Boom del biologico in Sicilia | Vendite in aumento del 9% - Live Sicilia

Boom del biologico in Sicilia | Vendite in aumento del 9%

Il Nero d'Avola Doc, l’olio di oliva e le arance i prodotti più venduti.

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PALERMO – Il business dell’agroalimentare biologico, in Sicilia, sta sempre più prendendo piede, facendo segnare quote di mercato sempre più ampie. Lo dimostra il rapporto Ismea-Eurisko, evidenziando come nel 2013 il mercato del biologico dell’Isola sia cresciuto nelle vendite del 9% in più rispetto al 2012, percentuale pari a quella nazionale. E mentre sono le regioni del Nord e del Centro ad eccellere per la presenza di operatori sul territorio (mense, negozi, mercatini, e-commerce bio, sono tutti distribuiti tra le tre province di Lombardia, Emilia Romagna e Toscana), secondo i dati BioBank sono ancora le stesse province ad essere ricche di aziende bio, ma ad esse si aggiungono Veneto, Piemonte e Sicilia, prima regione nel meridione per numero di aziende e sesta a livello nazionale, con 158 imprese nel settore.

La Sicilia è la Regione che è cresciuta di più (+35%) nel corso degli ultimi dodici mesi, quando vi è stato il passaggio da 117 tra aziende agricole e agriturismi alle 158 di quest’anno. Il fatturato del settore biologico siciliano dell’agroalimentare sfiora i 15 milioni di Euro, un dato altissimo se si considera quello del 2006 (inferiore al milione di Euro), ma ancora infinitesimale se si valuta il complessivo dell’agroalimentare regionale, pari a 1849 milioni di Euro. Il biologico della Sicilia, quindi, non raggiunge neanche l’uno per cento del complessivo dei prodotti venduti. I prezzi del biologico siciliano variano a seconda i prodotti, ma rimangono ancora accessibili nonostante la crisi. Ci sono state brusche discese di prezzo (su tutti si segnala il -53% per i pomodori) ma anche aumenti, come i +5 centesimi sul costo del grano duro, ma i prodotti più venduti hanno mantenuto praticamente stabili i prezzi, come accaduto per l’olio di oliva (4,48 Euro in media), il Nero d’Avola DOC (5,50 Euro) e le arance (1,95 Euro).

Secondo i dati Sinab, la filiera della Sicilia è tra la più numerose della nazione e garantisce un certo volume di attività. Gli operatori attivi in nell’Isola sono 7.918. L’Isola ha il più alto numero d’Italia di produttori esclusivi (7.056) ed il quarto numero di preparatori esclusivi, 339. La Sicilia riesce ad ospitare un volume di 188.142 colture totali, dove fanno da traino cereali (35.877), viti (15.577) ed ovviamente agrumi (10.778). In discesa le cifre per le aziende biologiche zootecniche, ma nonostante il calo (-23% rispetto all’anno precedente), la nostra regione rimane la prima per numero di imprese: 1.568, 984 più che quelle dell’Emilia Romagna e 1.198 più che della Toscana, rispettivamente seconda e terza nazionali.

Francesco di Gesù, vicepresidente siciliano dell’Associazione Italiana Per l’Agricoltura  Biologica, evidenzia come però i numeri forniti dai rapporti vadano letti. “Il biologico si divide in due comparti: quello del prodotto artigianale, che è la grandissima parte del totale e che non crea praticamente fatturato, e quello della distribuzione nazionale, che è fin troppo sottosviluppato per difficoltà logistiche e territoriali. La crescita dei numeri – prosegue Di Gesù – non è da capogiro, ma è comunque presente e speriamo cresca negli anni a venire”. “Il punto critico del biologico in Sicilia – dichiara Ettore Pottino, presidente dell’Unione Provinciale Agricoltori di Palermo e responsabile per il settore Bio di Confagricoltura Sicilia – è la mancanza di una filiera produttiva. Nella nostra regione le cifre del biologico sono inferiori al 1% contro il 7-10% delle regioni del nord perché non esistono, in tutto il meridione d’Italia, le commodities; questo porta inevitabilmente ad un gap, perché i prodotti siciliani devono essere spediti al nord per la lavorazione, cosa che solo pochi produttori possono permettersi”. Pottino sottolinea il rapporto tra Confagricoltura ed il biologico: “La Confederazione è aperta a tutte le soluzioni, nel campo agricolo. Il biologico può essere, in certe situazioni, la risposta ad una necessità che aiuti l’agricoltore a rimanere tale ed a non perdere il lavoro”.


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