Fabrizio Barca a Catania: |"Non parliamo di poltrone" - Live Sicilia

Fabrizio Barca a Catania: |”Non parliamo di poltrone”

La tappa Catanese del “Viaggio in Italia” di Barca su “Politica, partecipazione, partito” organizzata da “Catania in Movimento” consente all'ex Ministro di strigliare i vertici del Pd: “In Sicilia come a Roma si parla poco di contenuti”.

L'ex ministro al Cortile platamone
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L'ex Ministro Barca

CATANIA – La tappa catanese del “Viaggio in Italia” di Fabrizio Barca dà una boccata d’ossigeno al Pd etneo. “Parliamo di contenuti”. Quella dell’ex Ministro non è una semplice frase di circostanza e la composizione dell’uditorio presente al Cortile Platamone sembra confermarlo. Deputati, dirigenti, amministratori locali ma non solo. Ci sono soprattutto tanti giovani ed esponenti della società civile. Barca desta curiosità, è evidente. Economista, ex Ministro e nuovo iscritto al Pd (che aveva pure caldeggiato l’ipotesi di una corsa alla segreteria nazionale). Un profilo che si sposa bene soprattutto con l’idea di presentare in giro per i circoli di mezza Italia un documento politico, una boccata d’ossigeno per un partito ingessato da correnti e dibattiti sterili. “Un partito nuovo per un nuovo governo”, il titolo del documento di Barca è già una dichiarazione di intenti. “Il Paese ha bisogno di un cambiamento radicale. Si deve ripartire dai sentimenti e metterere da parte il cinismo” dice l’ex Ministro. Barca non è un outsider nè un rottamatore. Con diplomazia dice la sua sull’esecutivo Letta e la crisi di governo.“Letta si muove nel modo dovuto. Il Pdl deve capire che la ragionevole vicinanza al loro leader non va confusa con gli interessi del Paese che in questo momento ha bisogno di interventi forti sul sociale”. “Mi auguro – conclude- che questo senso di responsabilità prevalga”.

Ma il contributo più interessante riguarda la crisi di un altro esecutivo: quello regionale. Anche in questo caso Barca sembra equilibrato senza dispensare troppi complimenti a nessuno dei protagonisti della querelle. “In Sicilia come a Roma si parla poco di contenuti” dice lapidario.“E’ sacrosanto esprimere osservazioni critiche sull’attuale presidenza o riconoscere quello che di buono è stato fatto. Se hai delle critiche da fare devi parlare di contenuti non di poltrone”. Barca contesta a parte della classe dirigente del Pd siciliano di avere sbagliato nei modi e, in buona sostanza, di avere espunto osservazioni di tipo politico sull’operato di una giunta che, a suo avviso, “ha saputo sicuramente fare cose importanti”. La stima per l’operato di Bianchi è evidente.“Non posso non constatare che Bianchi ha scritto il primo vero bilancio di questa regione”. Poi, in parte, corregge il tiro, o meglio, ricorda a tutti (Megafono in primis) il ruolo che spetta alla dirigenza nazionale di un partito.“Bianchi si è dimesso con la coerenza e la serietà che lo caratterizza, sta al Pd nazionale avere nei confronti del partito regionale quella forza e quella autorevolezza che è dovuta in uno stato nazionale, in cui ci sono le autonomie regionali ma di fronte a classi dirigenti arroccate sul vecchio”. Poi lapidario: “Il cambiamento deve partire da Roma, in una nazione la responsabilità è sempre dei gruppi dirigenti nazionali”. L’idea di fondo è quella che i partiti si separino dallo Stato con cui si sono in Italia perversamente affratellati, “per divenire rete materiale e immateriale di mobilitazione di conoscenze, di confronto pubblico, informato, acceso, ragionevole e aperto di idee e soluzioni con cui incalzare lo Stato”.

Un momento dell'Incontro al Palazzo Platamone

Il partito immaginato da Barca è sicuramente radicato sul territorio ma con una formula nuova rispetto alla storia recente dei democratici. Non è “il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee. Non è neppure il partito liquido, quello della crisi della politica, vetrina dove sono in mostra manichini e prodotti dell’“offerta politica”, nefasta influenza dell’economia sulla politica”. È un “partito palestra”, inclusivo, dove si discute anche in modo acceso, ma dalla forte visione identitaria. Non un partito di classe, nella misura in cui fa gli interessi generali e semmai gli interessi di chi, a prescindere dal ceto, si rivede in una certa visione del mondo. “Di parte sul piano identitario ma che mira all’interesse generale”. Come nel caso della scuola dove il dibattito deve andare oltre le posizioni del sindacato. Le posizioni di Barca non piaceranno a tutti (e lui ne è consapevole). La speranza dell’economista è proprio quella di dare vita a un dibattito che sia proficuo. Un’impresa non semplice.


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