Megafono, parte la "caccia"| Espulso chi non va nel Pd - Live Sicilia

Megafono, parte la “caccia”| Espulso chi non va nel Pd

La commissione regionale di garanzia ha deciso di avviare un monitoraggio per verificare i casi di iscritti al Pd, ma militanti in altri gruppi. Ma tra i garanti, il caso: il presidente facente funzioni è il padre di un giovane avvocato chiamato nel Gabinetto dell'assessore Stancheris, e nominato dieci giorni fa vicepresidente dello Stabile di Catania. "Ma a titolo gratuito".

PALERMO – Parte la caccia alle “doppie tessere”. Una formula buona per semplificare il numero assai variegato, pare, di casi di politici del Pd militanti in altri gruppi. A cominciare da quelli del Megafono. Il segretario regionale Lupo, ascoltato oggi in commissione di garanzia, non ha compiuto alcun passo indietro: o si sta nel Pd, o si è fuori dal Pd. Non c’è scelta. Adesso, la commissione avvierà una ricognizione su tutto il territorio regionale, per verificare i casi di possibili incompatibilità. E nel frattempo, incontrerà anche gli assessori regionali iscritti al Partito democratico. Anche in quel caso, verificherà la compatibilità con la permanenza nel partito.

È questa, quindi, la strada scelta dai garanti, guidati da Giacomo Torrisi: “Abbiamo ascoltato attentamente – ha detto Torrisi – quanto ci ha detto il segretario regionale Lupo. E sulla base di questo, abbiamo deciso di avviare questo monitoraggio. Non faremo altro che attenerci alle deliberazioni delle commissioni nazionali e della direzione regionale del partito”.

Un monitoraggio inutile, secondo il presidente Crocetta, che ieri ha precisato: “Non esistono iscritti al PD nei gruppi consiliari del Megafono”. Ma evidentemente il partito ha un’altra idea. Che potrebbe portare a sanzioni dure. “Nel caso in cui – spiega infatti Torrisi – ci imbattessimo in situazioni di ‘doppia militanza’, i diretti interessati sarebbero convocati dalla commissione di garanzia. A quel punto, ci atterremo a quanto prevede lo Statuto del Pd”. Ovvero, o dentro o fuori. “Gli iscritti del Pd – conferma Torrisi – eletti con liste civiche hanno l’obbligo, da Statuto, di confluire nel gruppo del Pd. Chi non l’ha ancora fatto sarà richiamato a compiere la scelta”. E chi insisterà per restare nel proprio gruppo? “A quel punto lo Statuto parla chiaro: si è fuori dal Pd”.

E, come detto, qualche convocazione è già stata “fissata”. La commissione infatti incontrerà i quattro assessori in quota Pd. Verranno convocati uno per volta, per comprendere come e se questi vorranno attenersi alle decisioni della penultima direzione regionale, in occasione della quale sono stati chiamati, di fatto, a un passo indietro. Invito raccolto in parte, e con motivazioni diverse, al momento, solo dagli assessori Bianchi e Bartolotta. Ma i tempi, prima di giungere a qualsiasi sanzione, sembrano lunghi. C’è lo spazio, insomma, per una ricomposizione.

IL CASO

Il padre presiede la commissione che dovrà decidere il destino di Crocetta nel Pd. Il figlio, invece, pochi giorni fa, è stato nominato dallo stesso Crocetta (in qualità di socio) vicepresidente del Teatro Stabile di Catania. Il paradosso nel paradosso. In una giornata, quella di oggi, già segnata dal gusto per l’assurdo. Un tweet di Antonello Cracolici, più un sillogismo, a dire il vero, si chiedeva come fosse possibile conciliare il passaggio del governatore nel gruppo Pd e il fatto che il Pd si ritenesse ancora fuori dalla maggioranza. Una maggioranza nella quale la “Lista Crocetta-Megafono” perdeva proprio Crocetta. Ma ribadiva: nessuno può chiederci di sciogliere il gruppo.

