Colpo al clan di Brancaccio| Sequestro da due milioni - Live Sicilia

Colpo al clan di Brancaccio| Sequestro da due milioni

Matteo Scrima, 53 anni, è stato condannato ad otto anni lo scorso aprile, dopo l'arresto avvenuto in seguito alle indagini dei carabinieri. Esponente della cosca di Brancaccio retta dai fratelli Graviano, partecipò al summit mafioso di Villa Pensabene.

Operazione "Araba Fenice"
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PALERMO – C’era anche lui a Villa Pensabene. Al summit mafioso del 7 febbraio di due anni fa, per parlare di soldi, affari e pizzo partecipò anche Matteo Scrima, esponente della famiglia mafiosa di Brancaccio, condannato ad otto anni e a cui il Tribunale sequestra adesso tutti i beni. Si trovava insieme ai boss Giulio Caporrimo, Giovanni Bosco, Giuseppe Calascibetta – ucciso in un agguato nel settembre dello stesso anno – Alfonso Gambino, Cesare Lupo, Nino Sacco e Giuseppe Arduino.

Uno dei summit di Cosa nostra più importanti degli ultimi anni, chiave di lunghe e serrate indagini che arrivarono ad una svolta anche grazie a quell’incontro nel ristorante-maneggio nella zona di San Lorenzo.

Quel giorno si sarebbero verificati momenti di tensione tra i reggenti e i vertici dei principali mandamenti mafiosi della città, tanto da fare temere agli inquirenti -che intercettavano il summit – l’esplosione di una nuova guerra di mafia: in quel momento mancava un leader carismatico in grado di tenere le redini dei clan, compreso quello dei fratelli Graviano, al quale gli inquirenti collegano Scrima.

L’indagine “Araba Fenice” dei carabinieri azzerò il clan di Brancaccio. In quelle ore si svolsero altre due operazioni antimafia e in tutto finirono in cella 36 persone. Emerse una fitta rete di relazioni tra i vertici della cosca di Brancaccio, alcuni in contatto con i capi della ‘Ndrangheta, e quelli di altre famiglie mafiose della città. A carico di Matteo Scrima emersero precedenti per riciclaggio e ricettazione.

Ma quello che venne a galla fu il suo ruolo rilevante all’interno della cosca, per la quale custodiva le casse, rimpinguate periodicamente con i soldi delle estorsioni e delle altre attività illecite condotte dal clan. Tra i beni sequestrati a Scrima c’è una gioielleria che si trova in via Lincoln, a pochi metri dalla stazione centrale.

L’attività al civico 69 fu aperta dal 53enne nel 1988, quando non aveva alcun reddito. In seguito ai guai giudiziari, Scrima decise di non apparire più sulla carta e dal 1997 sparì il suo nome dalla società. Qualche anno dopo, dal 2010 al 2011, ha invece lavorato per la Social Trinacria Onlus, ex Pip, venendo regolarmente pagato: nell’ottobre del 2011, mese del suo arresto, ha percepito il suo ultimo stipendio.

Oltre alla gioielleria in via Lincoln, gli uomini dell’Ufficio Prevenzione della Questura di Palermo hanno eseguito il sequestro per altri beni riconducibili a Scrima. Si tratta dell’attività commerciale che si trova all’interno del Florio Park di Cinisi – una sorta di bazar – , di un appartamento in corso dei Mille 1302 e di due box sulla stessa via, al civico 1296, oltre a beni immobili, per un totale di due milioni di euro.

 

 


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