composto anche da una bomba a mano. “Una notizia che fa da buon auspicio all’inizio del mio lavoro – commentava Salvi – che da un lato mi dà grande soddisfazione per il risultato, dall’altro mi rende ancora più consapevole delle difficoltà del mio compito”.

Dichiarazioni che hanno fatto da guida al lavoro del procuratore che ha puntato sull’efficienza dell’ufficio giudiziario di Catania. In diciotto mesi la procura di Catania guidata da Giovanni Salvi ha centrato molti successi contro criminalità organizzata, mala gestione della cosa pubblica, eco mafia, corruzione e collusione. Il magistrato, però, non si è fermato a questo: la lotta al crimine non significa solo arresti, ma anche incidere sul funzionamento della macchina della giustizia, affinché il cittadino si senta garantito da chi è chiamato a tutelarlo.

“Segretezza delle indagini”. Salvi chiarì subito con i giornalisti questo punto: “Nessuna corsia preferenziale”. Le pressioni maggiori, quando arrivò alle pendici dell’Etna, furono per l’inchiesta Iblis che vedeva indagato l’allora presidente della Regione Raffaele Lombardo: era stata avanzata una richiesta d’archiviazione, ma il Gip Luigi Barone spiccò un’ordinanza per l’imputazione coatta del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. All’udienza davanti al Gup Marina Rizza si presentò lo stesso procuratore Giovanni Salvi, “per dimostrare l’unità dell’ufficio”. Un processo che si muove nelle pieghe “grigie” dei legami tra mafia, politica e colletti bianchi e che alla sua conclusione rappresenterà, in un modo o nell’altro, un caso giuridico “storico”.

La Direzione Distrettuale Antimafia guidata da Giovanni Salvi ha centrato importanti risultati in oltre 18 mesi di lavoro. Nell’aprile del 2012 un’ordinanza di custodia venne notificata in carcere dalla squadra mobile di Catania ad Orazio Finocchiaro, esponente del clan dei Caratteddi, che aveva inviato i pizzini dove era contenuto l’ordine di uccidere il Pm Pasquale Pacifico. Quell’operazione aveva una valenza ben più significativa; il Clan dei Caratteddi si stava riorganizzando dopo l’azzeramento avvenuto con Revenge; e Finocchiaro voleva diventare il nuovo capo clan. Ammazzare chi aveva condotto l’inchiesta era il passo per conquistare la fiducia della famiglia.

Nei confronti della famiglia Santapaola – Ercolano la serrata della Dda è stata strettissima: sequestri, confische e arresti. E’ Fiori Bianchi 3 l’inchiesta che decapita la cosca, 77 le persone iscritte nell’ordinanza firmata dal Gip di Catania: estorsioni, associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, è lunghissimo l’elenco dei reati contestati lo scorso aprile. L’operazione permette di scoprire la collusione di forze dell’ordine, un agente penitenziario che fa da cerniera con l’esterno, rendendo un soggiorno di lusso la detenzione in carcere. L’aspetto inquietante è il legame tra Chiesa e Mafia creato da uno degli indagati.

Sotto la guida di Salvi lo scorso giugno la procura di Catania arriva ad una svolta storica: l’omicidio eccellente di Luigi Ilardo, dopo 17 anni, ha dei responsabili. Volti e nomi colpevoli di aver fatto tacere chi aveva portato gli inquirenti a un passo dalla cattura di Bernardo Provenzano. Ma “la rivoluzione di Salvi” si fonda soprattutto sull’aver avviato un’indagine sui mandanti occulti di Gino Ilardo, il vice capo della famiglia nissena. Qualcuno raccontò l’intenzione del confidente di Michele Riccio di voler collaborare con la magistratura. Ilardo sapeva troppo e la sua bocca doveva essere tappata.

Nuova Ionia, l’operazione condotta dalla Dia e coordinata dalla procura etnea, smantella l’affaire creato sulla raccolta differenziata nella società d’ambito ricadente nei comuni della fascia ionico etnea. I rifiuti sono il nuovo business della Mafia che si aggrega e si insinua nella politica, nelle istituzioni, nella gestione dei soldi dei contribuenti. Lo scorso gennaio lo stesso dirigente nazionale della Dia, Arturo De Felice, venne a presiedere la conferenza stampa per illustrare i contenuti dell’indagine e congratularsi per il lavoro svolto dai magistrati guidati da Giovanni Salvi.

Si chiama operazione Tor, la maxi inchiesta sulla pedopornografia on line che ha assicurato alla giustizia una banda di quattro persone. Grazie al pool guidato da Marisa Scavo e creato ad hoc proprio dalla riorganizzazione fortemente voluta da Salvi, la polizia postale di Catania è riuscita a sgominare nel profondo mondo del deep web una organizzazione dedita allo scambio di materiale pedopornografico. Un’indagine che ha dei risvolti drammatici e aberranti: una mamma che sevizia il figlio, alcune volte con oggetti sacri e vestita da suora. Una pratica, questa, forse per soddisfare le “fantasie” di alcuni pedofili committenti.

100 milioni di euro. Questo il valore della frode fiscale che il nucleo della polizia tributaria della guardia di finanza di Catania ha scoperto. Diversi imprenditori operanti nel settore della grande distribuzione avevano creato una rete transnazionale che aveva l’obiettivo di evadere la pressione fiscale attraverso finte esportazioni all’estero.

La lista è ancora lunga, la procura di Catania ha centrato bersagli difficili. L’essenza di queste “vittorie” si possono sintetizzare perfettamente nelle parole del procuratore dette nel corso di un’intervista LiveSiciliaCatania: “E’ una guerra, quella contro la mafia, che abbiamo iniziato a vincere perché abbiamo vinto molte battaglie”.

Salvi ha cambiato il modo di gestire l’ufficio della procura di Catania, nella stretta segretezza delle indagini, il palazzo di giustizia si è trasformato in un bicchiere di vetro. Trasparenza sullo stato delle cose, sui problemi, sull’organizzazione. Salvi si è esposto all’impegno massimo ma non ha nascosto la testa sulla sabbia. E guardando dritto negli occhi ha affermato: “Sappiate che la situazione è insostenibile”. La verità, fino in fondo.

 


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