Ma anche di questo si è parlato oggi. Nella seduta della commissione regionale di garanzia, che si è occupata del “caso Megafono”. Presente, oltre ai garanti, anche il segretario regionale Giuseppe Lupo, che ha chiesto di parlare alla commissione. “Non è cambiato nulla, rispetto a ieri”, ha brevemente commentato a pochi minuti dall’inizio dell’incontro con i garanti. E ieri, Lupo aveva ribadito: “Il Megafono non può essere un partito. Crocetta lo dica pubblicamente. Gli iscritti al Pd che militano nel Movimento devono lasciare i gruppi del Megafono e iscriversi al Pd”. Né più né meno, insomma, di quanto deliberato dalla commissione nazionale di garanzia, che poche settimane fa ha ribadito il concetto, demandando agli organismi regionali l’applicazione pratica della deliberazione. Insomma, se qualche esponente del Pd dovrà essere espulso, come prevede lo Statuto in caso di “doppia militanza” dovrà essere la commissione dei garanti e la segreterie regionale, a deciderlo. Lo stesso Lupo, quindi. E i commissari presieduti da Giacomo Torrisi. Presidente “facente funzione”, dopo le dimissioni di Luigi Cocilovo. Una “doppia buona notizia” per Rosario Crocetta. Tra il governatore e l’ex segretario della Cisl, infatti, fino a pochi giorni fa erano volate parole grosse. Crocetta aveva indicato Cocilovo tra gli assessori “impresentabili” che il Pd gli avrebbe proposto nei giorni della formazione della giunta. Ma come detto, Cicolovo ha lasciato la presidenza della commissione di garanzia.

A ricoprire il suo ruolo, oggi, ci pensa Giacomo Torrisi. Catanese. Un cognome che al governatore, probabilmente, “suona” un po’ più dolce di quello di Cocilovo. Così dolce da scegliere, in qualità di socio del Teatro Stabile di Catania (gli altri sono, per intenderci, il fedelissimo commissario della Provincia di Catania Antonella Liotta, il sindaco del capoluogo etneo Enzo Bianco, il commissario straordinario della Camera di commercio di Catania e graditissimo alla Confindustria siciliana Dario Lo Bosco e il presidente dell’Ente teatro di Sicilia Raffaele Marcoccio), il giovane Jacopo Torrisi, figlio di Giacomo, come vicepresidente.

E il presidente dei garanti, oggi, non lascia trapelare particolare imbarazzo. “Sì, Jacopo è mio figlio. È stato nominato vicepresidente del Teatro Stabile, ma a titolo completamente gratuito”. Una notizia, del resto, già puntualizzata dallo stesso Torrisi a Live Sicilia dieci giorni fa. Nelle ore immediatamente successive alla sua designazione.

Ma il giovane Torrisi è ugualmente stipendiato, al momento, dalla Regione siciliana. In particolare, dall’ex segretaria particolare di Crocetta, Michela Stancheris, che ha scelto l’avvocato catanese come componente del suo ufficio di gabinetto. Un riconoscimento, del resto, a un “esponente del Pd”, come rivendica lo stesso Torrisi, che fin dalle prime battute aveva sponsorizzato la discesa in campo di Rosario Crocetta nella corsa verso Palazzo d’Orleans. Era la metà di luglio, quando Crocetta, dopo una direzione del partito che aveva fortemente contestato la proposta della sua candidatura, decideva di tappezzare Palermo di tabelloni “sei per tre” mentre su Facebook lanciava i suoi appelli in cerca di un sostegno. A sottoscrivere quell’appello anche alcuni esponenti politici catanesi. Tra questi, oltre all’attuale deputato regionale Concetta Raia e al segretario provinciale Luca Spataro, anche un esponente dell’escutivo cittadino: Jacopo Torrisi, appunto. Che, anche per queste sue posizioni, viene indicato, all’interno del Pd come un politico “al limite” tra il partito e il Megafono. Il suo nome, tra l’altro, inizia a rimbalzare tra quelli dei possibili candidati al congresso provinciale di Catania. Nel frattempo, la sua “sintonia” col governatore, nei mesi scorsi, è stata suggellata dalla scelta dell’ex segretaria di Crocetta, Michela Stancheris, di indicarlo come componente del suo ufficio di gabinetto. Questa volta, non certo a titolo gratuito. Fedelissimo del governatore, componente dell’ufficio di gabinetto dell’ex segretaria del presidente che lo ha scelto come vicepresidente di un Teatro. “Ma a titolo gratuito”, puntualizza il padre, Giacomo. Oggi a capo dei garanti che dovranno decidere il futuro del governatore nel Pd.


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